giovedì 29 marzo 2018

Dopo il processo di P.za del Pleb. I Savoia - 11^ puntata



Storia di Casa Savoia     -        Umberto II di Savoia


               -  Quarta ed Ultima  puntata   - 

                          
          L'esilio e la morte







E’ passata una settimana, Professò, finalmente, vi siete fatto vivo! Speravo tanto d’incontrarvi, pur non sapendo quando, perché avevo tanta curiosità di conoscere come era finita la vita di Umberto di Savoia, l’ultimo Re d’Italia, il cosiddetto Re di maggio e come trascorse l’esilio,  come morì e chi l’assistette dei suoi fino alla fine".



“Non ti preoccupare, mio caro, Castagna, spero come sempre d'essere esauriente, per quanto mi è possibile, anche nei particolari”.

Risposi salutando e mi scusavo di non essermi venuto prima, giustificando che non avevo sopportato la glaciale temperatura, che si era abbattuta durante questi giorni improvvisamente nella nostra città, era gennaio inoltrato.



Umberto II di Savoia, in partenza da Ciampino
il 13 giugno 1943
“Allora! Eravamo rimasti che, dopo il Referendum, Umberto II di Savoia, aveva lasciato Roma ed a bordo di un aereo si era diretto verso il Portogallo a Cascais, facendo, però, uno scalo tecnico a Barcellona in  Spagna e  così lo  ritroviamo in esilio, in una terra straniera e dopo pochi giorni si riunì con la moglie, Maria Josè e tutti i suoi 4 figli. I quali, madre e figli l’avevano preceduto qualche giorno prima”.

Umberto II di Savoia e Maria Josè ed i loro 4 Figli



"Caro Tore Castagna, devi sapere che il buon Umberto, dopo il proclama di “Roma del 13 Giugno1943, dove il risultato elettorale anche se provvisorio sanciva la vittoria alla Repubblica, era convinto che dopo un breve periodo di allontanamento dall’Italia, sarebbe ritornato dopo la ratifica dei risultati definitivi, che avrebbe dovuto pronunciare la Suprema Corte di Cassazione  per il giorno 18 giugno1943". (La ratifica era necessaria, dopo il controllo delle schede ritenute errate, nulle e quelle in bianco, perché, a seguito dei ricorsi presentati dal movimento dei monarchici, occorreva anche un’ulteriore giusta interpretazione della legge, per la quale aveva bisogna di una chiarificazione per come si doveva intendere il raggiungimento del quorum, se in base alla quantità de votanti legittimi o dei voti validi espressi, compresi quelli errati e quelli senza alcuna indicazione)


Il dubbio fu sciolto definitivamente con la sentenza della stessa Suprema Corte di Cassazione emessa  il 18 giugno 1946, che sancì con una votazione di dodici contro sette (La corte era composta di diciannove magistrati)una volta per tutte la nascita dello stato repubblicano. La ratifica dei risultati definitivi fu pronunciata dalla Corte di Cassazione con una maggioranza assoluta dei due terzi rigettando i vari ricorsi e stabilendo che: per maggioranza degli elettori votanti, si doveva intendere maggioranza dei voti validi, e così fu ufficializzata  la nascita definitiva  della Repubblica Italiana.

"Era convinto, Umberto, che il suo allontanamento dall’amata Patria, si doveva ritenere un segnale significativo, come suo personale apporto alla pacificazione  del popolo,  e poi col suo ritorno,  avrebbe contribuirto fattivamente alla ricostruzione dopo gli avvenuti disastri della guerra.”
 Risposi poi alle altre domande informando il mio amico interlocutore che: "Umberto di Savoia, dopo aver perso il titolo di Re ed il potere, nell’esilio di Cascais in Portogallo assunse il titolo onorifico di “Conte di Sarre”, come già in precedenza, aveva fatto il suo antenato bisnonno, Carlo Alberto, quando abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II.  Per ciò che riguardò l’abdicazione, Umberto non ci pensò mai, anzi era convinto che con l’aiuto del movimento monarchico nazionale italiano, che era stato presente sia nella costituente, che poi nel Parlamento repubblicano, di tornare nella sua patria". Speranza che perse dopo le fatidiche norme, approvate dall'Assemblea Costituente, che sancirono  al Capoverso della XIII disposizione finale e transitoria, in appendice alla nuova Carta Costituzionale,  che prevedevano il divieto ai membri ed ai discendenti di Casa Savoia di ricoprire uffici pubblici, né assumere cariche elettive. Infine agli ex re sabaudi, alle consorti ed ai loro discendenti maschi, si vietò l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
Fu un grave colpo per l’esule sabaudo e come risposta al divieto, per prima cosa, chiamò la casa, dove dimorò, poi, fino alla sua morte, “Villa Italia”, che divenne il suo unico rifugio, lontano dalle mondanità dell’epoca, ricevendo solo visite di connazionali a lui fedeli”.
Mio caro professor Sasà, se non sbaglio tale anacronistiche, norme sono state poi abrogate! Mi sapete dire, quando?” Interloquì il caro Castagna, al mio dire e come sempre gli risposi :
Si dovettero aspettare parecchi anni, e per non farla lunga, posso informarti che solo alla moglie di Umberto II, l’ultima regina d’Italia, Maria Josè, dopo la morte diell'ultimo  Re  Savoia, Umberto II, avvenuta il 18 marzo 1983, fu permesso, grazie ad un collegio di giuristi di Padova, nel 1987 di poter ritornare in Italia". (Il suo ritorno avvenne esattamente il 1° marzo del 1988 per partecipare ed assistere ad un convegno storico, dedicato alla figura di Sant’Anselmo nella città d'Aosta).

"Dopo la morte di Maria Josè, avvenuta il 27 gennaio 2001 a Ginevra, si deliberò infine, dopo vari rinvii, alla abolizione del divieto di poter far rientrare sul suolo italiano anche tutti i discendenti maschi  del  Re Savoia".



Le norme della proibizione hanno cessato i loro effetti con l’articolo unico della legge costituzionale n. 1 del 23 ottobre 2002
come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 26 ottobre 2002,
che recita così”:

“Il testo dei commi primo e secondo della XIII-disposizione transitoria e finale della Costituzione, i cui effetti si esauriranno a decorrere dalla data d'entrata in vigore della presente legge è il seguente:
"XIII. - I membri e i discendenti di Casa Savoia non possono ricoprire cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle relative consorti e ai loro
discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno
nel territorio nazionale.".


“Si dovettero attendere quasi 60 anni per porre fine al divieto dell’esilio dei discendenti maschi degli ultimi re del casato dei Savoia? Erano così pericolosi? Facevano tanta paura? Me lo spiegate, professò! Non sono monarchico e so che anche voi non lo siete, ma in tutti questi anni, quali motivi di contrasto allo “Stato Repubblicano” furono procurati dagli ultimi reali d’Italia? Perché tanto rancore e livore nei loro confronti?  Mi pare, se ho letto bene la storia,  e spero di non sbagliare proprio Re Umberto e la regina Maria Josè non avevano simpatie con il regime fascista e si erano adoperati, sia ufficialmente sia segretamente, per abbatterlo?”
 “Non so cosa dirti! Non so risponderti, mio caro Tore Castagna, anche perché si può dire, è storia recente!”.
Risposi, alla precisa domanda postami, intanto ripresi a dire:

“ Re Umberto, a Cascais, anche sollecitato dai connazionali di fede monarchica, che erano pure presenti in parlamento ed al Senato della Repubblica, si ritirò a vita privata e si dette a collezionare cimeli sabaudi e si mise a scrivere un vasto volume sulla medaglistica  coniata dal suo casato, che è un’opera unica nel suo genere. Caro mio Castagna, nel suo esilio, Umberto II si adoperò ad aiutare indiscriminatamente e sostenne gli italiani, che n'avevano necessità tramite i suoi rappresentanti in Italia. Rispondeva a chiunque gli scriveva e riceveva decine di migliaia di persone, che desideravano incontrarlo e conoscerlo direttamente senza mai negarsi. Osservava e richiedeva, che si osservasse una rigorosa etichetta, fu un vero gentiluomo, e veramente un uomo di alto lignaggio.”
Allora volete dirmi, professò, che non meritava l’esilio definitivo per come si comportò dopo la proclamazione della nascita della Repubblica italiana?”
M’interruppe il mio contradditore amico ed  io prosegui la mia enunciazione dei fatti, come li avevo appreso da quel poco, che trapelava dalla stampa amica dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II, il re di maggio.
Visse in piena solitudine nella sua dimora a Cascais, nella villa nascosta tra pini secolari, di fronte all’Oceano Atlantico, che denominò, come già detto “ Villa Italia “.
(Villa Italia, fu il regno incontrastato in esilio di re Umberto II e fu un centro turistico rinomato, fu un luogo simbolico, finché  visse l’ex monarca sabaudo e poi quando lo stesso non ci fu più, fu abbandonata  al degrado assoluto, fino a quando nel 1985 gli eredi  la vendettero ad una catena alberghiera, che la trasformò in un primo  momento in un atelier di moda e infine fu trasformata in una albergo di lusso, come lo è tuttora).
“L’Italia fu, per lui, la sua unica ossessione e mi parve di aver letto su una rivista o su giornale dell’epoca, che è spirato pronunciando per ultimo la parola “Italia”. “Che cosa sapete in merito Professò? Non mi sono mai incuriosito, poi di sapere, come sono vissuti, Umberto II e la sua famiglia senza soldi, né appannaggi, dopo la proclamazione della Repubblica, che fine fece il cospicuo patrimonio, appartenuto alla famiglia reale dei Savoia? Patrimonio, per quel che ho saputo, fu confiscato dalla Repubblica all’atto dell’entrata in vigore della Costituzione, in base alla disposizione transitoria del 3 e 4 punto, dove era sancito che i beni dell’ex famiglia reale sabauda, che si trovavano sul territorio nazionale erano avocati allo Stato italiano, ed infine tutti gli atti inerenti a trasferimento di beni degli ex Savoia erano da considerare nulli dopo  il referendum del 2 giugno 1946. Sapete dirmi qualcosa in merito, Professò’, se si, me lo dite?  Vorrei conoscere come facessero a vivere e chi li aiutò?“
Gli risposi con la dovuta cautela : "Mio caro, Castagna, in verità, hai fatto una domanda, molto complicata, perché implica una serie di concause, compromessi, per il fatto che in quei momenti accaddero molti fatti incidentalmente, che spinsero a prendere decisioni affrettate ed inequivocabili, che forse in altri contesti non sarebbero state prese". "Andiamo con ordine, intanto, in ogni caso spero d'essere chiaro nella mia esposizione dei fatti" ( Fatti storici riportati, rileggendo qua e là sui vari giornali dell’epoca e poi su qualche libro, come quello scritto da Luciano Regolo, "il re signore", e sui portali  "Cartantica.it " e "Cronologia della storia d'Italia " di Leonardo .it, sistemati  in modo esatto, rispettando i tempi del loro accadimento,  e dalle poche voci, che si apprendevano dai resoconti della radio).  "Fatti commentati, poi, in famiglia e si può rispondere, che  gli ultimi reali d’Italia in carica, Umberto II e Maria Josè, nonché quelli già in esilio, Vittorio Emanuele III e sua Moglie Elena, non fecero “ ‘e Poze da’ Famme” ( Non sentirono i morsi della fame) anzi vissero sì la loro vita lontano dalla Patria, ma non si fecero mancare niente, anzi come dicevano alcuni, vissero  in un esilio dorato.
"Furono aiutati da amici di Nobili casati e dai parenti reali belgi di Maria Josè nei primi momenti, e poi, da aiuti ricevuti dal Vaticano".
(Aiuto consistente in un cospicuo prestito in contanti di vari milioni di Lire dell’epoca,  concesso nell’ultima visita a Umberto II dal Papa Pacelli, Pio XII, la sera del 7 giugno 1946. Prestito, che fu elargito, per provvedere alle prime necessità dell’esilio, e fu consegnato in un pacchetto dallo stesso pontefice al Ministro della casa reale, marchese Falcone Lucifero con questo messaggio: -  Lo consegni al re. La provvidenza pensa che sarà molto utile -).
 Come contropartita, Re Umberto II, a garanzia del prestito accordato, fece trasferire, a sua volta, dal Quirinale in Vaticano, a titolo di deposito , varie casse dell’intera collezione di porcellane sabaude, giustificando il trasloco con l’intento per meglio preservarla. Il prestito, in seguito, fu regolarmente restituito ed estinto senza interessi di sorta, dopo che Umberto, (divenuto coerede del padre, Vittorio Emanuele III, alla  morte  del quale avvenuta il 27 dicembre 1947),  intascò la sua quota parte dell’ingente somma, (parecchi miliardi) accumulata su un conto esistente in Gran Bretagna a Londra, quale corrispettivo di un’assicurazione spettante al proprio genitore. (Polizza assicurativa, stipulata  50 anni prima presso I Lloyds di Londra da suo nonno,  il Re Umberto I, in caso di morte dopo il primo attenato subito a Napoli. Evento verificatosi con l’uccisione di Umberto I, a seguito ,dei colpi d’arma da fuoco sparatogli dal regicida Bresci a Monza il 29 luglio  del 1900).
 L’indennizzo dell’assicurazione, poiché non fu  mai incassato da Vittorio Emanuele III, rimase giacente in  un deposito acceso presso l’ Hambros Bank di Londra, denominato “Fondo Sabaudo” ed il suo valore in soldi lievitò annualmente, perché  buona parte fu reinvestito regolarmente in azioni  del “Prestito della Vittoria ” ed all’atto della sua liquidazione risultò ammontante di circa 3 miliardi di Lire lordi.  La disponibilità della somma, previa il pagamento delle tasse di successione previste ed i diritti di custodia, spettanti sia al Governo Inglese e sia alla banca tenutaria del deposito, avvenne nell’anno 1951, dopo che il giudice britannico Wyn Parry  riconobbe le ragioni edotte (nella controversia per lo svincolo del conto) dagli eredi dei Savoia, rappresentati esplicitamente dai legali  di : ( i figli di Mafalda di Savoia  -  i principi Maurizio ed Errico d’Assia - il primo anche tutore dei fratelli minori  Ottone ed Elisabetta -, la contessa Jolanda Calvi di Bergolo, Giovanna  di Savoia vedova di Boris di Sassonia, la principessa Maria Borbone ed anche se non presenti perché in esilio, l’ex re Umberto II di Savoia e la  ex regina madre Elena di Montenegro) contro lo stato italiano  e permise la svincolo del cosiddetto Conto “Fondo sabaudo “ senteziando  anche che, la causa intentata dallo stato repubblicano italiano, era  non giustificabile anzi “ Priva di fondamento giuridico e con intento persecutorio”.
“Professò? Scusate! Se la passarono proprio bene, allora quasi da nababbi! Se putettere accattà, pure, ‘na villa, è overe! Re Umberto forze ringraziaje ‘o ciele, pecchè accussì fuje cchiù libbere, senza essere cchiù priggiuniere  e vivere rispettanne l’etichette, ‘o prutecolle?  Senza cchiù vestì sempre in alta uniforme, con medaglie, fregi? Diciteme, professò, come passave po’ ‘e jurnate?”
Umberto II con le tre figlie, poiché la moglie, la regina Maria Josè, per curarsi u
A queste precise asserzioni gratuite ed un po’ maligne ed invidiose del mio interlocutore, risposi: “Carissimo amico, mio buon Castagna, non vivevo mica con lui e da giovanotto avevo altro a cui pensare e le poche notizie, che trapelavano dall’esilio di Cascais erano molto scarne. Si seppe qualcosa dai giornali dell’epoca e che poi solo ora, potei meglio approfondire leggendo diverse biografie scritte da vari giornalisti che lo incontravano a quella epoca.  Ti posso riassumere che per i primi tre anni, la famiglia reale ed il loro seguito vissero  l'esilio abbastanza bene tenendo anche, un certo tenore nobiliare, grazie al prestito ricevuto dal vaticano e dalle rendite paterne di Maria Josè.
Quando le  risorse finanziarie stavano per finire, per le troppe spese, si vendette anche qualche oggetto di valore familiare ancora rimasto in loro possesso.”
 

Proseguii il mio racconto continuando a dire:

Quando poi acquisirono la disponibilità della somma del cosiddetto “Conto Sabaudo”, giacente a Londra, finirono le ristrettezze e pur rimanendo solo
na malattia agli occhi, dovette portarsi in svizzera per meglio curarsi, presso uno dei più noti  specialista dell’epoca, l’oculista Franceschetti. Umberto e Maria Josè si separarono non per voluta separazione, ma solo per motivi d'alcune norme di una convenzione internazionale, per cui , Umberto II, ex re stando in esilio,  non  poteva risiedere per più di quindici giorni in un paese confinante con l’Italia. Per questo motivo furono, oggetto di pettegolezzi e racconti stravaganti dei giornali, che riportavano che  per incompatibilità di carattere si erano separati e non si vedevano mai.  Niente di più falso. Umberto viveva in Cascais in Portogallo e Maria Josè a Merlinge in Svizzera e quando era possibile s’incontravano rispettando sempre le leggi e le convenzioni .

Maria Josè con il piccolo Vitt.Emanuwle IV




Quindi si separarono, Maria Jose che si stabilì a Merlinge in Svizzera, come compagnia scelse di tenersi il piccolo Vittorio Emanuele IV, che visse con lei fino alla maggiore età. Umberto, rimase , invece , a Cascais con le tre figlie,  che accudì facendole studiare secondo le loro inclinazioni e le tenne con sé, senza mai opprimerle fino a quando, divenute adolescenti, decisero  singolarmente di intraprendere la strada del loro destino, lasciando la casa paterna di Cascais ed  il loro genitore alla più  drammatica solitudine e amara malinconia. La prima figlia, Maria Pia, lo lasciò, quando si sposò il 12 febbraio del 1955, Maria Gabriella,nel 1957 per andare a studiare a Parigi,  mentre l’ultima, Maria Beatrice nel 1963 dopo un breve periodo trascorso ad Oxford raggiunse la sorella Maria Gabriella nella capitale francese".

"Rimasto solo all’età di 59 anni, Umberto si sentì rinascere, libero da impegni prettamente  familiari e per combattere la forzata solitudine, intraprese una serie di viaggi, che lo portarono negli Stati Uniti ed in America latina , dove incontrò i generali Clark ed Eisenhower, che erano stati comandanti delle truppe alleate della Seconda Guerra Mondiale e visse così un periodo di apparente serenità misto a ricordi di un fulgido passato. Viaggiò in vari continenti. Visitò la Grecia, passando poi per il Montenegro, il paese d'origine della madre.  Si recò in Africa, in Egitto,  nella città di Alessandria per onorare la tomba del padre, che era lì sepolto, dopo la sua morte, avvenuta in esilio. Aveva sempre un comportamento elegante ed un atteggiamento regale e durante i vari spostamenti utilizzava un passaporto  rilasciato da Malta intestato al Conte  Sarre". (Titolo utilizzato,  Conte di Sarre, fra i molteplici  di cui si poteva fregiare,  lo stesso  che già aveva usato il suo avo, il Re Carlo Alberto, quando abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II e lasciò il suo regno per andare volontariamente in esilio a Oporto in Portogallo). Passarono così gli anni sessanta e nel settanta, Umberto ingoiò un altro rospo, lui così ligio alle etichette ed alle tradizioni della Casa Savoia, dovette prendere atto che suo figlio Vittorio Emanuele IV, contro tutte le regole nobiliari, di casa Savoia si sposò con  la bella giovane, Marina Ricolfi Doria, una ex campionessa olimpionica di sci nautico, non di sangue reale.  Non presenziando alla nozze accettò ugualmente il matrimonio del figlio con la bella Marina e fu presente invece, al battesimo del nipotino, Emanuele Filiberto, nel !972 , concedendo al piccolo nato il titolo di Principe di Venezia e regalando alla nuora contestata, in segno di riappacificazione familiare, un bellissimo gioiello  Sabaudo. Qualche anno dopo siamo nel 1974,Umberto II , compie 70 anni ed è festeggiato da tutti i familiari più stretti di casa Savoia, moglie figli e nipoti, nella dimora di sua figlia , la principessa Maria Gabriella in Svizzera.


  Umberto II di Savoia,   in esilio a Cascais
Gli Ex reali d'Italia con i figli ad una festa  con i reali del Belgio e rispettivi figli




              


Fino agli anni Ottanta per Umberto fu un’alternanza di periodi sereni e sofferenti per un tumore osseo, malattia che gli procurava dolori  insopportabili, che accettava con religiosa rassegnazione. Una delle ultime apparizioni in pubblico avvenne in occasione del passaggio per una visita pastorale del Papa, Giovanni Paolo II  nella casa residenziale del Cardinale di Lisbona, anche se molto provato nel fisico.

Incontro del papa, Giovanni Paolo II, ed Umberto II, ex Re d'Italia in esilio










Effige del timbro ufficilae di Umerto II , Re d'Italia
Si era nel maggio 1982, sempre speranzoso di ritornare nella sua amata patria, l’Italia, e dopo di allora si aggravò e fu ricoverato presso la London clinic del suo amico Thompson a Londra per un tumore osseo che lo stava pian pianino consumando e distruggendo.  Per stare più vicino ai suoi più diretti familiari acconsentì a farsi trasferire all’ospedale cantonale di Ginevra , dove  alle ore 15,35 del 18 marzo 1983 all’ottavo piano nella stanza n. 809 si spense l’ultimo Re d’Italia, senza lasciare alcun erede al trono ufficialmente, e come ultimo desiderio volle che il sigillo reale fosse sepolto con Lui.




(un grosso timbro recante, la sua immagine, che rappresentava  la trasmissione del simbolo visibile della legittimità della linea dinastica che avviene di generazione in generazione e che rappresentava nello stesso momento, il simbolo di gran maestro degli ordini cavallereschi di Casa Savoia). Egli non abdicò mai e pertanto con lui finì l’ultimo rappresentante di un regno ormai finito senza appello, così come il comandante di una nave  affonda con il veliero avviluppato ad un grandissimo macigno che precipita negli abissi del mare senza poter più emergere, scomparendo.









E' gradito un commento, se la curiosità è ritenuta interessante.
E' utile per continuare con un'altra la prossima volta.






Nessun commento:

Posta un commento