Piazzetta Ponte Caraccciolo a Chiaiano |
Ponte Caracciolo è un Borgo di Chiaiano, è il nome dell'area, che si trova all'incrocio tra via Marco Rocco di Torrepadula, via De Amicis e via Nuova Toscanella. A metà tra la zona ospedaliera e il quartiere di Chiaiano, il largo prende il nome dall'ammiraglio Francesco Caracciolo che si rifugiò proprio in quel luogo dopo la caduta della Repubblica Napoletana del 1799. Francesco Caracciolo, il noto Ammiraglio della Repubblica Partenopea, nato nel 1752, e fu condannato a morte per volontà di Nelson, per ordine del quale nel 1798 aveva condotto a Palermo la famiglia reale.
Dettagli della fuga de la cattura di Francesco Caracciolo:
Dopo la battaglia del 13 giugno del 1799 al ponte, della Maddalena e dopo la disfatta del forte di Vigliena, l’ammiraglio Caracciolo ed un altro ribelle, amico suo, perdendo la speranza di vittoria, non potendo trovare scampo per via mare, perché accerchiati nel golfo di Napoli, ormai in mano alle navi portoghesi, raggiunsero la rada di Mergellina, dove stava ubicata la casa cittadina del Caracciolo, sbarcando fortunosamente sul litorale del molo angioino.
Fu una brevissima sosta a Mergellina, giusto il tempo di rifocillarsi, anche perché la città era in mano ai lazzari, e quindi i due fuggitivi, pensarono di lasciare la città, poiché era estremamente pericoloso per loro soffermarsi in quel luogo a tutti conosciuto.
Dovevano raggiungere il mare oltre il golfo, soltanto nei pressi di CasteVolturno, dove c’era un amico ad attenderli per portarli in salvo. Per arrivare al litorale Domiziano, si poteva raggiungere solo via terra, salendo prima su nella collina di Posillipo, e poi attraversando i campi agricoli del Vomero e proseguendo per i fitti boschi della collina dei Camaldoli, e così fecero per portarsi, poi, nel Casale di Marano nella zona denominata Trefola di San Rocco..
In tale località li attendeva, per loro fortuna, un altro ribelle della Repubblica Partenopea, un vecchio e caro amico del Caracciolo, il Rev. D. Ignazio Dentice, a sua volta coinvolto nella rivoluzione giacobina napoletana. Il Rev. Dentice si mostrò cordialissimo, ospitando i fuggiaschi nella sua cinquecentesca masseria lontano dai trambusti nascondendoli per qualche giorno. Purtroppo il reverendo giacobino doveva tagliare anche lui la corda, perché già i gendarmi borbonici erano sulle sue tracce, così si lasciarono con un triste auspicio.
Non è stato facile, come ha scritto lo storico e scrittore, Peppe Barleri (autore di diverse pubblicazioni su Marano e Calvizzano) al quale va il merito di aver contribuito a tramandare ai posteri alcuni documenti interessanti sulla rivoluzione partenopea del 1799.
Il Barleri c'informa dopo che la rivolta fu domata e la Repubblica Giacobina abbattuta, le condanne eseguite, il re fece distruggere tutti gli atti ufficiali riguardanti la rivoluzione francese napoletana e i suoi partecipanti. Ma nonostante tutto, qualcosa è rimasto e scovato in vecchi diari delle chiese locali, per cui è emersa una Marano e una Calvizzano per niente furono domate o mai furono succube del re.
I rivoltosi maranesi si radunavano quotidianamente al Palmento (l’attuale via Roma), a casa di Mattia D’Avanzo; nella cappella Dentice di Sotto, appositamente aperta al sabato sera dal reverendo don Ignazio Dentice
La cappella Dentice era situata presso la masseria “Capozzelle” di via Marano-Quarto (a circa 200 metri dall’inizio dell’attuale , città Giardino, ndr), ed in essa il Rev. Ignazio Dentice (ospitò per un paio di notti l’ammiraglio Francesco Caracciolo durante la sua fuga per portarsi poi nel palazzo ducale di Calvizzano, di proprietà del cugino. Giuseppe Maria Pescara, dove sperava trovare asilo.
Resti della masseria Capozzelle a marano di Napoli |
Per arrivare a Calvizzano dalla masseria Capozzelle i due fuggiaschi dovettero fare un itinerario tortuoso, prima si rifugiarono a Chiaiano nella masseria detta delli “Caraccioli” poi proseguirono per Mugnano di Napoli passando la strada detta dei “morti” (Via Elia, nella zona tra le attuali Vie Aldo Moro e Via Nenni) poi, finalmente raggiunsero Calvizzano, andando a dimorare nella casa di Antonio Chiapparo sita in Via Case Nuove (oggi Via Carlo Levi, nei pressi del Comune), dove fu catturato. (come è riportato dallo storico calvizzanese, il sacerdote don Giacomo Di Maria, storico calvizzanese, uomo di cultura, il quale sosteneva che Caracciolo fu catturato in via Case Nuove (oggi via Carlo Levi), presso la proprietà del suo fido nocchiero Antonio Chiapparo.
In realtà Caracciolo fu catturato effettivamente nel palazzo ducale di Calvizzano ed una prova ufficiale la dà lo studioso storico anche lui calvizzanese, Giuseppe Pezone, comre si rileva dal libro “La rivoluzione Partenopea del 1799 “, pubblicato nel primo centenario della Rivoluzione Partenopea, a cura di Benedetto Croce, G. Ceci , M. D’Ayala e Salvatore di Giacomo.
Alcune tradizioni, infatti, raccolte a Calvizzano personalmente dal marchese Pietro Brayda (all’epoca proprietario del palazzo “Brayda”, che è posto subito a destra entrando da via Conte Mirabelli per raggiungere a piedi via Galiero), emerge che Caracciolo fu catturato nel palazzo ducale, ove si nascondeva nella botola al secondo piano tra la soffitta ed il soppegno.
In realtà Caracciolo fu catturato effettivamente nel palazzo ducale di Calvizzano ed una prova ufficiale la dà lo studioso storico anche lui calvizzanese, Giuseppe Pezone, comre si rileva dal libro “La rivoluzione Partenopea del 1799 “, pubblicato nel primo centenario della Rivoluzione Partenopea, a cura di Benedetto Croce, G. Ceci , M. D’Ayala e Salvatore di Giacomo.
Alcune tradizioni, infatti, raccolte a Calvizzano personalmente dal marchese Pietro Brayda (all’epoca proprietario del palazzo “Brayda”, che è posto subito a destra entrando da via Conte Mirabelli per raggiungere a piedi via Galiero), emerge che Caracciolo fu catturato nel palazzo ducale, ove si nascondeva nella botola al secondo piano tra la soffitta ed il soppegno.
Facciata esterna del Palazzo Ducale di Calvizzano |
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L’incarico di scovare e arrestare il Caracciolo fu dato a Scipione La Marra, colonnello della gendarmeria e persona di fiducia della regina. Nel frattempo, per un malore sopraggiunto al Chiapparo, dovettero bloccare i piani di fuga: il poveretto soffriva di gotta.
Si sono formulate varie ipotesi sulla fuga e arresto del Caracciolo, il più attendibile è Pietro Colletta che affermava: “L’ammiraglio Caracciolo fu preso per il tradimento di un servo, da “remoto asilo”. Da queste parole s'ispirarono gli storici, e gli artisti che vollero tramandare su tela quell’episodio.