IL mito di Apollo e Dafne,
L'amore impossibile
Tutto iniziò per gioco e per una presa in giro tra gli Dei olimpici, Apollo ed il Piccolo Eros, alias Cupido, nume tutelare dell’amore.
Apollo pavoneggiandosi per la sua bellezza e per la sua fierezza e per le sue virtù creative ammirate non solo dagli altri dei olimpici, ma anche dagli umani in ogni parte dell’universo, ricordava e dileggiava il piccolo Eros , che Egli, già in tenera età , seppe uccidere a colpi di freccia il gigantesco serpente Pitone, che infestava i boschi del monte Olimpo, mentre Lui sebbene ugualmente portasse Arco e frecce, quest’ultime anche spuntate, erano adatte solo per un bambino-
Il dio dell’amore, ferito nell’orgoglio, volò velocemente in cima al monte Parnaso e lì preparò la sua vendetta, per dimostrare le proprie prerogative e la sua potenza.
Il suo comportamento di risposta fu immediato, infatti, scagliò una ben acuminata freccia dorata con il suo piccolo arco nel cuore d'Apollo per fargli nascere una forte ed irrefrenabile passione nei confronti della bella Ninfa, Dafne, che aveva adocchiato inconsapevolmente nel bosco della Tessaglia nei pressi della spianata ’Olimpica.
Nello stesso tempo alla leggiadra ninfa, Dafne, scagliò un’altra freccia però di piombo, non più dorata, in modo che avrebbe dovuto rifiutare l’amore offerto dall’impetuoso Apollo. e non volendo sentire nemmeno minimamente il nome dell'amore. Lei respinge i pretendenti e, vaga nel folto dei boschi indifferente a cosa siano nozze, amore e amplessi.
Eros, per i Romani Cupido, in questo modo volle dimostrare la potenza del suo piccolo arco. Apollo nel ricevere la freccia dell’amore, scoccatagli contro dal vendicativo Eros, fu preso da una smania ed immantinente si mise alla ricerca per tutta la foresta della Tessaglia della bellissima Dafne, figlia prediletta del Dio-fiume, Peneo, che trovò
nei pressi delle lussureggianti acque paterne mentre si lavava i suoi lucenti capelli color verde oro.
Il vetusto genitore di Dafne, Peneo, mirava la splendida figlia, con la sua lunga barba verde, che fluttuava fino alla cintola stringendo in mano un grande ciuffo di papiri. Tutto contento ed estasiato, mentre stava sul punto di regalare alla sua prediletta un mazzolino di calle palustri, (fiori bianchi acquatici) che si erano imbrigliati sulle sponde del proprio letto fluviale.
Il fiume Peneo (nella penisola greca) |
Il vetusto genitore di Dafne, Peneo, mirava la splendida figlia, con la sua lunga barba verde, che fluttuava fino alla cintola stringendo in mano un grande ciuffo di papiri. Tutto contento ed estasiato, mentre stava sul punto di regalare alla sua prediletta un mazzolino di calle palustri, (fiori bianchi acquatici) che si erano imbrigliati sulle sponde del proprio letto fluviale.
Calle acquatiche |
. Intravide, però, in lei un'irrequietezza mai mostrata prima di allora e guardando il cielo notò le rondini, che svolazzavano garrendo e gridando come se volessero avvertire un pericolo imminente.
Dafne, accortasi che era spiata, rivolse una preghiera a sua madre Gea, che, scorgendola anch’essa irrequieta, la rassicurò con un dolce brivido. Sentendosi protetta la giovane Ninfa, riprese a godersi il dolce tepore della calda e serena giornata e volutamente rovesciò indietro i capelli lavati creando una cascatella di goccioline, che parevano arcobaleni in miniatura.
Il biondo Apollo, a quella scena d'intimità, non seppe resistere ed incantato, afferrando al volo le goccioline scaturite dai rivoli provenienti dal capo bagnato della splendente Ninfa
Goccioline, che si confondevano con il luccichio delle acque del fiume che lentamente scorreva nel suo incessante fluire sotto i raggi del sole, e che dipingevano così uno scenario fantastico, come si stesse su un palcoscenico, che appariva come un tappeto verde oro, opera dei riflessi delle sponde, ricche di arbusti ed alberi copiosi di un fresco fogliame lussureggiante, le donò alla leggiadra fanciulla dopo averle trasformate in gioielli, che lampeggiavano.
Nel porgerle Apollo sussurrò: “Sono per te bellissima ! Sono Apollo “ e poi sorridente tentò di prenderle la mano.
Dafne si ritrasse e avendo paura, non accettò né il dono, né l’invito, poiché per lei era una sensazione nuova, non avendo mai conosciuto nessuno prima di allora.
Apollo era alto, con i capelli biondi d’apparire quasi dorato, recava con se una faretra di frecce così splendenti da far accecare la bellissima ninfa.
Dafne, infatti, per sfuggire a tanto splendore accecante, tremante si portò un braccio agli occhi ed incominciò ad urlare fuggendo nella vicina folta boscaglia.
Fuggiva come una gazzella spaventava ed iniziò a scalciare, giacché l’intruso tentò di cingerle la vita, e Lei sentendosi afferrata ed impigliata nei capelli da spine e rametti della fitta vegetazione, dette un morso di disperazione sulla mano di Apollo per liberarsi, tanto che il biondo dio la lasciò andare emettendo un grido di sorpresa.
Apollo, intanto la incitava a non correre così forte perché poteva cadere e farsi male e la rassicurava, invitandola a rallentare e promettendole amore per sempre.
Gea, impietosita dalla richiesta di Dafne, aiutò la sua giovane figlia, trasformandola in un baleno, in un albero, iniziando prima dai piedi, che divennero delle robuste radici, il suo sinuoso corpo si ricoprì di tenera corteccia, ed infine i suoi capelli mutarono in rami ricchi di foglie nascondendo il delicato viso di Dafne che svanì tra le fronde dell’albero.
Apollo e dafne di
marmo di Carrara cm. 243 | Gian Lorenzo Bernini
Dafne, così si trasformò in un flessuoso e forte albero, che prese il nome di LAURO (dal greco Dafne = lauro)
Dafne era diventata un albero di alloro.
Dalle foglie veniva un aroma di spezie meravigliosamente caldo e fragrante.
Apollo era dispiaciuto per quello che aveva fatto a Dafne e da quel giorno, per non dimenticarla mai, portò sempre una corona d'alloro. Ma il padre Peneo la pianse per sette lunghi anni, finché il suo fiume ruppe gli argini ed inondò di dolore le rive.
Dafne era diventata un albero di alloro.
Dalle foglie veniva un aroma di spezie meravigliosamente caldo e fragrante.
Apollo era dispiaciuto per quello che aveva fatto a Dafne e da quel giorno, per non dimenticarla mai, portò sempre una corona d'alloro. Ma il padre Peneo la pianse per sette lunghi anni, finché il suo fiume ruppe gli argini ed inondò di dolore le rive.
Apollo, Dafne e suo padre Peneo |
La trasformazione era così avvenuta sotto gli occhi stupefatti d'Apollo che disperato, abbracciava il tronco nella speranza di riuscire a ritrovare la dolce Dafne. Alla fine il dio, considerati inutili i suoi tentativi, proclamò a gran voce che la pianta dell'alloro sarebbe stata sacra al suo culto e segno di gloria da porsi sul capo dei vincitori. Così ancor oggi, in ricordo di Dafne, si è solito proclamare i migliori fra gli uomini, quelli capaci d'imprese eccezionali, con il capo cinto da una corona d’alloro.
Altri scrittori tra i quali Ovidio nelle sue metamorfosi narrando di Dafne, le attribuivano come padre il dio fluviale Peneo, cui apparteneva la valle di Tempe in Tessaglia, che la generò attraversando la terra, Gea.
Dafne Divenne una sacerdotessa della Madre ed era una fanciulla selvaggia, simile ad Artemide, che riuscì non solo a far innamorare Apollo, ma conquistò anche il cuore di un giovane mortale di nome Leucippo, "quello dei cavalli bianchi".
Leucippo per stare vicino alla sua grande passione, Dafne, si travestì da donna per poter godere le grazie della eterea fanciulla. Dafne.
UN giorno però le sacerdotesse di Gea, di cui Dafne faceva parte, decisero, forse in seguito al suggerimento di Apollo, di effettuare nude i loro riti, immergendosi nelle tiepide acque del fiume circostante
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Dafne con le sue amiche sacerdotesse
quadro di Carlo Maratta
Durante il bagno avvenne così lo smascheramento di Leucippo, che fu saettato dalle frecce delle ninfe, che accompagnavano Dafne e morì ucciso dalle stesse fanciulle, scomparendo. Apollo In quel momento non avendo più rivali, approfittando dell'eliminazione del nemico in amore, si dichiarò a Dafne, ma fu respinto immancabilmente.
La fanciulla, spaventata, corse via nel bosco, mentre il dio si mise all'inseguimento, e stava quasi per raggiungerla quando Dafne, invocato l'aiuto di Gea o del padre, si trasformò in un albero di alloro. Da allora fu l'albero preferito di Apollo, che ne porta i rami che gli cingono il capo, come una corona
La fanciulla, spaventata, corse via nel bosco, mentre il dio si mise all'inseguimento, e stava quasi per raggiungerla quando Dafne, invocato l'aiuto di Gea o del padre, si trasformò in un albero di alloro. Da allora fu l'albero preferito di Apollo, che ne porta i rami che gli cingono il capo, come una corona
Febo ( così era chiamato Apollo dai latini) amava tanto Dafne, tanto che poggiata la mano sul tronco, sentiva ancora trepidare il petto di lei sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoibaci ancora si sottrae.
Apollo allora le sussurrà che sarà la sua pianta preferita e, Dafne ormai divenuta un albero di alloro, annuì con i suoi rami appena spuntati e agitò la cima, quasi acconsentisse col capo.
Metamorfosi narrata da Ovidio : Dafne chiede aiuto al padre Peneo e alle correnti del suo fiume e con i loro poteri la trasformano in un albero di alloro. Il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, s'inchiodano in pigre radici e il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore si conserva..
"Il piacere dietro il quale corriamo o non si raggiunge mai o, se si raggiunge, mostra di avere un gusto amaro".