41^(quarantunesima) puntata delle duriosità storiche di Sasà ‘o Professore
Napoli è una città
piena di scale, per permettere di poter raggiungere dalle colline il centro e
la costa, soprattutto, per esigenze urbanistiche. per il conglobamento di dette zone, alte collinose, ormai divenute parte
integrante della città ampliata negli anni.
Le scale di Napoli sono i più antichi percorsi gradinati della
città e il più delle volte, nate grazie all'interramento di torrenti o sorgenti,,
che un tempo scorrevano appena fuori dalla città. Questi percorsi pedonali gradinati furono spesso creati per collegare facilmente
le varie emergenze monumentali, soprattutto religiose, come il sorgere monasteri, ritiri,
chiese, lontano dagli agglomerati
popolosi cittadini . Tali viadotti gradinati a tuttoggi sono considerati dei
veri e propri capolavori urbanistici, a seguito. di espansioni fuori
dalle mura. Le prime
espansioni che hanno interessato le colline limitrofe, risalgono al XVI secolo. In questo periodo il viceré Don Pedro Álvarez de Toledo, oltre a creare una vasta zona esclusivamente per le guarnigioni spagnole
(oggi corrispondente alla zona di Montecalvario), decise di espandere la città verso la collina del Vomero. Per collegare la città bassa e la nascente città alta vennero attuati dei
congiungimenti urbanistici caratterizzati da vie gradinate. Le prime
realizzazioni di questo tipo furono i Gradoni di Chiaia e le Rampe
Brancaccio. L'ingrandimento
della città incluse anche vaste zone fuori dalla porta di Chiaia, mentre tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII secolo, anche i casali agricoli come il Vomero e l’Arenella, esterni alle mura,
subirono una grossa evoluzione: che furono direttamente collegato a Via Salvator Rosa , con rampe e la zona venne chiamata da quel periodo, "strada
dell'Infrascata".
Dall'altra parte della città il
quartiere Chiaia, simbolo delle nuove espansioni ad ovest, fu letteralmente destinato allo svago della nobiltà partenopea e la più
nota via gradinata del rione furono i gradoni di Chiaia; che ebbe il compito di agevolare la salita sulla Collina delle Mortelle. Più tardi
questi gradoni vennero interrati, assumendo un aspetto di un'unica salita
ripida. Tuttavia, nel luglio 2011 le istituzioni hanno deciso di ridare alla città una parte delle antiche
gradinate di Chiaia. Fuori da
porta di Chiaia ci fu un'espansione ottocentesca che inglobò, entro il Corso Vittorio Emanuele, le Rampe Brancaccio; servirono anche a collegare le Mortelle con
la zona adiacente, congiungendosi anche con le scale del Petraio. Infine, ulteriori rampe vennero
costruite e consolidate nei secoli avvenire, fino al XX secolo; ne sono un esempio quelle della zona dei Miracoli, della Salita Miradois
e soprattutto il Moiariello, popolarmente detta "Posillipo dei
Poveri". Da rilevare che da
quando è aumentato notevolmente il traffico automobilistico, molte scale.
furono interrate o trasformate in semplici disces, per dar maggior viabilità
alle carrozze e alla auto. Comunque le scale, oltre a quelle più vaste e storicamente rilevanti, sono
tutt'oggi esistenti, costituendo oggi come allora, un tipico elemento
caratterizzante l'urbanistica di Napoli. Le 6 (sei) più note scale della città di Napoli sono, quelle che
descrivono alcune di grandi e medie dimensioni e sono :
1)Salita della Pedamentina La
Pedamentina è un complesso sistema di discese gradinate; con i suoi 414 scalini
collega la Certosa di San Martino al Corso Vittorio Emanuele. Questa strada fu iniziata nel XIV secolo dagli architetti Tino di
Camaino e Francesco de Vito ma assunse l'aspetto attuale soltanto in seguito; storicamente fu anche
usata come mezzo di offesa: più volte venne dotata di sistemi di difesa contro
chi intendeva assediare Castel
Sant'Elmo. Oggi
rappresenta un'importante testimonianza storica ed urbanistica; essa è inoltre
interessante anche da un punto di vista paesaggistico, in quanto costeggia gli
orti e i giardini della vicina Certosa, oltre ad
offrire pregevoli vedute sulla Baia di
Napoli.
2)Rampe del Petraio
Le Rampe del Petraio prendono il loro nome dalla natura estremamente pietrosa del territorio su
cui sono sorte; al pari di molte altre rampe storiche della città, anche queste
affondano le loro radici tra il XVI-XVII secolo. Furono
costruite per collegare il Vomero al "nuovo" quartiere di Chiaia, simbolo delle espansioni fuori dalle mura. Le rampe partono dalla Certosa di San Martino (via Annibale Caccavello) e giungono al Corso Vittorio Emanuele, nei pressi del Complesso monastico di Suor Orsola
Benincasa. Da tale punto si può proseguire
verso le rampe Brancaccio (Via dei Mille) o verso i gradoni di Chiaia.
3)Calata San Francesco
La calata San Francesco è una via
gradinata del Vomero che inizia da via Belvedere
e termina in via Torquato Tasso per poi continuare fino al Corso Vittorio Emanuele sotto il nome di Salita Tasso; anticamente concludeva il suo
percorso molto più in basso: raggiungeva infatti la zona costiera, includendo
anche via Arco Mirelli, prima che questa venisse trasformata in una semplice
discesa.
Questa lunga scalinata era già
presente nel 1775, come testimoniato anche
dall'antica e celebre Mappa del Duca di Noja. In origine faceva parte di un piccolo borgo fuori porta, chiamato Casale
del Vomero ed era composto soprattutto da case di famiglie nobiliari e
cascine rurali.
Il suo vecchio nome (La grande
via che discende a Chiaia) venne soppiantato da quello attuale, perché
raggiungeva il Complesso di San Francesco degli
Scarioni all'Arco Mirelli.
4)Salita Cacciottoli
La salita Cacciottoli viene già
citata da Carlo Celano il quale
ricorda che l'attuale nome deriva da una villa sorta nel luogo, ad opera della
famiglia Cacciuttoli (XVII secolo). Il percorso in questione ha avuto un ruolo urbanistico molto simile a
quello assunto dalle Scale della Pedamentina, ovvero quello di collegare
la Certosa di San Martino al centro storico della città. La strada è caratterizzata soprattutto da
vie gradinate molto ripide. La scalinata passa anche sotto il ponte di via
Girolamo Santacroce e termina il suo percorso nei pressi del ponte di Corso Vittorio Emanuele. Quest’ultima scala attualmente versa in un grave stato di abbandono e
degrado[
5)Scale di Sant'Antonio ai Monti
La via gradinata in oggetto è il
prolungamento di quella dei Cacciottoli. Il percorso si estende nel quartiere
di Montecalvario e collega
il Corso Vittorio Emanuele con Montesanto.
Le sue origini risalgono al XVII secolo e la sua denominazione trae origine da un'antica chiesa presente in questi
luoghi (Sant'Antonio ai Monti del 1607). Le scalinate vennero erette per motivi urbanistici ed assunsero anche
una veste monumentale, in quanto si diramavano con un andamento ripido e
sinuoso e si svilupparono tra due cortine di edifici.
6)Scale del Moiariello
Il toponimo Moiariello viene da
piccolo Moggio, l'unità di
misura agraria (moggiariello, moiariello). Infatti tutte le pendici della
Collina di Capodimonte rimandano ad una conformazione agreste e Capodimonte,
dall'Orto Botanico in via Foria al Real Bosco, tra giardini, orti urbani e
Parchi, viene considerato il polmone verde della città.
Altre scale importanti
- Scalinata di vico Santa Maria delle Grazie (Tondo
di Capodimonte)
- via Cupa Vecchia (nei pressi di piazza San
Leonardo al Vomero)
- Salita Ventaglieri
- Scale in vico Bernarndo Celentano (quartiere
Sanità)
- Scalone monumentale di Montesanto
- Gradini Paradiso
- Pendino Santa Barbara
- Calata Santi Cosma e Damiano
- Salita Villanova
- Gradini Capodimonte
- Salita Scudillo
- via del Serbatoio allo Scudillo
- Scala San Pasquale
- Gradoni di Chiaia
- Gradini Francesco D'Andrea
- Scalinata di via Alessandro Telesino dette Scale
di Marruccella
- Scale pallonetto Santa Lucia
Esistono
anche due scale famose, che avevano il compito,
un tempo non molto lontano, di superare un dislivello all’interno
della città, attualmente chiuse in attesa di un necessario restauro e sono 1) La scala a San Potito, che supera un
dislivello all’interno della città., è fatta di gradini e di pianerottoli.
Difatti è l’accesso ,come entrare in un palazzo, per cui i
residenti della zona lo chiamano
“Palazzo Spuntatore”, perché spunta in due strade diverse. Salendo fino in
cima, dove normalmente dovrebbe trovarsi l’ultimo piano, troviamo invece un altro portone di ingresso
e sbuchiamo in una nuova strada, pertanto si entra dalla strada
di via Enrico Pessina e si esce da un’altra, al parapetto di via San Potito. in modo che se ci si
affaccia, si vedrà l’ingresso delle scale su via Pessina.
Un tempo è stato rifugio in tempi di guerra, come è
riportati in un libro scritto da Luigi Incoronato, grande scrittore ingiustamente
dimenticato. In questo libro descrive con inimitabile potenza
quell'umanità terribile e dolente che si viveva durante le 4 giornate di
Napoli,
Insomma
questa è Napoli è meravigliosa, poiché è tutto e il contrario di tutto,
infatti, una scala, che in realtà è un palazzo, un ingresso, che in realtà è
anche un’uscita.

2) L’altra scala è quella di via Acton, che porta da via Acton a Piazza del Plebiscito, pure
necessaria per superare il dislivello stradale, ma è attualmente chiusa, perché è ridotta ad una
vergognosa pattumiera, dopo il restauro
della Galleria Vittoria, aperta al traffico
della città di Napoli nel 1929 durante
il Regime Fascista e divenne la più
imponente d’Europa. Infatti è Lunga 609 metri,, larga 36 e alta 2. La Galleria della Vittoria è un importante snodo che collega via
Acton, all’altezza del Molo Siglio, con l’incrocio tra via Chiatamone, via
Morelli e via Arcoleo.