Caterina Manriquez,la reginella di Marano
Ciliegia Arecca |
La Reginella Caterina Manriquez. non è ricordata solo per la ciliegia Arecca , ma soprattutto per il ruolo che ebbe, quando, ( dopo la rivolta di Masaniello il 17 luglio 1647, provocata dall’insofferenza nella crescente imposizione fiscale operata dal governo vicereale di Napoli), si ebbe la restaurazione spagnola operata dal nuovo vicerè Don Giovanni, figlio naturale illegittimo del Re Filippo IV di Spagna, nel 1649°, quando fu domata anche la Reale Repubblica partenopea, di tipo monarchico, retta dal nobile francese, Enrico II di Lorena, duca di Guisa , per volere dei rivoltosi ad assumere la guida della nascente repubblica.
Don Giovanni d'Austria ( 1629 -1679) Figlio illegittimo di Filippo IV di Spagna Restauratore del Regime del Viceregno Spagnolo |
Enrico II di Lorena , duca di Guisa Vicerè e presidente della Real Repubbilca Partenopea |
A rivolta domata, Caterina da Marano, si prodigò con sue vessazioni di tasse e con un’innata prepotenza padronale, ad imporre in tutti i suoi territori da lei infeudati, come Marano a Napoli, ma, anche, a Maierà e Cirella in Calabria. per far sentire la sua perfida autorità.
Le vessazioni della Caterina Manriquez consistevano , come riportano alcune memorie trascritte dallo storico Beppe Barleri, trovate curiosando negli scritti, tenuti da solerti curati dell’epoca, nelle sacrestie parrocchiali, che mal sopportavano le angherie della nobile principessa spagnola e spesso erano costrette a lasciare i propri campi e chiedere altrove protezione ad altro feudatario per non subire ulteriori umiliazioni o come alcune famiglie contadine locali come i Bayano, uno dei tanti rivoltosi dei casali limitrofi di Napoli, dopo la sollevazione di Masaniello.
Le vessazioni della Caterina Manriquez consistevano , come riportano alcune memorie trascritte dallo storico Beppe Barleri, trovate curiosando negli scritti, tenuti da solerti curati dell’epoca, nelle sacrestie parrocchiali, che mal sopportavano le angherie della nobile principessa spagnola e spesso erano costrette a lasciare i propri campi e chiedere altrove protezione ad altro feudatario per non subire ulteriori umiliazioni o come alcune famiglie contadine locali come i Bayano, uno dei tanti rivoltosi dei casali limitrofi di Napoli, dopo la sollevazione di Masaniello.
Marco Bayano. infatti, è la sfortunata storia eroica dello stesso, che era figlio di Vincenzo Bayano e di Lionora Camerlingo, ed apparteneva a quella, (che fa capire meglio la perfidia della principessa di Marano, nota meglio come la Reginella di Marano,) famiglia modesta contadina, che era alle dipendenza dei nuovi feudatari di Marano , i Manriquez , ed abitava nei pressi dell’attuale Eremo di Pietraspaccata, la cui cappellina era dedicata al Salvatore ed era nota comunemente “del Salvatoriello”. Poiché i campi rendevano poco e le tasse erano feroci, i Bayano, pur essendo importanti produttori di frutta eccellenti, tra cui la famosa ciliegia Arecca, più di una volta erano stati costretti a contrarre debiti con esosi usurai, anche, perchè erano spesso sopraggiunte lunghe malattie di Vincenzo, il capofamiglia, a complicare le cose, e più volte Marco aveva pensato di andarsene via da Marano. Per uscir dalle grinfie dei creditori e dalle prepotenze del padrone feudatario, Donna Caterina Manriquez. Soprattutto dall’incertezza sul futuro, agli inizi del 1646, Marco disse al padre di aver deciso il suo destino. Si sarebbe arruolato come soldato e sarebbe andato a combattere con l’esercito spagnolo, magari sperando in un discreto bottino di guerra, in uno dei tanti luoghi dove la Spagna (cui eravamo assoggettati) era impegnata in quel momento dentro e fuori l’Italia. La madre Lionora tentò di scoraggiarlo, ma più di tutti fu la bella fidanzata, Tozza Mirabello, a supplicarlo di non lasciarla. Marco fu, però, irremovibile e, tra le lacrime della fidanzata, si arruolò. Quello che ricevette come paga e come compenso della “ferma” lo diede agli usurai per liberare i suoi da una morsa diventata ormai insopportabile. Passarono alcuni mesi e il pensiero della bella Tozza, lasciata in lacrime, a Marano, non dava pace al povero Marco, al punto da fargli cambiare idea sul suo stesso futuro. Così, per il suo amore, Marco decise di lasciare l’esercito, la guerra e gli Spagnoli.
Purtroppo per non finire impiccato come tutti i disertori, chiese al padre di aiutarlo a mettere da parte 50 ducati, occorrenti per il suo “riscatto” e reinserimento nella vita civile.
Vincenzo Bayano, allora, chiese soldi per il riscatto del figlio alla sua padrona feudataria “ donna Caterina Manriquez “ che glieli rifiutò ed il povero uomo fu costretto, suo malgrado, a rivolgersi ai soliti creditori, che chiedevano interessi esagerati e forti garanzie.
La somma per il riscatto fu procurata da Lionora Camerlingo, la moglie di Vincenzo, che non si perse d’animo ed il 2 giugno 1646 inviò una supplica al Vicerè di Napoli nella quale, dopo aver denunciato che, incredibilmente, i suoi 140 ducati di beni immobili, la masseria abitata, non bastavano per il riscatto del servizio militare del figlio,Marco. chiedeva il suo reale intervento.
”Il beneplacito ed il Reale assenso le fu concesso, dopo varie incessanti suppliche dal vicerè spagnolo di Napoli dell’epoca, Don Rodrigo Ponce de Leòn, duca D’Arcos, che permise così di poter ottenere il riscatto sperato e così, Don Vincenzo Bayano, marito di donna Lionora Camerlengo, poté recarsi, infine, presso il notaio e stipulare il prestito con le debite cautele di simili contratti…”
Dopo il pagamento del riscatto militare, Marco, riuscì a tornare a casa e sposò immediatamente la sua Tozza, e ritornò a ripercorrere la monotona vita del contadino.
IL 17 luglio del 1647, però, la sua vita cambiò, perché in piazza Mercato a Napoli, scoppiò la scintilla che porterà in meno che non si dica, il pescivendolo Masaniello a capeggiare una formidabile rivolta antispagnola e a diventare capopopolo della città più insofferente a qualsiasi tipo di dominazione straniera.
In pochi mesi la rivolta napoletana di Masaniello investì tutti i casali della provincia, alcuni dei quali, però, furono ferocemente avversari dei rivoltosi.
I Maranesi non persero tempo a organizzarsi e, il 24 ottobre di quell’anno, combatterono una feroce battaglia contro i “realisti” nella gola vicino alla masseria del nobile napoletano Dentice. Marco, che aveva già avuto esperienze militari, si trovò subito a essere tra i capi della rivolta e con un’azione di aggiramento fu tra quelli che riuscirono a bloccare e sconfiggere le armate reali, facendo un notevole bottino di armi. Questa azione militare, però, gli costò la vita, perché un colpo di archibugio gli trapassò il petto e si ritrovò col volto nella polvere, insanguinata dal sangue di altri 14 concittadini che avevano creduto in un possibile cambiamento.
Masseria Dentice nrel Comune di Marano |
Marco fu sepolto nella “sua” cappella del Salvatoriello, vicino alla sua masseria, confortato dal pianto della infelice Tozza.
Eremo della cappella del Salvatoriello della Pietraspaccata di Marano dove riposa l'eroico corpo di Marco Bayano |
La storia di Marco non finì lì, perché Caterina Manriquez, principessa di Marano, dopo quel periodo di paure e preoccupazioni di fare una brutta fine, si riprese e manifestò tutta la sua arroganza ed autorità, e quando, resasi conto che
la rivolta era stata definitivamente domata in tutto il napoletano, convocò i nobili che facevano parte della “Universitas” cittadina di Marano e pretese la condanna di tutti i rivoltosi a cominciare dalle famiglie delle vittime, tra cui quella di Vincenzo Bayano, che fu costretto suo malgrado a passare il resto della sua vita a lavorare sodo, con tutta la sua famiglia, per risarcire il pagamento di tutti i danni causati da quella infelice rivolta.
la rivolta era stata definitivamente domata in tutto il napoletano, convocò i nobili che facevano parte della “Universitas” cittadina di Marano e pretese la condanna di tutti i rivoltosi a cominciare dalle famiglie delle vittime, tra cui quella di Vincenzo Bayano, che fu costretto suo malgrado a passare il resto della sua vita a lavorare sodo, con tutta la sua famiglia, per risarcire il pagamento di tutti i danni causati da quella infelice rivolta.
Lo stesso atteggiamento, Donna Caterina Manriquez, lo usò in tutti i suoi feudi tanto che continuò fino a 1649 quando alcune famiglie lasciarono i loro campi di Maierà e Cirella, perché vessate dall’esose tasse e dalla feroce prepotenza della Reginella maranese e chiesero protezione ai Carafa che avevano feudi proprio al confine di tali territori e si stabilirono, poi, a Diamante.
Le nefandezze del regime feudale, quale l’assoluta prepotenza e l'autorità senza controllo del nobile signore, padrone di quel pezzo di territorio, furono abolite definitivamente dall’istituzione, dei Comuni e dei Consigli Comunali (il decurionato) eletti dal popolo, per volontà del Re francese, Giuseppe Bonaparte, nel 1806 , dopo le passate esperienze della Repubblica Partenopea del 1799, che fece seguito alla Rivoluzione francese ed alla prima scintilla rivoltosa del 17 luglio 1647, del pescivendolo Napoletano, Tommaso Aniello, noto come Masaniello. finalmente così, si incominciò a parlare di popolo che poteva, in un certo senso, decidere anche se solo localmente dei propri governanti.