domenica 30 settembre 2007

La Leggenda dell'albero del Gelso


 L a storia d'amore di Tisbe e Piramo









Agli albori della Civiltà nei pressi della Città di Babilonia, tanto, ma tanto tempo fa, in due case contigue nacquero, Piramo, un bambino bellissimo, e Tisbe,una splendida bimba. I due bimbi, data la vicinanza, ebbero modo di conoscersi e tra loro nacque una fraterna amicizia. Col tempo l’amicizia si tramutò pian pianino in amore e si sarebbero uniti sicuramente in giuste nozze, se non ci fosse stata la proibizione dei loro padri.
La proibizione non riuscì ad allontanarli, anzi più forte nacque tra i due un’infatuazione reciproca, che divampò in un amore irrefrenabile.
Non potendo amarsi liberamente alla luce del sole i due giovani s’accontentavano di parlarsi a cenni ed a gesti, quando si scorgevano da lontano. La notte, poi, comunicavano attraverso una fessura, che esisteva nel muro, che separava le loro case.





Tisbe che amoreggia attraverso la fessura nella parete




Tale fessura fu scoperta dai due innamorati (cosa non scopre l’amore) e, attraverso essa comunicavano il loro amore con dolci frasi e languide parole appena appena sussurrate. Non potendo darsi baci, se la prendevano col muro dicendo : “ Muro cattivo, perché ostacoli il nostro amore, perché non ci permetti di unirci con tutto il corpo? “.Una sera, infine, dopo il consueto incontro amoroso e dopo un’effusione di baci (che non sarebbe mai arrivata di là della fessura), che ciascuno dei due innamorati dava sulla sua parte di muro, decisero l’indomani di lasciare le loro abitazioni durante la notte, quando le loro famiglie si fossero addormentate.
Decisero, poi, che si sarebbero incontrati lontano dall’abitato nei pressi del sepolcro di Nino, che era stato un vecchio patriarca molto onorato dalla loro gente, dove c’era anche un albero di gelso sull’orlo di una freschissima fonte.
Non appena calò la notte, Tisbe, avvolto il viso con un velo, lasciò la propria abitazione e con una torcia s’incamminò verso la meta stabilita. Giunta per prima, si sentita ardimentosa, ma all’improvviso nella vicina boscaglia intravide una leonessa, che dopo aver fatto strage di buoi, si dirigeva verso la fonte, che le stava accanto. Incominciò ad aver paura e senza capire più nulla, pensò di fuggire e nascondersi nel sepolcro lì accanto. Nella fuga perse il velo, che fu preso dalla leonessa, che v’inciampò sopra e strappandolo lo sporcò con il sangue, che gli sgorgava dalle fauci.


La ciità di Babilonia coi i suoi minareti all'epoca della leggenda di Tisbe e Piramo
fuori  le mura si scorge la leonessa, 

che va verso la fonte per abbeverarsi







Piramo, giunto poco dopo, scorse anch’egli la leonessa, che stava allontanandosi e riconoscendo il velo di Tisbe, strappato, pensò che la fanciulla fosse stata sbranata e mangiata, perciò folle di dolore, invocò la terra e l’albero di gelso di accogliere anche il proprio sangue. Giacché non era stato capace di difendere il suo amore, si cacciò nella pancia il pugnale che portava al fianco e cadde supino sprizzando in alto il suo sangue, che finì sul suolo e sull’albero antistante.
I frutti della pianta, spruzzati di sangue da bianchi, divennero scuri, mentre le radici si tinsero di rosso. Tisbe, ignara di ciò che era avvenuto, calmata la paura, tornò sui suoi passi ed appena s’accorse della tragedia e capendo il perché a causa del velo insanguinato, iniziò a piangere ininterrottamente riempiendo la ferita di Piramo, che stava morendo, di lacrime struggenti, che si mescolarono al sangue ancora caldo del suo amato




Dipinto di Tisbe e Piramo sotto l'albero di Gelso




A questo punto Tisbe baciandosi il suo Piramo morente. Invocando anch’essa la morte, disse : "La mano e quell’amore che ti hanno ucciso, daranno la forza anche a me di seguirti per sempre anche nella morte", e così brandito lo stesso pugnale, si uccise.
Il sangue di Tisbe si mescolò a quello di Piramo e penetrò nelle radici della pianta e gli dei commossi fecero sì che i frutti di gelso da bianchi, quando diventano maturi sono neri , come se fossero a lutto e grondante di rosso, come il sangue quando si consumano.





l'albero di gelso nella prima fioritura prima della tragedia di Tisbe e Piramo







Frutti di gelso diventati maturi per essere mangiati














Questa antichissima leggenda orientale divenne ai tempi dei romani un classico trattato nellle famose metamorfosi di Ovidio e fu  ripreso nel Medio Evo  come un un classico letterario, da cui attinse sicuramene shakespeare per il suo romanzo  " Giulietta e Romeo".



4 commenti:

  1. bhe prufusso' si e gia fermato?
    e io che aspettavo di erudirmi ancora un poco qui' :-)
    buon week-end

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  2. Nella mitologia e nel folklore sono tante le storie tragiche di innamorati che morivano entrambi per amore. Peccato che ora siano più frequenti i casi in cui uno (quasi sempre una) muore ucciso dall'altro "per amore". Sono cos' cambiati i tempi e i sentimenti?

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  3. Prof...ha deciso di fermarsi? Peccato...erano interesanti le cose che scriveva....

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  4. esiste un'altra antichissima leggenda sul gelso ambientata nel Salento:
    Quando alla fine del 1400 i turchi sbarcarono a Hidruntum e fecero strage di Cristiani, un gruppo di questi riuscì a sfuggire riparando nell'entroterra dove rigogliosi crescevano antichissimi alberi di gelso. Sopravvisero per alcune settimane cibandosi dei dolci frutti bianchi, finchè, scoperti da alcuni saraceni in perlustrazione, furono massacrati senza pietà.
    Da quel momento i gelsi cominciarono a dare frutti rosso bruno.
    Tuttora i gelsi mori otrantini sono tra i migliori per dolcezza grossezza, succosità.
    Essi ricordano nel nome un capitolo doloroso della storia di Otranto, quella dell'assalto dei Mori, appunto, e nel succo sanguigno il martirio dei pacifici e innocenti idruntini.

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