‘O Sapunare
'o sapunaro 'e 'na vota |
Un antichissimo e curioso mestiere napoletano, fu “ ‘O Sapunaro “ ed era colui che girando per i vicoli e gridando agli angoli d'ogni quartiere per richiamare la sua presenza con la famossima litania
“ ROBBA AUSATA, SCARPE VECCHIE,
SIMME LENTE, STAMME CCA’ !
BONA GE’! ARAPITE ‘E RECCHIE,
SAPUNARE SAPUNA’ “
“ ROBBA AUSATA, SCARPE VECCHIE,
SIMME LENTE, STAMME CCA’ !
BONA GE’! ARAPITE ‘E RECCHIE,
SAPUNARE SAPUNA’ “
'O sapunaro 'e dopp' ' a guerra |
In realtà è un commerciante ambulante, che esercitava una sorta di baratto, perché accettando abiti smessi, stracci, malandate stoviglie, cianfrusaglie varie, come una sedia sghemba, coppole logore, coperte da rammendare, rotoli di spago, pastorelli di creta: roba in ogni modo vecchia, offriva in cambio sapone di piazza, quello giallo e molle, che era contenuto in appositi recipienti di terracotta, a forma di cono tronco, meglio conosciuti come ‘e scafaree.
Sapone dei monaci olivetani, detto saponre di Marsiglia |
Il Sapone contraccambiato, era sopraffino, prodotto dai monaci Olivetani, nella loro spezieria all’interno dell'omonimo Monastero, situato nei pressi dell’attigua chiesa di Santa Maria di Monteoliveto, ora meglio nota come Sant’Anna dei lombardi. Il sapone di piazza degli Olivetani era così pregiato e profumato, che già nel Quattrocento era venduto a 24 carlini la libbra, cifra notevole per quei tempi.
Il prodotto era molto apprezzato per la bontà e delicatezza della sua efficacia per lavare ogni cosa senza lasciare aloni.
Tutto iniziò da quando il sapone, che servi ai monaci Olivetani per pagare i mobili vecchi sgangherati ed utensili usati, forniti loro dal qualche robivecchi (‘o sapunare) per arredare il loro convento.
‘O Sapunare era invitato spesso negli appartamenti o nei palazzi, anche dei nobili, perché lo scambio di merci avvenisse lontano da occhi indiscreti e per nascondere quel tipo di baratto.
In un primo momento ‘o sapunaro, il suo baratto l’esercitava trascinandosi sulle spalle un sacco di juta per riporvi i vestivi, che prendeva, e la roba vecchia, che incettava. Fattosi il suo commercio fiorente, in seguito, si munì di un carrettino trainato da un asino, dove si poteva trovare di tutto, oltre al corrispettivo del sapone, delle stoviglie di terracotta, anche piatti , zuppiere, per cui oltre essere identificato come (‘o sapunare) , si cominciò a chiamarlo “ anche (‘o piattare)".
Ampliandosi l'ambito dei propri affari fino a rasentare il mestiere del rigattiere, senza però mai riuscirvi anche perchè gli oggetti che 'o sapunaro dava come contropartita al baratto, erano considerati un bene da custodire o preservare gelosamente, come tazzine, piatti, zuppiere o bicchieri artigianalmente colorati.
Tali oggetti sono praticamente attualmente regalati nei supermercati provenienti a iosa dalla cina, a prezzi stracciati ed alla portata di tutti, e forse per questo motivo 'o sapunaro quasi in punta di piedi, è sparito.
Se il baratto non era conveniente, i panni o la roba usata ceduta, prevaleva l’usanza che il pagamento della contropartita, avvenisse in denaro.
In napoletano (‘o Sapunaro) è sinonimo di
(“ una persona arrunzona, ca quanno fa ‘na cosa nun è capace d' 'a fa bbona,
o ca fa 'e ccose senza tené genio)”.
(traduzion e = è una persona frettolosa che agisce superficialmente senza finirla, che quando fa qualcosa non è capace di farla bene, o che fa le cose senza voglia)
(“ una persona arrunzona, ca quanno fa ‘na cosa nun è capace d' 'a fa bbona,
o ca fa 'e ccose senza tené genio)”.
(traduzion e = è una persona frettolosa che agisce superficialmente senza finirla, che quando fa qualcosa non è capace di farla bene, o che fa le cose senza voglia)
Molti proverbi sono stati ispirati dal ‘O Sapunaro :
uno per tutti “ ccà ‘e pezze e ccà ‘o sapone” per rivendicare la simultarietà di un scambio giusto.
Una tipologia di "sapunaro" fu 'o stracciaro che barattava o spesso vendeva sacchi di juta, che ritirava dai venditori di farine, legumi e carrube, ('e Vrennajuole) (i venditori di mangime per cavalli ed asini), che le casalinghe usavano come strofinacci per lavari pavimenti. Tali strofinacci erano definiti mappine. in tal caso la voce gridata per reclamizzare il prodotto era " Ne! putite fà' 'e mappine, quatte sorde 'o sacche."
La mappina in gergo napoletano e ritenuta una cosa sozza, lorda, per cui è sinonimo di malafemmina
Contunerà con nuovi antichi mestieri apprna possibile
è gradito un commento d'incoraggiamento a proseguire
è gradito un commento d'incoraggiamento a proseguire
Ciao Sasà, è bello ricordare i vecchi mestieri e le usanze andate in disuso ..Buona domenica! Dora
RispondiEliminacaro sasa' ti ho appena scpoerto e ti chedo se ricordi i fioristi (fiori di stoffa) dei quartieri spagnoli poiche' unodi quelli,il piu' bravo "era mio padre"! ciao Nino
RispondiEliminaBravo! Volevo sapere cosa faceva l'azzimatore, che ha dato nome al vicolo di Napoli.
RispondiEliminagentile utente anonimo
RispondiEliminaeccoti soddisfatto, il vocabolo " Azzimatore" come tu l'hai scrittoin verità si duce
"azzimmatore" e vuol dire in italiano ( Cimatore) colui che con una particolare cesoia cima panni o pannolini)
la prossima volta firmati a presto
sasà 'o professore
Catturato la mia attenzione questo blog perché è molto interessante, come ho letto ho trovato più interessante. Davvero buono. Mi limito a leggere le note che mi insegni qualcosa di nuovo e di diverso e penso che sono arrivato qui.www.medmenshealth.com
RispondiEliminasasà è sempre un piacere leggere le tue storie. 9
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