lunedì 21 dicembre 2015

Bandiera di Cipro

 La Bandiera della Repubblica di Cipro



Bandiera ufficiale della Repubblica di Cipro 

Il 16 agosto 1960 il Trattato di Zurigo e Londra consentiva la nascita a Cipro di una repubblica presidenziale libera e indipendente ed  il 20 settembre 1960 fa il suo ingresso all’ O:N.U,
 La repubblica di Cipro infine entra a far parte dell’Unione Europea dal 1° maggio 2004.


L'attuale bandiera cipriota fu adottata il 16 agosto 1960 quando fu redatta una costituzione per Cipro, che diventò ufficialmente uno Stato indipendente.
La bandiera fu progettata dall'insegnante d'arte turco-cipriota Ismet Güney.
La bandiera di Cipro presenta al centro la sagoma dell'isola di Cipro, con sotto due ramoscelli d'ulivo, simbolo della pace, su uno sfondo totalmente bianco, altro simbolo di pace. I rami di ulivo stanno a significare la pace raggiunta tra i turchi e i greci. La sagoma dell'isola è color rame, che rappresenta una delle risorse economiche principali grazie ai numerosi giacimenti presenti nel territorio.
Fu scelta dal presidente Makarios che fu anche  il rimo presidente di Cipro libera ed indipendente. che la scelse, perchè sembrava la più neutrale e portatrice di speranza di pace: il bianco simbolo di pace e l'assenza dei colori delle bandiere greca e turca pesarono probailmente sulla scelta. Tuttavia questa bandiera è sentita più che altro dai ciprioti di origine greca, mentre ha poco seguito nella zona turca.
 

lunedì 7 dicembre 2015









'O Nucillo
(Distillato  da Giulia Vitiello anno 2019)











'O Siconde Nucillo
( Dessert  da Giulia Vitiello anno 2019)















domenica 29 novembre 2015

SCIALATIELLE ZUCCHINE FUNGHI E GAMBERETTI

Gli Scialatielle

Gli "scialatielli " sono un formato di pasta fresca usato nella cucina campana, tipici di Amalfi dove sono nati nel 1978 (presentati ad un concorso culinario, e vinsero il premio entremetier dell'anno); il loro nome derivi da due parole della lingua napoletana "scialare" (godere) e "tiella" (padella).
Sono listarelle più corte degli spaghetti, più larghe e di sezione rettangolare piuttosto irregolare. Sono tradizionalmente fatti a mano con farina, acqua e/o latte, formaggio grattugiato, basilico fresco tritato e sale, ma vengono anche venduti come formato di produzione industriale.
Sono riconosciuti come " PAT " prodotto agroalimentare tradizionale della regione Campania.

Una ricetta rinomata  preparata con gli scialatielli è:



SCIALATIELLE  ZUCCHINE  FUNGHI E GAMBERETTI


Scialatielle zucchine, funghi e gamberetti( (primo piatto)




Non è difficile preparare gli
Scialatielle zucchine, funghi e gamberetti( (primo piatto)





Il Grado di difficoltà è : basso-medio
Tempo di preparazione: 25 min. circa

Occorrono questi ingredienti per 4 persone:
350 gr. di scialatielli freschi
7/8 funghi champignon freschi
2 zucchine
200 gr. di gamberetti sgusciati surgelati
6/7 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 spicchio d'aglio
sale e prezzemolo q.b.

Come èrocedere alla Preparazione
In un tegame far soffriggere lo spicchio d'aglio nell'olio extravergine d'oliva, eliminarlo appena dorato; aggiungere i funghi champignon e le zucchine affettati sottilmente e lasciar cuocere per 10/15 minuti circa a fuoco medio aggiungendo dell'acqua ed, alla fine, aggiungere i gamberetti surgelati, lasciare cuocere per altri 6/7 minuti rigirando di tanto in tanto, aggiungere del sale e del prezzemolo. Nel frattempo, a parte, cuocere in abbondante acqua salata gli scialatielli, scolarli al dente e versarli nel tegame con il composto di funghi, zucchine e gamberetti, rigirare facendo amalgamare bene il tutto e servire nei piatti.


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Come preparare gli scalatielle in casa
 




Li ho mangiati oggi, è una vera squisitezza

martedì 6 ottobre 2015

'E Fiche d'india ( 'e Ficurinie)


'E Fiche d'india ( 'e Ficurinie)





Il fico d'India (o ficodindia) nome scientifico (Opuntia ficus-indica è una pianta succulentadella famigliadelle Cactaceae, , cioè i “Cactus” originaria del Messico ma naturalizzata poi in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle zone temperate di America, Africa, Asiae Oceania.
L'Opuntia. ficus-indica che è nativa del Messico e da questo luogo desertico, nell'antichità, si diffuse tra le popolazioni del Centro America che la coltivavano e commerciavano già ai tempi degli Aztechi, presso i quali era considerata pianta sacra con forti valori simbolici
La pianta arrivò nel Vecchio Mondo verosimilmente intorno al 1493, anno del ritorno a Lisbona della spedizione di Cristoforo Colombo. La prima descrizione dettagliata risale comunque al 1535, ad opera dello spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdés nella sua Historia general y natural de las Indias. Linneo, nel suo Species Plantarum(1753), descrisse due differenti specie: Cactus opuntia e Cactus. ficus-indica. Fu Miller, nel 1768, a definire la specie Opuntia ficus-indica, denominazione tuttora ufficialmente accettata.e quindi fico d’india= fico proveniente dalle indie, cioè come pensava Colombo che fossero le indie e non il Messico o l’America ,dove approdò .
Il panorama varietale della coltura è limitato sostanzialmente a tre cultivazioni, che differiscono per la colorazione del frutto: gialla (Sulfarina). la maggiore quantita  che si trova in commercio ; la qualità  bianca  detta (Muscaredda o alla napoletana muscarella)cioè dal sapore dolce un po’ acidula ( la più buona);
la qualità rossa  detta (Sanguigna). La cultivar Sulfarina è la più diffusa per la maggiore capacità produttiva e la buona adattabilità a metodi di coltivazione intensiva, detta per differenziarla dalla moscdella  = sapunetta. In genere vi è comunque la tendenza ad integrare la coltivazione delle tre cultivazioni, in modo da fornire al mercato un prodotto caratterizzato da varietà cromatica.
Esisteva negli anni cinquanta un gioco con i fichi d’india , detto “ Appezzata “. che nel mio blog nel descrivere dei fichi d’india, ne parlerò dettagliatamente.

mercoledì 30 settembre 2015

'A Coveta (il raccolto)



‘A  Coveta



Quann’è passat’ ‘a Coveta

miettete l’aneme ‘n pace

nun guardà cchiù areta

chelle ca è fatte e fatte !



Nun  tenè currive

nun avè rimpiante

quante è passat’ ‘a Coveta

chelle ca è fatte e fatte !



‘O tiempe è galantomme,

T’ha date cose belle, cose nove,

nun è passate inutilmente

 e ogne anne  parene ca se ripetene ugualmente.



Te siente ancora ‘nforza,  si ancora aitante,

te crire ‘e essere, ancora, pure ‘mpurtante.

Ma si è passata ‘a Coveta.

te rassignà ,  nun nce pruvà, te faje sule danne.



‘ E frutte quanne so mature,

so belle, so’ apprezzate

Ma si è passata ‘a Coveta.

nun so’ cchiù  desiderate.



Pirciò nun te rest ‘ate,

c’ arrennerte suddisfatte

quante è passat’ ‘a Coveta

chelle ca è fatte e fatte !



venerdì 18 settembre 2015

'A Pera Spadona

La pera spadona





Una varietà di pera speciale è “ La Pera Spadona”
La Pera Spadona (Pyrus communis L.) è una varietà di pera estiva di origine italiana che matura fino ad autunno inoltrato.
Questa varietà di pera risulta dipinta in un affresco di uno degli ambienti (viridario) della casa di Marte e Venere ad Ercolano 

 
 affresco di pera spadona 
 di uno degli ambienti (viridario)
 della casa di Marte e Venere ad Ercolano
 Dipinto di pera spadona 
 del 1696 di Bartolomeo Bimbi







ed ancora, nel celebre dipinto, del 1696, “Natura morta con le pere dei mesi di giugno, luglio e agosto” di Bartolomeo Bimbi (1648-1730).





La sua produzione è molto diffusa nel territorio della cittadina romana di Castel Madama, tanto che dal 1958 il comune ha istituito una sagra dedicata a questo frutto, che si svolge nella terza domenica di luglio, durante cui è possibile gustare questa frutta e scoprire le tecniche di coltivazione che la popolazione locale si tramanda da secoli.
La caratteristica principale di questa varietà di pera è la sua forma allungata ed irregolare che presenta un ingrossamento sulla parte inferiore. La buccia ha un colore verde chiaro anche quando è matura, e presenta macchie rosse solo sul lato esposto al sole.
La polpa, di colore bianco-giallastro, è poco soda, ma molto succosa e zuccherina, con un retrogusto lievemente acidulo. Dotata di buona conservabilità, questa pera viene consumata fresca o destinata a prodotti e piatti tradizionali del territorio.
 In quest’area è conosciuta con l'appellativo di stuvaletta (o stualetta) poiché sembrerebbe essere stata prodotta per la prima volta in loco nella prima metà dell'800 da un contadino soprannominato appunto "de Stualetta".
La Pera Spadona di Castel Madama, appartenente alla Famiglia delle Rosaceae, Genere Pyrus, e dal 2009 è tutelata dalla Legge regionale 15/2000 in quanto patrimonio della biodiversità agraria.
 Il colore della buccia è giallo-verdastro e si presenta liscia, mentre la polpa bianca, mediamente soda con tessitura medio fine, fondente, succosa , sapore medio

Pere spadona

































giovedì 27 agosto 2015

La contrada " Tirone "




Il Tirone (paesaggio panoramico del borgo)



Tirone, località appartenente al territorio di Chiaiano, zona situata su una collinetta, (rappresentante il limitare del Comune di Napoli), dalla quale scollinando, si giunge nel Comune di Marano, in località Poggio Vallesana. Proprio dalla vicina località Vallesana è avvalorata il toponimo di Tirone.


Entrata nell'abitato del Borgo Tirone






Il toponimo Tirone al Borgo gli fu posto dal  noto servo Tirone, schiavo di Cicerone, divenuto poi Liberto e suo segretario fidato, quale dono ricevuto per i servigi a Lui espletati, come lo scrivere tutte le sue orazioni ed i suoi discorsi fatti nel Senato, in una forma sintetica, ma precisa, inventando così i primi embrioni della scrittura stenografica.
Tirone, alias Marco Tullio Tirone, è considerato l'inventore del sistema stenografico "le Note Tironiane, costituito da simboli utilizzati in sostituzione di radici verbali o lettere finali.
Tirone, malato di tisi era venuto a curarsi in una villa, donatagli dallo stesso Cicerone in quella zona, già nota ai Romani come salubre e miracolosa per guarigioni di quel male, nota come Vallum Sanun .



Nella Zona “ Vallum sanum, nota attualmente come “il Poggio Vallesana,  ubicata in una vallata nei pressi del cimitero di Marano ed ultimamente è famosa per ospitare il monumento funerario  detto “ il Ciaurro “, le cui origini  vengono fatte risalire ai due secoli dopo Cristo. Il monumento funerario è una scoperta storica risalente agli anni trenta dello scorso XX^  secolo, fatta dall’archeologo Giacomo Chianese ed ora i suoi ruderi sono tutelati e custoditi nella Villa Comunale di cui è parte integrante e testimonianza della storia  antica di Roma.
Il Ciaurro  (mausoleo funerario di Marano di Napoli)




Non si esclude che nel Ciaurro vi sia stato seppellito  il grande personaggio storico, il segretario particolare di Cicerone,  Tirone, alias Marco Tullio Tirone,  noto come l'inventore del sistema stenografico, dato che il terreno gli appartenesse.




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Il Borgo del Tirone attualmente è divenuta località turistica gastronomica, in quanto è uno dei siti ristoratori come specialità  di Masserie Agriturismo. 
Note sono il rinomato "Agriturismo del Tirone, ora conosciuto  come “Il Ciliegio”. ubicato alla fine della salita di Via  Tirone;

 
Ingresso Agriturismo Tirone , ora noto come il Ciligio a Chiaiano



e l'agriturismo "Antica Masseraia Fioretti" situata alla fine del confine di Marano in mezzo alla natura lussureggiant della  campagna verde  del  Tirone.





Agriturismo " Antica Masseria Fioretti " al Tirone


Ed infine dal ristorante Pizzeria "I Giardini di Bacco " di zi' totonne Smeraglia, situato all'inizio di Via Tirone con vista sull'antico canalone del Pendino che porta nella selva di Chiaiano.




Ristorante " I giardini di Bacco Di Zi' Totonne " al Tirone

Da ricordare , infine, che nel borgo del Tirone nel periodo natalizio viene allestito dai membri dell’associazione cattolica della Chiesa di San Giovanni Battista di Chiaiano il presepe vivente con figuranti e mestieri dell’epoca della natalità di Gesù.
manifesti del Presepe vivente di Chiaiano a Via Tirone






  1. Fondo rustico Amato Lamberti In via Tirone ( Chiaiano)



Il Borgo Tirone è divenuto infine, negli ultimi tempi, famoso per la confisca del primo bene alla Camorra , ( 14 ettari di campagna coltivati pescheto e vigneto) noto come " fondo rustico Amato Lamberti" dove si è solito trascorrere la Pasquetta  (gita del Lunedì in albis) a costo zero di intere famiglie  della città di Napoli.


lunedì 24 agosto 2015

ìo guarracino (noto come la Castagnola)






'o Guarracino  (la Castagnola)


La Castagnola  o Guarracino, è un piccolo pesce dal corpo ovale compresso lateralmente. Ha la testa corta, con muso corto e con profilo ottuso, munita di una sola narice per lato. L’Occhio è  ben sviluppato e la bocca terminale, piccola, molto protrattile. Il colore è bruno scuro con macchiette dorate disposte longitudinalmente e con riflessi azzurri. Comune in tutto Mediterraneo vive a fitti banchi lungo le scogliere e lungo le banchine portuali. Raggiunge una lunghezza massima di 15 cm. Dal punto di vista culinario non è un granché ma fritte sono buone.
Nomi regionali o stranieri: Campania: Guarracino; Sicilia: Munachedda;  Francese: Castagnole; Inglese: Damselfish; Spagnolo: Castañuela o Damisela.


Il testo della famosa rarantella e le diverse specie di pesce enumerate:
Lo Guarracino che jéva pe mare
le venne voglia de se 'nzorare,
se facette nu bello vestito
de scarde de spine pulito pulito
cu na perucca tutta 'ngrifata
de ziarèlle 'mbrasciolata,
co lo sciabò, scolla e puzine
de ponte angrese fine fine.
Cu li cazune de rezze de funno,
scarpe e cazette de pelle de tunno,
e sciammeria e sciammereino
d'aleche e pile de voje marino,
co buttune e bottunera
d'uocchie de purpe, secce e fera,
fibbia, spata e sciocche 'ndorate
de niro de secce e fele d'achiate.
Doje belle cateniglie
de premmone de conchiglie,
no cappiello aggallonato
de codarino d'aluzzo salato,
tutto pòsema e steratiello,
ieva facenno lo sbafantiello
e gerava da ccà e da llà;
la 'nnammorata pe se trovà!
La Sardella a lo barcone
steva sonanno lo calascione;
e a suono de trommetta
ieva cantanno st'arietta:
«E llarè lo mare e lena
e la figlia da sià Lena
ha lasciato lo nnamorato
pecché niente l ha rialato».
Lo Guarracino 'nche la guardaje
de la Sardella se 'nnamoraje;
se ne jette da na Vavosa
la cchiù vecchia maleziosa;
l'ebbe bona rialata
pe mannarle la mmasciata:
la Vavosa pisse pisse
chiatto e tunno nce lo disse.
La Sardella 'nch'a sentette
rossa rossa se facette,
pe lo scuorno che se pigliaje
sotto a no scuoglio se 'mpizzaje;
ma la vecchia de la Vavosa
subbeto disse: «Ah schefenzosa!
De sta manera non truove partito
'ncanna te resta lo marito.
Se aje voglia de t'allocà
tanta smorfie non aje da fa';
fora le zeze e fora lo scuorno,
anema e core e faccia de cuorno».
Ciò sentenno la sié Sardella
s'affacciaje a la fenestrella,
fece n'uocchio a zennariello
a lo speruto 'nnammoratiello.
Ma la patella che steva de posta
la chiammaje faccia tosta,
tradetora, sbrevognata,
senza parola, male nata,
ch'avea 'nchiantato l'Alletterato
primmo e antico 'nnamorato;
de carrera da chisto jette
e ogne cosa 'lle dicette.
Quanno lo 'ntise lo poveriello
se lo pigliaje Farfariello;
jette a la casa e s'armaje e rasulo,
se carrecaje comm'a no mulo
de scoppette e de spingarde,
povere, palle, stoppa e scarde;
quattro pistole e tre bajonette
dint'a la sacca se mettette.
'Ncopp'a li spalle sittanta pistune,
ottanta mbomme e novanta cannune;
e comm'a guappo Pallarino
jeva trovanno lo Guarracino;
la disgrazia a chisto portaje
che mmiezo a la chiazza te lo 'ncontraje:
se l'afferra p' 'o crovattino
e po lle dice: "Ah malandrino!
Tu me lieve la 'nnammorata
e pigliatella sta mazziata".
Tuffete e taffete a meliune
le deva pàccare e secuzzune,
schiaffe, ponie e perepesse,
scoppolune, fecozze e conesse,
scerevecchiune e sicutennosse
e ll'ammacca osse e pilosse.
Venimmoncenne ch'a lo rommore
pariente e amice ascettero fore,
chi co mazze, cortielle e cortelle,
chi co spate, spatune e spatelle,
chiste co barre e chille co spite,
chi co ammennole e chi co antrite,
chi co tenaglie e chi co martielle,
chi co torrone e sosamielle.
Patre, figlie, marite e mogliere
s'azzuffajeno comm'a fere.
A meliune correvano a strisce
de sto partito e de chillo li pisce
Che bediste de sarde e d'alose!
De palaje e raje petrose!
Sarache, dientece ed achiate,
scurme, tunne e alletterate!
Pisce palumme e pescatrice,
scuorfene, cernie e alice,
mucchie, ricciole, musdee e mazzune,
stelle, aluzze e storiune,
merluzze, ruongole e murene,
capodoglie, orche e vallene,
capitune, auglie e arenghe,
ciefere, cuocce, tracene e tenche.
Treglie, tremmole, trotte e tunne,
fiche, cepolle, laune e retunne,
purpe, secce e calamare,
pisce spate e stelle de mare,
pisce palumme e pisce martielle,
voccadoro e cecenielle,
capochiuove e guarracine,
cannolicchie, ostreche e ancine,
vongole, cocciole e patelle,
pisce cane e grancetielle,
marvizze, marmure e vavose,
vope prene, vedove e spose,
spinole, spuonole, sierpe e sarpe,
scauze, nzuoccole e co le scarpe,
sconciglie, gammere e ragoste,
vennero nfino co le poste.
Capitune, saure e anguille,
pisce gruosse e piccerille,
d'ogni ceto e nazione,
tantille, tante, cchiu tante e tantone!
Quanta botte, mamma mia!
Che se devano, arrassosia!
A centenare le barrate!
A meliune le petrate!
Muorze e pizzeche a beliune !
A delluvio li secozzune!
Non ve dico che bivo fuoco
se faceva per ogne luoco!
Ttè, ttè, ttè, ccà pistulate!
Ttà, ttà, ttà, ccà scoppettate!
Ttù, ttù, ttù, ccà li pistune!
Bu, bu, bu, llà li cannune!
Ma de cantà so già stracquato
e me manca mo lo sciato;
sicché dateme licienzia,
graziosa e bella audenzia,
nfi che sorchio na meza de seje,
co ssalute de luje e de leje,
ca se secca lo cannarone
sbacantànnose lo premmóne