giovedì 29 marzo 2018

Dopo il processo di P.za del Pleb. I Savoia - 11^ puntata



Storia di Casa Savoia     -        Umberto II di Savoia


               -  Quarta ed Ultima  puntata   - 

                          
          L'esilio e la morte







E’ passata una settimana, Professò, finalmente, vi siete fatto vivo! Speravo tanto d’incontrarvi, pur non sapendo quando, perché avevo tanta curiosità di conoscere come era finita la vita di Umberto di Savoia, l’ultimo Re d’Italia, il cosiddetto Re di maggio e come trascorse l’esilio,  come morì e chi l’assistette dei suoi fino alla fine".



“Non ti preoccupare, mio caro, Castagna, spero come sempre d'essere esauriente, per quanto mi è possibile, anche nei particolari”.

Risposi salutando e mi scusavo di non essermi venuto prima, giustificando che non avevo sopportato la glaciale temperatura, che si era abbattuta durante questi giorni improvvisamente nella nostra città, era gennaio inoltrato.



Umberto II di Savoia, in partenza da Ciampino
il 13 giugno 1943
“Allora! Eravamo rimasti che, dopo il Referendum, Umberto II di Savoia, aveva lasciato Roma ed a bordo di un aereo si era diretto verso il Portogallo a Cascais, facendo, però, uno scalo tecnico a Barcellona in  Spagna e  così lo  ritroviamo in esilio, in una terra straniera e dopo pochi giorni si riunì con la moglie, Maria Josè e tutti i suoi 4 figli. I quali, madre e figli l’avevano preceduto qualche giorno prima”.

Umberto II di Savoia e Maria Josè ed i loro 4 Figli



"Caro Tore Castagna, devi sapere che il buon Umberto, dopo il proclama di “Roma del 13 Giugno1943, dove il risultato elettorale anche se provvisorio sanciva la vittoria alla Repubblica, era convinto che dopo un breve periodo di allontanamento dall’Italia, sarebbe ritornato dopo la ratifica dei risultati definitivi, che avrebbe dovuto pronunciare la Suprema Corte di Cassazione  per il giorno 18 giugno1943". (La ratifica era necessaria, dopo il controllo delle schede ritenute errate, nulle e quelle in bianco, perché, a seguito dei ricorsi presentati dal movimento dei monarchici, occorreva anche un’ulteriore giusta interpretazione della legge, per la quale aveva bisogna di una chiarificazione per come si doveva intendere il raggiungimento del quorum, se in base alla quantità de votanti legittimi o dei voti validi espressi, compresi quelli errati e quelli senza alcuna indicazione)


Il dubbio fu sciolto definitivamente con la sentenza della stessa Suprema Corte di Cassazione emessa  il 18 giugno 1946, che sancì con una votazione di dodici contro sette (La corte era composta di diciannove magistrati)una volta per tutte la nascita dello stato repubblicano. La ratifica dei risultati definitivi fu pronunciata dalla Corte di Cassazione con una maggioranza assoluta dei due terzi rigettando i vari ricorsi e stabilendo che: per maggioranza degli elettori votanti, si doveva intendere maggioranza dei voti validi, e così fu ufficializzata  la nascita definitiva  della Repubblica Italiana.

"Era convinto, Umberto, che il suo allontanamento dall’amata Patria, si doveva ritenere un segnale significativo, come suo personale apporto alla pacificazione  del popolo,  e poi col suo ritorno,  avrebbe contribuirto fattivamente alla ricostruzione dopo gli avvenuti disastri della guerra.”
 Risposi poi alle altre domande informando il mio amico interlocutore che: "Umberto di Savoia, dopo aver perso il titolo di Re ed il potere, nell’esilio di Cascais in Portogallo assunse il titolo onorifico di “Conte di Sarre”, come già in precedenza, aveva fatto il suo antenato bisnonno, Carlo Alberto, quando abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II.  Per ciò che riguardò l’abdicazione, Umberto non ci pensò mai, anzi era convinto che con l’aiuto del movimento monarchico nazionale italiano, che era stato presente sia nella costituente, che poi nel Parlamento repubblicano, di tornare nella sua patria". Speranza che perse dopo le fatidiche norme, approvate dall'Assemblea Costituente, che sancirono  al Capoverso della XIII disposizione finale e transitoria, in appendice alla nuova Carta Costituzionale,  che prevedevano il divieto ai membri ed ai discendenti di Casa Savoia di ricoprire uffici pubblici, né assumere cariche elettive. Infine agli ex re sabaudi, alle consorti ed ai loro discendenti maschi, si vietò l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
Fu un grave colpo per l’esule sabaudo e come risposta al divieto, per prima cosa, chiamò la casa, dove dimorò, poi, fino alla sua morte, “Villa Italia”, che divenne il suo unico rifugio, lontano dalle mondanità dell’epoca, ricevendo solo visite di connazionali a lui fedeli”.
Mio caro professor Sasà, se non sbaglio tale anacronistiche, norme sono state poi abrogate! Mi sapete dire, quando?” Interloquì il caro Castagna, al mio dire e come sempre gli risposi :
Si dovettero aspettare parecchi anni, e per non farla lunga, posso informarti che solo alla moglie di Umberto II, l’ultima regina d’Italia, Maria Josè, dopo la morte diell'ultimo  Re  Savoia, Umberto II, avvenuta il 18 marzo 1983, fu permesso, grazie ad un collegio di giuristi di Padova, nel 1987 di poter ritornare in Italia". (Il suo ritorno avvenne esattamente il 1° marzo del 1988 per partecipare ed assistere ad un convegno storico, dedicato alla figura di Sant’Anselmo nella città d'Aosta).

"Dopo la morte di Maria Josè, avvenuta il 27 gennaio 2001 a Ginevra, si deliberò infine, dopo vari rinvii, alla abolizione del divieto di poter far rientrare sul suolo italiano anche tutti i discendenti maschi  del  Re Savoia".



Le norme della proibizione hanno cessato i loro effetti con l’articolo unico della legge costituzionale n. 1 del 23 ottobre 2002
come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 26 ottobre 2002,
che recita così”:

“Il testo dei commi primo e secondo della XIII-disposizione transitoria e finale della Costituzione, i cui effetti si esauriranno a decorrere dalla data d'entrata in vigore della presente legge è il seguente:
"XIII. - I membri e i discendenti di Casa Savoia non possono ricoprire cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle relative consorti e ai loro
discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno
nel territorio nazionale.".


“Si dovettero attendere quasi 60 anni per porre fine al divieto dell’esilio dei discendenti maschi degli ultimi re del casato dei Savoia? Erano così pericolosi? Facevano tanta paura? Me lo spiegate, professò! Non sono monarchico e so che anche voi non lo siete, ma in tutti questi anni, quali motivi di contrasto allo “Stato Repubblicano” furono procurati dagli ultimi reali d’Italia? Perché tanto rancore e livore nei loro confronti?  Mi pare, se ho letto bene la storia,  e spero di non sbagliare proprio Re Umberto e la regina Maria Josè non avevano simpatie con il regime fascista e si erano adoperati, sia ufficialmente sia segretamente, per abbatterlo?”
 “Non so cosa dirti! Non so risponderti, mio caro Tore Castagna, anche perché si può dire, è storia recente!”.
Risposi, alla precisa domanda postami, intanto ripresi a dire:

“ Re Umberto, a Cascais, anche sollecitato dai connazionali di fede monarchica, che erano pure presenti in parlamento ed al Senato della Repubblica, si ritirò a vita privata e si dette a collezionare cimeli sabaudi e si mise a scrivere un vasto volume sulla medaglistica  coniata dal suo casato, che è un’opera unica nel suo genere. Caro mio Castagna, nel suo esilio, Umberto II si adoperò ad aiutare indiscriminatamente e sostenne gli italiani, che n'avevano necessità tramite i suoi rappresentanti in Italia. Rispondeva a chiunque gli scriveva e riceveva decine di migliaia di persone, che desideravano incontrarlo e conoscerlo direttamente senza mai negarsi. Osservava e richiedeva, che si osservasse una rigorosa etichetta, fu un vero gentiluomo, e veramente un uomo di alto lignaggio.”
Allora volete dirmi, professò, che non meritava l’esilio definitivo per come si comportò dopo la proclamazione della nascita della Repubblica italiana?”
M’interruppe il mio contradditore amico ed  io prosegui la mia enunciazione dei fatti, come li avevo appreso da quel poco, che trapelava dalla stampa amica dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II, il re di maggio.
Visse in piena solitudine nella sua dimora a Cascais, nella villa nascosta tra pini secolari, di fronte all’Oceano Atlantico, che denominò, come già detto “ Villa Italia “.
(Villa Italia, fu il regno incontrastato in esilio di re Umberto II e fu un centro turistico rinomato, fu un luogo simbolico, finché  visse l’ex monarca sabaudo e poi quando lo stesso non ci fu più, fu abbandonata  al degrado assoluto, fino a quando nel 1985 gli eredi  la vendettero ad una catena alberghiera, che la trasformò in un primo  momento in un atelier di moda e infine fu trasformata in una albergo di lusso, come lo è tuttora).
“L’Italia fu, per lui, la sua unica ossessione e mi parve di aver letto su una rivista o su giornale dell’epoca, che è spirato pronunciando per ultimo la parola “Italia”. “Che cosa sapete in merito Professò? Non mi sono mai incuriosito, poi di sapere, come sono vissuti, Umberto II e la sua famiglia senza soldi, né appannaggi, dopo la proclamazione della Repubblica, che fine fece il cospicuo patrimonio, appartenuto alla famiglia reale dei Savoia? Patrimonio, per quel che ho saputo, fu confiscato dalla Repubblica all’atto dell’entrata in vigore della Costituzione, in base alla disposizione transitoria del 3 e 4 punto, dove era sancito che i beni dell’ex famiglia reale sabauda, che si trovavano sul territorio nazionale erano avocati allo Stato italiano, ed infine tutti gli atti inerenti a trasferimento di beni degli ex Savoia erano da considerare nulli dopo  il referendum del 2 giugno 1946. Sapete dirmi qualcosa in merito, Professò’, se si, me lo dite?  Vorrei conoscere come facessero a vivere e chi li aiutò?“
Gli risposi con la dovuta cautela : "Mio caro, Castagna, in verità, hai fatto una domanda, molto complicata, perché implica una serie di concause, compromessi, per il fatto che in quei momenti accaddero molti fatti incidentalmente, che spinsero a prendere decisioni affrettate ed inequivocabili, che forse in altri contesti non sarebbero state prese". "Andiamo con ordine, intanto, in ogni caso spero d'essere chiaro nella mia esposizione dei fatti" ( Fatti storici riportati, rileggendo qua e là sui vari giornali dell’epoca e poi su qualche libro, come quello scritto da Luciano Regolo, "il re signore", e sui portali  "Cartantica.it " e "Cronologia della storia d'Italia " di Leonardo .it, sistemati  in modo esatto, rispettando i tempi del loro accadimento,  e dalle poche voci, che si apprendevano dai resoconti della radio).  "Fatti commentati, poi, in famiglia e si può rispondere, che  gli ultimi reali d’Italia in carica, Umberto II e Maria Josè, nonché quelli già in esilio, Vittorio Emanuele III e sua Moglie Elena, non fecero “ ‘e Poze da’ Famme” ( Non sentirono i morsi della fame) anzi vissero sì la loro vita lontano dalla Patria, ma non si fecero mancare niente, anzi come dicevano alcuni, vissero  in un esilio dorato.
"Furono aiutati da amici di Nobili casati e dai parenti reali belgi di Maria Josè nei primi momenti, e poi, da aiuti ricevuti dal Vaticano".
(Aiuto consistente in un cospicuo prestito in contanti di vari milioni di Lire dell’epoca,  concesso nell’ultima visita a Umberto II dal Papa Pacelli, Pio XII, la sera del 7 giugno 1946. Prestito, che fu elargito, per provvedere alle prime necessità dell’esilio, e fu consegnato in un pacchetto dallo stesso pontefice al Ministro della casa reale, marchese Falcone Lucifero con questo messaggio: -  Lo consegni al re. La provvidenza pensa che sarà molto utile -).
 Come contropartita, Re Umberto II, a garanzia del prestito accordato, fece trasferire, a sua volta, dal Quirinale in Vaticano, a titolo di deposito , varie casse dell’intera collezione di porcellane sabaude, giustificando il trasloco con l’intento per meglio preservarla. Il prestito, in seguito, fu regolarmente restituito ed estinto senza interessi di sorta, dopo che Umberto, (divenuto coerede del padre, Vittorio Emanuele III, alla  morte  del quale avvenuta il 27 dicembre 1947),  intascò la sua quota parte dell’ingente somma, (parecchi miliardi) accumulata su un conto esistente in Gran Bretagna a Londra, quale corrispettivo di un’assicurazione spettante al proprio genitore. (Polizza assicurativa, stipulata  50 anni prima presso I Lloyds di Londra da suo nonno,  il Re Umberto I, in caso di morte dopo il primo attenato subito a Napoli. Evento verificatosi con l’uccisione di Umberto I, a seguito ,dei colpi d’arma da fuoco sparatogli dal regicida Bresci a Monza il 29 luglio  del 1900).
 L’indennizzo dell’assicurazione, poiché non fu  mai incassato da Vittorio Emanuele III, rimase giacente in  un deposito acceso presso l’ Hambros Bank di Londra, denominato “Fondo Sabaudo” ed il suo valore in soldi lievitò annualmente, perché  buona parte fu reinvestito regolarmente in azioni  del “Prestito della Vittoria ” ed all’atto della sua liquidazione risultò ammontante di circa 3 miliardi di Lire lordi.  La disponibilità della somma, previa il pagamento delle tasse di successione previste ed i diritti di custodia, spettanti sia al Governo Inglese e sia alla banca tenutaria del deposito, avvenne nell’anno 1951, dopo che il giudice britannico Wyn Parry  riconobbe le ragioni edotte (nella controversia per lo svincolo del conto) dagli eredi dei Savoia, rappresentati esplicitamente dai legali  di : ( i figli di Mafalda di Savoia  -  i principi Maurizio ed Errico d’Assia - il primo anche tutore dei fratelli minori  Ottone ed Elisabetta -, la contessa Jolanda Calvi di Bergolo, Giovanna  di Savoia vedova di Boris di Sassonia, la principessa Maria Borbone ed anche se non presenti perché in esilio, l’ex re Umberto II di Savoia e la  ex regina madre Elena di Montenegro) contro lo stato italiano  e permise la svincolo del cosiddetto Conto “Fondo sabaudo “ senteziando  anche che, la causa intentata dallo stato repubblicano italiano, era  non giustificabile anzi “ Priva di fondamento giuridico e con intento persecutorio”.
“Professò? Scusate! Se la passarono proprio bene, allora quasi da nababbi! Se putettere accattà, pure, ‘na villa, è overe! Re Umberto forze ringraziaje ‘o ciele, pecchè accussì fuje cchiù libbere, senza essere cchiù priggiuniere  e vivere rispettanne l’etichette, ‘o prutecolle?  Senza cchiù vestì sempre in alta uniforme, con medaglie, fregi? Diciteme, professò, come passave po’ ‘e jurnate?”
Umberto II con le tre figlie, poiché la moglie, la regina Maria Josè, per curarsi u
A queste precise asserzioni gratuite ed un po’ maligne ed invidiose del mio interlocutore, risposi: “Carissimo amico, mio buon Castagna, non vivevo mica con lui e da giovanotto avevo altro a cui pensare e le poche notizie, che trapelavano dall’esilio di Cascais erano molto scarne. Si seppe qualcosa dai giornali dell’epoca e che poi solo ora, potei meglio approfondire leggendo diverse biografie scritte da vari giornalisti che lo incontravano a quella epoca.  Ti posso riassumere che per i primi tre anni, la famiglia reale ed il loro seguito vissero  l'esilio abbastanza bene tenendo anche, un certo tenore nobiliare, grazie al prestito ricevuto dal vaticano e dalle rendite paterne di Maria Josè.
Quando le  risorse finanziarie stavano per finire, per le troppe spese, si vendette anche qualche oggetto di valore familiare ancora rimasto in loro possesso.”
 

Proseguii il mio racconto continuando a dire:

Quando poi acquisirono la disponibilità della somma del cosiddetto “Conto Sabaudo”, giacente a Londra, finirono le ristrettezze e pur rimanendo solo
na malattia agli occhi, dovette portarsi in svizzera per meglio curarsi, presso uno dei più noti  specialista dell’epoca, l’oculista Franceschetti. Umberto e Maria Josè si separarono non per voluta separazione, ma solo per motivi d'alcune norme di una convenzione internazionale, per cui , Umberto II, ex re stando in esilio,  non  poteva risiedere per più di quindici giorni in un paese confinante con l’Italia. Per questo motivo furono, oggetto di pettegolezzi e racconti stravaganti dei giornali, che riportavano che  per incompatibilità di carattere si erano separati e non si vedevano mai.  Niente di più falso. Umberto viveva in Cascais in Portogallo e Maria Josè a Merlinge in Svizzera e quando era possibile s’incontravano rispettando sempre le leggi e le convenzioni .

Maria Josè con il piccolo Vitt.Emanuwle IV




Quindi si separarono, Maria Jose che si stabilì a Merlinge in Svizzera, come compagnia scelse di tenersi il piccolo Vittorio Emanuele IV, che visse con lei fino alla maggiore età. Umberto, rimase , invece , a Cascais con le tre figlie,  che accudì facendole studiare secondo le loro inclinazioni e le tenne con sé, senza mai opprimerle fino a quando, divenute adolescenti, decisero  singolarmente di intraprendere la strada del loro destino, lasciando la casa paterna di Cascais ed  il loro genitore alla più  drammatica solitudine e amara malinconia. La prima figlia, Maria Pia, lo lasciò, quando si sposò il 12 febbraio del 1955, Maria Gabriella,nel 1957 per andare a studiare a Parigi,  mentre l’ultima, Maria Beatrice nel 1963 dopo un breve periodo trascorso ad Oxford raggiunse la sorella Maria Gabriella nella capitale francese".

"Rimasto solo all’età di 59 anni, Umberto si sentì rinascere, libero da impegni prettamente  familiari e per combattere la forzata solitudine, intraprese una serie di viaggi, che lo portarono negli Stati Uniti ed in America latina , dove incontrò i generali Clark ed Eisenhower, che erano stati comandanti delle truppe alleate della Seconda Guerra Mondiale e visse così un periodo di apparente serenità misto a ricordi di un fulgido passato. Viaggiò in vari continenti. Visitò la Grecia, passando poi per il Montenegro, il paese d'origine della madre.  Si recò in Africa, in Egitto,  nella città di Alessandria per onorare la tomba del padre, che era lì sepolto, dopo la sua morte, avvenuta in esilio. Aveva sempre un comportamento elegante ed un atteggiamento regale e durante i vari spostamenti utilizzava un passaporto  rilasciato da Malta intestato al Conte  Sarre". (Titolo utilizzato,  Conte di Sarre, fra i molteplici  di cui si poteva fregiare,  lo stesso  che già aveva usato il suo avo, il Re Carlo Alberto, quando abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II e lasciò il suo regno per andare volontariamente in esilio a Oporto in Portogallo). Passarono così gli anni sessanta e nel settanta, Umberto ingoiò un altro rospo, lui così ligio alle etichette ed alle tradizioni della Casa Savoia, dovette prendere atto che suo figlio Vittorio Emanuele IV, contro tutte le regole nobiliari, di casa Savoia si sposò con  la bella giovane, Marina Ricolfi Doria, una ex campionessa olimpionica di sci nautico, non di sangue reale.  Non presenziando alla nozze accettò ugualmente il matrimonio del figlio con la bella Marina e fu presente invece, al battesimo del nipotino, Emanuele Filiberto, nel !972 , concedendo al piccolo nato il titolo di Principe di Venezia e regalando alla nuora contestata, in segno di riappacificazione familiare, un bellissimo gioiello  Sabaudo. Qualche anno dopo siamo nel 1974,Umberto II , compie 70 anni ed è festeggiato da tutti i familiari più stretti di casa Savoia, moglie figli e nipoti, nella dimora di sua figlia , la principessa Maria Gabriella in Svizzera.


  Umberto II di Savoia,   in esilio a Cascais
Gli Ex reali d'Italia con i figli ad una festa  con i reali del Belgio e rispettivi figli




              


Fino agli anni Ottanta per Umberto fu un’alternanza di periodi sereni e sofferenti per un tumore osseo, malattia che gli procurava dolori  insopportabili, che accettava con religiosa rassegnazione. Una delle ultime apparizioni in pubblico avvenne in occasione del passaggio per una visita pastorale del Papa, Giovanni Paolo II  nella casa residenziale del Cardinale di Lisbona, anche se molto provato nel fisico.

Incontro del papa, Giovanni Paolo II, ed Umberto II, ex Re d'Italia in esilio










Effige del timbro ufficilae di Umerto II , Re d'Italia
Si era nel maggio 1982, sempre speranzoso di ritornare nella sua amata patria, l’Italia, e dopo di allora si aggravò e fu ricoverato presso la London clinic del suo amico Thompson a Londra per un tumore osseo che lo stava pian pianino consumando e distruggendo.  Per stare più vicino ai suoi più diretti familiari acconsentì a farsi trasferire all’ospedale cantonale di Ginevra , dove  alle ore 15,35 del 18 marzo 1983 all’ottavo piano nella stanza n. 809 si spense l’ultimo Re d’Italia, senza lasciare alcun erede al trono ufficialmente, e come ultimo desiderio volle che il sigillo reale fosse sepolto con Lui.




(un grosso timbro recante, la sua immagine, che rappresentava  la trasmissione del simbolo visibile della legittimità della linea dinastica che avviene di generazione in generazione e che rappresentava nello stesso momento, il simbolo di gran maestro degli ordini cavallereschi di Casa Savoia). Egli non abdicò mai e pertanto con lui finì l’ultimo rappresentante di un regno ormai finito senza appello, così come il comandante di una nave  affonda con il veliero avviluppato ad un grandissimo macigno che precipita negli abissi del mare senza poter più emergere, scomparendo.









E' gradito un commento, se la curiosità è ritenuta interessante.
E' utile per continuare con un'altra la prossima volta.






martedì 27 marzo 2018

Dopo il processo di P,za Pleb. I Savoia - 10^ puntata



Storia  di Casa Savoia     Umberto II di Savoia
  Terza puntata  - La luogotenenza ed Re di Maggio





“Professò, salutammece! S’è fatte tarde! So’ quase l’une e nun voglie ca m’aspettane p’accumicià a mangià’! Songhe state sempe puntuale dint’a vita mia, e pure mò, non me voglie cuntraddì.
'Nce vedimme dimane, si nun site impegnate!
M’appassiona sentirve raccuntà ‘o finale ‘e  comme va a fernì ‘a vita ‘e Umberto, o Re ‘e Magge.”  
Il buon Castagna, velocemente, così, si congedò e dopo esserci fraternamente salutati e riproposto di rivederci quanto prima,  scomparve dalla mia vista.
Passarono giorni e finalmente dopo una settimana, ci rivedemmo sempre al solito, allo stesso bar a Via Cervantes nei pressi della famosa Piazza Municipio.



“ Mio caro Castagna! Ciao come va la vita! Eccoci ritrovati, sediamoci e se ti fa piacere, ti finirò di raccontare la vita del Re Umberto II, intanto pigliamoci un bel caffè ristretto”.
Così improntai il continuare, là dove avevamo smesso.
Va bene, riprendiamo, allora, stavamo dicendo:

                Sua Maesta il Re
               Umberto II di Savoia









Sua Maestà  la regina Maria Josè




Si era alla fine di un’epoca, stava per finire un regno, si era alle ultime battute per cambiare registro in corso d’opera. Sembra di raccontare una commedia con tragiche avventure ed inattese ed insperate soluzioni.
 “Pruvessò, nun me interessene le vostre osservazione! Nè le vostre riflessioni posticipate!  La storia non si può cambiare, desidero conoscere solo come sono andati i fatti e perché?”
M'interruppe il buon Castagna ed io ripresi a dire:
Mio caro Castagna, dopo la fuga del Governo Badoglio, (governo voluto e nominato dal Re dopo la sfiducia al Duce del 25 luglio 1943 del Gran Consiglio del Regime e il conseguente arresto di Mussolini),  a Brindisi che si ebbe con tutta l’intera famiglia reale, per mettersi al sicuro, al riparo delle truppe alleate, che intanto dopo lo sbarco in Sicilia, occuparono, conquistandola, buona parte dell’Italia meridionale.
 ReVittorio Emanuele III a Brindisi 
passa in rassegna una formazione del Regio Esercito









Dopo La firma dell'Armistizio a Cassibile
La stretta di mano tra Il gen Castellano Per L'Itraliaed il Gen. Eisenaur per gli Alleati




Le forze politiche del CNL (Comitato di Liberazione Nazionale), rappresentante tutte le forze politiche antifasciste, riunitesi a Salerno per la prima volta, decisero di sbarazzarsi anche del vecchio Sovrano (Vittorio Emanuele III), perché lo ritenevano colluso col fascismo di Mussolini e della  sua politica razzista che era stata avallata dallo stesso.


I capi fondatori della Repubblica Italiana
i Ministri del 1° Governo De gasperi  10 Dicembre 1945
Nenni, Ruini, Vernocchi, De Gasperi, Togliatti




Simboli dei partiti che rappresentavano il popolo alla prima elezione
del 1948 e furono così fino al 1972


 Questa decisione trovò l’opposizione del Comando delle truppe d’occupazione degli alleati e si rimandò il tutto ad una consultazione referendaria da tenersi appena l’Italia intera fosse stata liberata dall’occupazione nazista. Intanto le prerogative reali del Sovrano (Vitt.Emanuele III) con un compromesso accettato da tutte le forze politiche e dal Comando delle truppe Alleate) ritennero che avrebbero dovuto passare al principe Umberto, che fu designato Luogotenente Generale del Regno d’Italia.


Tale Nomina, fu suggerita e caldeggiata dall’ex Presidente della Camera, Onorevole Enrico De Nicola, per convincere il vecchio sovrano, (Vittorio Emanuele III) a cedere al figlio le prerogative reali senza, tuttavia, perdere la dignità di Re e, mettersi da parte per un po’, per non far perdere definitivamente  il potere di rappresentanza dello stato all’istituzione monarchica”.

On. Enrico De Nicola
Ex Presidente della Camera Prima del Fascismo
1° presidente della Repubblica Italiana




Professò, spiegateme buone, ‘O vecchie, comm’ ‘a pigliaje?
Chille ere tuoste, ere permalose, comme faccette ad agliottere chille pinnele, accussì amare? Scusate professore, mi spiego meglio, ve lo dico in italianoCome la prese il buon vecchio Sovrano? Quello era un tipo rigido, duro, permaloso. Come fece ad inghiottire una pillola, così amara?
Risposi senza perdere tempo: “Non capacitatosi immediatamente, andava profferendo in dialetto piemontese, quasi come una cantilena, che  in casa Savoia si comanda uno per volta ".
Forse fu la stagione primaverile, la speranza, che la bufera della guerra stava volgendo alla fine e si attendevano giorni migliori con un futuro più sereno, si rassegnò a trascorrere quel periodo transitorio nell’amena collina posillipina, a Napoli, a villa Rosebery nell’insolita veste di pescatore, qualcuno andava sussurrando “ ‘o Piscatore do’ mare ‘e Pusilleche”. 




Intanto Umberto da Luogotenente del Regno si accordò con le forze politiche del CNL e firmò, anche, su pressione del comando delle truppe alleate americane ed inglesi, l’ormai, divenuto famoso, Decreto Legislativo Luogotenenziale numero 151 del 25 giugno 1944, che stabiliva che “ Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali sarebbero state scelte dal popolo italiano, che a tal fine – avrebbe eletto – a suffragio universale, diretto e segreto, un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello stato, dando per la prima volta il voto alle donne.
Durante il periodo luogotenenziale, Umberto II di Savoia, che va dal 2 giugno 1944 al  8 maggio 1946, fu anche istituita con la sua firma, una Commissione  per redigere “ lo Statuto della Sicilia, che promulgherà in seguito, esattamente il  15 maggio 1946 quando dopo il 9 maggio 1946 divenne Re.  Statuto, che istituì l’autonomia della Regione Sicilia e permise  i cardini  e la legislazione isolana che tuttora si fonda in esso.”
 “Nu poche, ‘o Re, ho facette Umberto, professò! Ma comme fuje ca po’, quanne  se facette ‘o referendum nun ‘o vulettere?  Nce fujene bruoglie, vutajene pure ‘e femmene, fuje ‘na cosa giuste, ‘e cuntegge de’ vote fujene esatte, precise o nce stevene schede sbagliate, ritenute nulle, ca s’erene cuntrullà e, po', nun se facette niente? Agge sempe sentute ‘e dicere ca ‘o risultate nun fuje schiacciante p’ ‘a Repubblica? Vurria sapè a verità, si ‘a sapite?”

Carissimo Castagna! E’ una parola!" Risposi prendendo tempo per la risposta, poi ripresi dicendo: “ era un momento particolare, non dimentichiamo che era appena finita la guerra di liberazione dai tedeschi, (c’erano stati molti morti nella popolazione) tenevamo ancora l’esercito d’occupazione degli Alleati nelle nostre città, c’era la fame più nera, si  era quasi allo sfacelo generale, con macerie di palazzi bombardati dappertutto, c’era uno scoramento interiore, senza un minimo di speranza, il tessuto industriale era a pezzi senza materie prime per ricominciare.  ( Basti pensare che molti bambini furono portati, perchè poveri e da sfamare in famiglie dell'Emilia Romagna con i treni della ricostruzione e della solidarietà).
Insomma in quei momenti si viveva alla giornata. Nacque così un movimento di solidarietà nazionale spontaneo dal nord al sud e viceversa per ricominciare a vivere a riprendersi.  Il sud sperava nel Re Umberto e si schierò per la monarchia, il nord, che aveva conosciuto la lotta partigiana,  per la Repubblica.  Vinse per pochi voti la Repubblica, che raccolse consensi  per 12.717.923. voti , mentre quelli per la monarchia furono 10.719.284. si contarono poi voti non aggiudicati, perché ritenuti nulli durante la prima assegnazione nei seggi, una quantità di voti pari a  1.498.136.=”.

 Castagna esultò con soddisfazione alla mia elencazione di cifre e di rimando mi chiese:
Allora non ci sono dubbi vinse democraticamente la Repubblica! L’Italia con il Referendum aveva deciso sbarazzarsi dell’Istituto della monarchia e del suo Re!
Umberto se n'andò da Roma pacificamente senza fare resistenza, (come portano gli annali dell’epoca), accettò il verdetto delle urne (come si vede in qualche filmato dell’epoca) senza battere ciglia o contrastò la proclamazione ufficiale in attesa della verifica della regolarità dello svolgimento  della consultazione fino all’ultimo momento?

 Gli confermai con spavalderia, anche perché era ormai convinzione comune, che il popolo italiano aveva scelto lo Stato repubblicano, il resto, le dicerie giornalistiche, finché, non si pronunciò la Corte di Cassazione, furono accantonate e poi abbandonate; e così tutte le insegne, le organizzazioni militari monarchiche sabaude furono abolite, o sciolte dalla sera alla mattina, tanto che si andò pronunciando in modo categorico  il proverbiale detto
Te facce fà ‘a fine de’ guardie regie” (ti faccio fare la fine delle guardie regie)
 Nel senso che non sei più nessuno ormai, hai perso ogni potere, te ne devi solo andare, non fai più paura , non conti più niente.
Infine gli ripetetti. “ dopo una notte travagliata, quella del 12 giugno 1946, Umberto di Savoia, preferì prendere atto della sconfitta e per evitare una guerra civile tra Monarchici e repubblicani, che già era nell’aria, dopo i fatti di Napoli, dove s’erano verificati  alcuni morti e per evitare al paese un’ulteriore disastrosa tragedia, alle ore 16,30 del 13 giugno del 1946 lasciò Roma dall’aeroporto di Ciampino. Facendo diramare il famoso proclama, dove veniva indicato di un gesto rivoluzionario da parte del Consiglio dei Ministri, quello di  non aver voluto attendere il 18 giugno, data prevista per la proclamazione definitiva da parte della Corte di Cassazione del risultato finale, dopo che avrebbe dovuto esaminare verbali di assegnazioni,  reclami, il numero esatto dei votanti, i voti nulli ed il modo interpretativo di come si sarebbe dovuto calcolare la maggioranza per assegnare la vittoria.”
 Una delle frasi pronunciate dal sovrano, prima del risultato referendario fu che (la Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia No. La monarchia non è un partito. E’ un istituto mistico, irrazionale. Capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Dev’essere un simbolo caro o non è nulla).





 La partenza in esilio
 di sua ex maestà Umnerto II di Savoia



“Dopo che lasciò Roma in aereo dove andò? In quale paese?
Il padre se n’era andato in Egitto e lui lo seguì nello stesso esilio?
Così m’interrogò il buon Castagna ed io subito gli risposi:” Scelse Cascais, in Portogallo, primo perché non era un paese confinante con L’Italia, secondo era un nazione dal clima temperato mediterraneo, terzo sperava di ritornare presto sul suolo patrio, dopo che le acque turbolente  del clima ostile alla monarchia, si fosse  spento, dopo il raggiungimento della pace ritrovata e la ripresa della normalità.
Cascais ( Portogallo)  -  Villa  Italia









                          
Merlinge ( Ginevra ) Residenza di Maria Josè



Con l’entrata in vigore della nuova Costituzione repubblicana il 1° gennaio 1948, questo recondito sogno di Umberto II, l’ultimo Re d’Italia, svanì, perché il primo ed il secondo capoverso della XIII disposizione finale e transitoria vietarono ai membri ed ai discendenti di Casa Savoia di ricoprire uffici pubblici, né assumere cariche elettive. Agli ex re Sabaudi, alle consorti ed ai loro discendenti maschi  si vietò l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
Tali norme hanno cessato i loro effetti con l’articolo unico della legge costituzionale n. 1 del 23 ottobre 2002 come pubblicato  sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 26 ottobre 2002.”
 A ques’ultima spiegazione, il Buon Castagna proferì: “M’avete tolto un peso dallo stomaco. Allora fu tutto regolare il referendum, la Repubblica è ciò che voleva il popolo! Non si parlò più di Umberto II di Savoia, finché non morì il 18 marzo 1983,nel frattempo fu quasi ignorato, dimenticato, è vero? Pruvessò, che fine facero i figli e la moglie, Maria Josè? Raccontatemelo subito, professò, a prossima volta che ci rivediamo, dobbiamo attaccare parlando della figura del figlio, Vittorio Emanuele IV,  che m’intriga moltissimo, perciò fatemi la cortesia datemi un risposta succinta, ma esauriente, che fine fece la famiglia del Re Umberto II, il Re di maggio".
M’impegnai a non farla lunga e ripresi a dire: “ Maria Josè, la moglie di Re Umberto, in un primo momento risedette per un breve periodo pure Lei a Cascais, ma lasciò definitivamente il proprio consorte per vecchi dissidi e vedute diverse, mai appianate da lungo tempo, presenti già dalla loro unione e pertanto si trasferì a Merlinge, nei pressi di Ginevra con il piccolo Vittorio Emanuele. Le figlie  Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice, rimasero a Cascais col padre e per la loro vita sentimentale a volte tumultuosa, non pochi dispiaceri arrecarono all’illustre genitore".



Re Umberto II di Savoia e la sua famiglia nel maggio 1946

Per la cronaca :


Maria Pia, Principessa di Casa Savoia
                           


La principessa Maria Pia di Savoia sposò  in prime nozze il 12 febbraio 1955
 Alessandro Karadordevic, principe di Jugoslavia,

  ha avuto  4 figli, due coppie di gemelli (Dimitri e Michele) (Elena e Sergio), si separò, divorziando il 1967 si è risposata il 16 maggio 2003                                         con il principe Michele di Borbone-Parma.






   Maria Gabriella
  Principessa  di casa Savoia


      

 Maria Gabriella  Principessa  di casa Savoia
sposò Robert de Balkany,  Ha divorziato (1990),

 ha avuto una figlia Maria Elisabetta.



Maria Beatrice di savoia,





La Principessa Maria Beatrice di Savoia sposò
 Luis Reyna Corvalan il 1 aprile 1970, 
Rimase vedova  di Luis Reyna Corvalan, che morì il 17 febbraio 1999 in circostanze misterose.
 Ha avuto tre figli Raffaello, Patrizio ed una figlia Asaea.




 Vittorio Emanuele IV, Principe di Napoli
 Principe ereditario di Casa Savoia


 Vittorio Emanuele,
Principe di Napoli
 Principe ereditario di Casa Savoia
sposò  Maria Ricolfi Doria  l’11 gennaio 1970,

ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto


“Site state ‘e parola, professò, mi avete spiegate succintamente e chiaramente come sono andate le cose dopo l’esilio volontario dell’Ultimo re D’Italia.
 A questo punto mi viene  quasi spontanea di fare una riflessione storica, che, poi, è questa : la fine della dinastie reali regnanti negli ultimi tempi  nella Nazione Italia  è quasi identica, (come quella dei Borboni e quella dei Savoia) si somigliano moltissimo!


E' gradito un commento se il racconto è stato interessante,
 per continuare e terminare la narrazione  della vita dell'ultimo Re d'Italia quanto prima



lunedì 26 marzo 2018

Dopo il processo di P.za del Pleb.- I Savoia -9^ puntata



Storia  di CASA Savoia       - Umberto II  -
Seconda parte -  il Periodo Napoletano




“Professò, nun ve fermate cchiù, ve ne prego!” il buon  Castagna, m’implorò di continuare, perché era tutto intento a conoscere le dettagliate vicende, che portarono il principe Umberto a diventare il futuro Re d’Italia. “ Va bene, riprendiamo, allora,stavamo dicendo la giovane coppia reale dei principi di Piemonte, Umberto e Maria Josè si trasferirono a Napoli con il consenso favorevole del Re, Vittorio Emanuele III, esattamente il 4 Novembre 1931.



“Dopo aver preso parte alla sfilata celebrativa del 4 novembre, (in ricordo della vittoria della 1^ guerra mondiale), che si tenne nello stupendo ed ampio piazzale, antistante la Reggia Reale, (l’attuale Piazza del Plebiscito), si ritirarono, dopo il celebrativo cerimoniale, nelle ampie sale del seicentesco palazzo reale borbonico e lì degustarono i prodotti tipici locali a base di pesce, e consumando un ricco dessert  assistettero  poi ad un caratteristico concerto musicale eseguito da eccellenti suonatori di chitarre e mandolini, che al loro apparire intonarono, in loro onore, oltre alla marcia reale, la canzone “ O sole mio”  cantato da un anonimo posteggiatore..




Piazza del Plebiscito di Napoli



La prima giornata napoletana fu un impatto meraviglioso, che, i futuri coniugi reali ebbero con la città, che conservarono, poi, per tutta la vita nei loro cuori, in contrapposizione a com'erano stati trattati in modo scostante ed ipocrita durante il loro trascorso soggiorno in quel di Torino.

Facciata del Duomo di Napoli





Il protocollo, dopo la solenne cerimonia religiosa, proseguì con un ricevimento, offerto dal Sindaco dell’epoca, (il podestà Giovanni De Reseis, Duca di Bovino)
Podestà Giovanni de Reseis
Duca di Bovino


  a Palazzo San Giacomo alla presenza di tutte le autorità politiche e religiose ed infine la giornata terminò con un serata di gala al Teatro San Carlo.
“Professò ! Ai giovani sovrani, sono sicuro, rimasero contenti e commossi per tanto entusiasmo profuso nei loro confronti, è vero? Non vado errato, se ricordo bene, ho letto da qualche parte che si affezionarono alla nostra città”. Risposi immediatamente al mio interlocutore ansioso, riprendendo a dire.”Anche se tanto affetto ed entusiasmo, dal sapore prettamente partenopeo, fu apprezzato immensamente dalla coppia principesca, non andò come si potesse pensare a priori, come una scelta volontaria, ma fu solo una coincidenza del destino e poi………..”


“ Scusate, professò, allora mi volete dire che negli anni trenta, Napoli, vide la sua sfarzosa reggia rivivere i fasti del periodo seicentesco dei Vicerè spagnoli, come reggia adibita a casa reale, con il soggiorno dei Principi di Piemonte.? “ M’interruppe il buon Castagna e poi m’invitò a non fare pause lunghe nel descrivere i fatti, perché, anche se non aveva quella mattina nulla di importante da fare, si stava comunque, facendo tardi e non desiderava arrivare tardi a pranzo, era ospite a casa di parenti. Allora ripresi “ Dopo alcuni giorni, esattamente un mese, Umberto e Maria Josè lasciarono la sontuosa Reggia di Piazza del Plebiscito, che  utilizzarono, poi, solo in occasione di ricevimenti ufficiali e si trasferirono stabilmente per il loro soggiorno napoletano nella panoramica “Villa Rosebery” sulla collina di Posillipo, che affacciava sul golfo di Napoli ed era dotata di una spiaggia privata, cinta da una muraglia di massi, che la protegge da occhi indiscreti e da flussi invadenti del mare antistante.


Fu un soggiorno nella città partenopea, vissuto dalla coppia dei Principi ereditari con una benevola rassegnazione, che durò fino al 28 ottobre del 1942, quando Umberto di Savoia  fu  nominato  Maresciallo d'italia in occasione dell'anniversario della Marcia su Roma. In quello stesso periodo si traferì definitivamente  con tutta la famiglia.


“Di chi era quella villa? Mica gli sposi reali stavano in fitto!” Mi domandò in tono inquisitorio il mio buon interlocutore Castagna ed io precisai e lo feci edotto su tutto ciò che sapevo della villa e perché fu abitata dai Principi Reali.  Incominciai col dire: “ Villa Rosebery, adibita a residenza di villeggiatura e ristrutturata con eleganti appartamenti in stile neoclassico dagl’architetti gemelli Stefano e Luigi Gasse agli inizi del 1800.

 




Villa Rosebery a Posillipo




La Villa si chiamò “La Brasiliana”, quando ospitò  Donna Januaria di Braganza, (figlia dell'Imperatore del Brasile - Pietro I), consorte del conte d’Aquila, (Luigi di Borbone, zio del Re Francesco II -noto come Francischiello, ammiraglio della Marina del regno di Napoli,   fino al 1860).



Luigi di Borbone - Conte d'Aquila



Gennara Januaria di Braganza



Il conte Luigi di Borbone abbellì la tenuta e l’intero complesso della villa facendovi costruire anche un porticciolo per potervi meglio approdare dal mare.
Durante l’esilio a Parigi del conte Luigi di Borbone, dopo la caduta del regno delle Due Sicilie, la villa fu venduta al banchiere francese Gustavo Delahante, che nel 1907 la rivendette definitivamente all’importante uomo politico inglese, Archibald Philip Primrose, quinto conte di Rosebery .
Conte Philip di Rosebery


Lo statista inglese, Lord Rosebery, elevò la villa a dimora di riposo, dopo le sue estenuanti attività politiche da Primo Ministro Inglese, facendola diventare un’oasi di pace e di tranquillità.
 Nel 1909, rimasto solo, a causa delle troppe spese per la manutenzione, la donò all’ambasciata britannica e la splendida villa divenne sede diplomatica e villeggiatura privilegiata di rappresentanti politici del regno britannico.
In occasione della venuta a Napoli di Umberto e Maria Josè, la villa che era stata donata  nel 1932 allo stato Italiano, diventò  da quel momento la residenza abituale di tutta la famiglia Reale, che vi trascorreva annualmente la stagione estiva.
Villa Rosebery ebbe un'importanza fondamentale per la giovane coppia del Principi ereditari di Casa Savoia, in essa la bella principessa Maria Josè diede alla luce nel 1934 la prima figlia, con immensa gioia dei nonni paterni, che sfatava i tanti pettegolezzi sulla non capacità di procreazione di Umberto. La bimba fu battezzata “Maria Pia” e tale nome fu dato anche alla villa e rimase tale fino all’arrivo degli alleati, che la requisirono e ripristinarono l’antico nome di “Villa Rosebery”.
Dopo la proclamazione della Repubblica Italiana con l’entrata in vigore della costituzione italiana il 1° gennaio 1948, la villa fu concessa all’Accademia Aeronautica, e solo dal 1952  è divenuta una delle residenze in dotazione al Presidente della “Repubblica Italiana”.  (Le altre residenze sono:  Il palazzo del Quirinale a Roma, dove risiede abitualmente; la tenuta di Castelporziano e la tenuta di Capocotta,  ubicate nei pressi di Roma).

Tenuta di  Castelporziano




Tenuta di Capocotta ( la spiaggia )




























 A Villa Rosebery, Maria Josè diede alla luce anche altri due figli , Vittorio Emanuele IV , (12 febbraio 1937 l’erede al trono e Maria Gabriella (24 febbraio 1940) mentre l’ultima figlia Maria Beatrice, la partorì a Roma il 2 febbraio 1943.

La famiglia di Umberto II Savoia e di Maria Josè con i figli
Maria Beatrice, Vittorrio Emanuele IV, Maria Gabriella, Maria Pia






“Perdonate, professore! È ‘nu luoghe storiche allora, e vuoie comme facite a sapè tutte 'sti cose, mica l’avite maje visitate? L’avite visto ‘a villa a dinte?”
Dopo la mia breve descrizione storica della tenuta Villa Rosebery m’interrogò il buon Tore castagna ed io gli risposi : “ Devi sapere, mio carissimo amico”, continuai : “quella villa mi ricorda la mia adolescenza. Era l’anno 1957 e proprio, lì vicino, andavo a fare i bagni ai primi di giugno, la località era conosciuta come  " 'a terra 'e Sabatiello". Ora che ricordo bene, per mezzo di un amico, che conosceva il guardiano della tenuta agricola di Villa Rosebery, che ci permetteva di penetrare nella zona agricola ed da lì attraverso un cancelletto si scendeva su una piccola insenatura difesa da un costone di tufo, che si spandeva come una mezzaluna sul mare azzurro di Posillipo, proprio a fianco della tenuta presidenziale.(la zona, nota come ‘a terra ‘e Sabatiello).
Su un lato della discesa, che portava a mare, v’era una casupola di pescatori, dove ci spogliavamo, che conteneva  nient’altro  che vari attrezzi per la pesca, quattro remi e vari scalmi.
Giù nella peschiera, delimitata dall’ampia scogliera, c’erano due barchette a remi, fissate ad una corda legata ad un masso, affondato in mare, come fosse un‘ancora. Sul Costone a mezzaluna c’erano tante cozze, come fossero una coperta nera, che con  il risucchio del mare parevano parlare e lamentarsi, aprendo e chiudendo le due valve. In quell'amena rada imparai a nuotare ed a rendermi conto cosa fosse l’effetto dell’alta e bassa marea, a conoscere i granchi, i cosiddetti range fellone e gli  scunciglie (le dolabelle) e cannelicchie.
 Il pomeriggio poi, scendeva una bella ragazzina a prendere il sole, che mi faceva girare le cervella e battere fortemente il cuore, tanto era bella e abbronzata, che  ho ancora un dolce ricordo  nelle mie sbiadite rimembranze. Gli appartamenti e la villa vera e propria non lo mai visitata, anche, perché a quell'epoca  era zona militare ed era occupata dall’accademia dell’Aeronautica Militare.
Villa Rosebery  (vista dal mare)


 Villa Rosebery, in ogni modo, rimane  un posto importante per la storia d’Italia, tra le sue stanze fu firmato il 9 maggio1946 l’atto di abdicazione di Vittorio Emanuele III a favore del figlio Umberto (già Luogotenente del Regno, con poteri  sovrani dal 1944) alla presenza del notaio di Casa Reale, Nicola Angrisano, con studio a Napoli in via san Carlo 4, e non come prevedevano le prerogative delle attribuzioni del capo del governo, (in quel momento era il democristiano On. Alcide De Gasperi) se ne fece a meno a causa di una forte opposizione di molte forze politiche, che volevano l’abdicazione dopo i risultati del Referendum. 




 I risultati Ufficiali del Referendum del  2 giugno 1946










QUANTO PRIMA CI SARA'  IL  CONTINUO,
E' GRADITO UN COMMENTO, PER ESSERE INCITATO A PROSEGUIRE