Buon Giorno. Buon Martedì 30 Settembre 2025
--- San Girolamo – Santa Rachele -- Santa Sofia ---
Vivendo le ultimissime incresciose vicende,soprattutto conoscendole dai telegiornali, pensando a un detto proverbiale napoletano, che invita ai tanti ragazzi e adolescenti (ma anche ai giovani) di non fidarsi di falsi amici, e guardarsi da certi loschi figuri.
Infatti, possono diventare vittime di persone senza scrupoli, nel senso che potrebbero essere poi avviati, senza accorgersene, all’uso della droga, alla rapina, al delitto e alla prostituzione.
Il detto straordinariamente semplice e attuale, vale tuttora, recita e afferma “Chi te vo’ bene cchiù e mamma, te ‘nganna” Traduzione: Chi ti vuole bene più della mamma, t’inganna, significando che nessun amore può superare quello di una madre.
Un presunto bene, sviscerato e desiderato, è ingannevole dal fatto, che può sembrare a prima vista od in un primo istante, superiore addirittura a quello della propria madre, quale può essere il supposto benessere economico, specie per coloro chi stanno arrancando per un posto di lavoro
Diffidare sempre di false promesse di facili guadagni, senza ottenerli con fatica o con l’impegno ottenuto con uno studio formativo, che sicuramente darà il frutto per un'esistenza soddisfacente, non da nababbo, ma serena.
Dopo questa costatazione dell’attualità, come promesso, vi posterò il seguito della narrazione dettagliata di Umberto II° di Savoia, noto come il Re di Maggio.
Seconda parte della Ottava puntata
Dalla storia di Umberto II° di Savoia
Agli interrogativi
di Tore Castagna,
Sasà ‘o Professore rispose:
“Mio caro Castagna, Umberto II° era un bellissimo uomo, era alto, ben formato, (tutto l’opposto del padre Vittorio Emanuele III°, ( come suol dirsi, aveva pigliate
d‘ ‘a mamma, ‘a Riggina Elena di Montenegro, ch’era ‘na piezza ‘e stannaccona), pareva un modello, un figurino e aveva un portamento veramente regale da fare invidia; piaceva alle donne ed era ammirato dagli uomini.
Il Re, il padre Vittorio Emanuele III°, per fugare ogni pettegolezzo decise di dargli una moglie, e la scelta cadde su Maria Josè, principessa del Belgio, ed Umberto, non opponendosi, convolò a giuste nozze con lei in forma magna nella cappella palatina del Quirinale l’8 gennaio del 1930).
“Fu un matrimonio felice, o un’accoppiata sbagliata? “
Mi domandò a quel punto, il buon Castagna.
“Spiegatemi bene! professò’: “ Fu un matrimonio d’amore o un matrimonio combinato e voluto per Ragioni di Stato? “
“Lo vuoi proprio sapere e va bene”! gli rispose Sasà.
“ Te lo dico, così acquieti la tua sete di tanta curiosità morbosa. Innanzi tutto devi sapere che per la legge Salica, che è un complesso di norme consuetudinarie sulla primogenitura maschile dei nobili, che esclude la successione femminile, e pertanto conformemente pure alle norme previste dalle Regie Patenti di Casa Savoia, il matrimonio dei principi ereditari sabaudi deve avvenire con una propria pari, perché lo impone la famosa legge della successione ereditaria, detta Omogamica, perciò gli sposi devono essere entrambi membri di case sovrane.”
“I due risedettero nel palazzo Reale di Torino ed apparivano solitamente in pubblico, come una coppia felice, ma nella realtà erano distanti tra loro, sia per fondamentali differenze caratteriali, che per formazioni educative diverse ricevute dai propri genitori.
Umberto era di carattere riservato ed introverso, religioso, amava il rispetto dell’etichetta, era ubbidiente e rispettoso dell’autorità paterna; Maria Josè, al contrario, era molto espansiva, non formale, era una accanita fumatrice e bevitrice e non accettava il sottostare alle regole imposte dal suo rango reale, richiesto dalla locale nobiltà.
Si vedevano insieme solitamente negli impegni, di carattere prettamente dinastici o politici nei quali erano richiesti il loro intervento, altrimenti vivevano la quotidianità seguendo ognuno le proprie inclinazioni, l’uno trascorrendo la mattinata e buona parte del pomeriggio da ufficiale dell’esercito in caserma, e l’altra seguendo corsi per la formazione di crocerossina od impegnandosi in attività caritatevoli.
Nel Palazzo reale torinese la coppia non si trovò a proprio agio e considerando quell'ambiente ipocrita ed ostile, a causa anche dei maldicevoli pettegolezzi sul comportamento di Umberto II° di Savoia.
Il re, Vittorio Emanuele III°, decise così di trasferire il principe ereditario e la sua sposa a Napoli, città molto leale alla monarchia e per tale motivo riteneva una permanenza ideale per far trascorre gli anni per un migliore affiatamento ai futuri reali d’Italia.
Le foto sottostanti :
Umbberto II° di Savoia;
Maria Josè, sposa di Umberto II°
Matrimonio di Umberto II e Maria Josè del Belgio
Questa è' la seconda parte della narrazione della storia di Umberto II° di Savoia, quanto prima ci sarà il seguito.Sarebbe stato troppo pesante leggerlo tutto, intanto è gradito un commento se è ritenuto interessante-
Buongiorno Professore, sempre interessante
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