martedì 27 novembre 2007

'O Caprare

‘O Caprare è il Capraio.


'a caprareAggiungi didascalia
  Pastore dedito all'allevamento ed al pascolo delle capre.
Nell'Ottocento e fino all'inizio del dopoguerra lo si poteva incontrare per i vicoli del Vomero e dell'Arenella, proveniente con il suo gregge dai pendii della Selva dei Camaldoli attraverso il largo di Cappella dei Cangiani fino a giungere in Via S. Giacomo dei Capri.
‘O Caprare chiamava le sue capre per nome (Angiolina, Carmilina, Assuntina), quasi come fossero persone a lui molto care, anche perché gli assicuravano il pane quotidiano, sia per la vendita del loro latte, appena munto direttamente nelle ciotole dei clienti, sia con la vendita dei prodotti caseari derivati (la ricotta fresca, la caciotta, il formaggio stagionato - il caprino).

Capre da latte

 Attualmente nelle zone di Napoli Nord (Mugnano, Marano, Calvizzano, Giugliano) nel periodo estivo lo si può ancora incontrare nella trasumanza, che fa con il suo gregge dall'entroterra napoletano, (la campagna del Giuglianese) ai pendii della collina dei Camaldoli nel versante di Marano, e nella Selva di Chiaiano.
La sagoma del Capraro è la stessa, che è raffigurata sul presepe napoletano, ossia un vecchio con barba bianca con bastone e con un frustino in mano di giunco, che camminando sferza e spinge il suo gregge, coadiuvato da un cane bianco da guardia, il Caprino, che riesce ad ammassare le capre, che si staccano o che rallentano.
Infine nel tragitto da seguire è aiutato da ('o Zimbere o Zimmare) il caprone, il maschio dominante, che fa da battistrada e da guida.
il caprone ( 'o Zimbere)

Quando le capre vengono portate al macello conosciamo un altro mestiere “’O Caprettare".
 (il caprettaio) che con maestria imbriglia l’animale (lo incapretta - gli lega mani e piedi dietro il corpo) e poi passa ad ucciderlo ed a scuoiarlo per ricavarne il vello caprino ed infine a macellarlo per ottenerne peimpegni assunti, per cui viene ucciso ed incaprettato

lunedì 26 novembre 2007

'O Chiammatore

‘O Chiammmatore,.era un antichissimo mestiere, che consisteva, specie in campagna, nel fattorie o nei cosiddetti casali (agglomerati di primordiali casupole di campagna, dove dormivano e vivevano i bifolchi che vevivano a lavorare terre lontane fuori città) a chiamare i compagni contadini al lavoro.
Tale incarico era ricompensato da pochi centesimi e rappresentava un surrogato della sveglia, per cui 
" 'O Chiammatore" era un sorta di caporale di giornata sia nell'intera stagione agricola, sia nell’ambito della raccolta stagionale dei prodotti ortofrutticoli.
Altro significato nella lingua napoletana  del 
" 'O Chiammatore" è contraddistinto da colui, che ha il compito di indicare con quale compagno desidera accoppiarsi  nei giuochi delle carte  da gioco napoletane come:
(’o Tressette,        (Gioco di carte con quattro persone)
('o Quadrigliano o Tre a Chiammà) ( Gioco di carte con quattro persone)
(’o Tramme)         (Gioco di carte con cinque persone)
(’a Calabresella)  (Gioco di carte con tre persone)
Il ruolo del 'O Chiammatore , consiste che, quando chiama, indica, con la chiamata, che desidera andare a coppia con il possessore (il tre del palo che rafforza il suo gioco), che diventerà il suo socio o meglio compagno di gioco in quella partita (se si sta giocando a tressete, a " ‘o tramme", a  " ‘a calabresella") o in quella sola sfogliata (se si sta giocando al quadrigliano).

venerdì 23 novembre 2007

'O Chianchiere

'O Chianchiere è il Beccaio, il Macellaio.

Beccaio , macellaio



Il venditore di carni fresche macellate in negozi attrezzati con un bancone alto e spazioso ( 'a Chianca), con a lato un grosso ceppo di legno, poggiante su tre piedi anch'essi di legno (Descheraio), dove si tagliava i pezzi più grossi in fettine o ritagli più piccoli, come lo spezzatino e dove si spezzavano le ossa dell'animale, utilizzando una serie di coltelli e coltellacci.
Era un mestiere qualificato e consisteva nel saper sfasciare l'animale macellato in pezzi privi di grasso e di cotica e farne bella mostra appesi a dei ganci  o su grossi piatti d'acciaio.
Fino all'avvento delle tritacarni elettriche si utilizzavano per tritare i pezzi di carne, meno pregiati, da vendere per fare polpette o per confezionare (salsicce, cervellatine o salame) dei tritacarne manuali a forma di passatutto con una cinghia.collegata ad una manovella, che gli imprimeva un ruotare meccanico.
Nella Chianca (così era chiamata l'odierna beccheria ed il suo nome, di origine greca, sta ad indicare una superficie piana o tavola imbandita di carni fresche macellate) si vedevano, nel passato, le famose
"vessiche 'e 'zogna" appese, sia nell'interno, che sull’uscio del negozio a fare bella mostra, quasi a dire che s'era macellato un maiale da poco.
Tali vesciche di sugna non erano altro che il lardo del maiale, prima liquefatto(squagliate) sul fuoco in una apposita pentola, diventato sugna (Strutto) e poi raffreddato in vasi di terracotta ed immessi in queste specie di otri, note come (‘e Vessiche).
Oltre alla sugna si ottenevano dei residui dal lardo liquefatto, "' e Cicule " ( i ciccioli), che ammassati in pezzature tonde, si utilizzavano per farcire :
'e casatielle,‘e tortani ed 'e taralle 'nzogne e pepe
Le carni, che si vendevano nella Chianca, erano di tre tipi :
Rossa
( quella  'e vetielle, 'e vetelline, 'e vitellone, 'e annecchia),
che viene venduta come I° taglio è costa un po' di più,
 quando è tagliata come ( 'a fettina, 'a palettela, 'a culardella,
 'o piezze 'a canniello (pe' fa' 'e cutalette), 'o lacierte, 'o pulecenelle
  Alcune chianche se lo fanno pagare un po di più  si tratta dei
Primme Taglie,  ('o filette ed 'o controfilette);
Costano di meno perchè meno pregiato la carne di:
Secondo Taglio   ('o spezzatine, 'o muschele, a curazza, 'a pettele ‘e
Spalle ,
che se tritata viene utilizzata per cucinare polpette o imbottiture per lasagne e per fare sughi alla bolognese o alla matriciana.
Bianca ( Carne di pollame vario, quali polli, tacchini ,struzzi)
Rosea
(la carne di maiale) che viene venduta  come :
( 'o filetto, 'a fettine,'e custatelle, 'e tracchiulelle,
'a gallenelle, 'o prusciutte e'a locene).
Quest'ultimi pezzi, se insaccati ed immessi (dint' ‘e stentenielle),
diventano (sasicce, cervellate e cervellatine
oppure (salame e supressate).
A proposito di Chianca si deve anche ricordare che esse rappresentavano specifiche località della città, di Napoli, come quella, che resiste tuttora " 'E CHIANCHE 'A CARITA' ", che era situata a monte dell'omonima piazza

martedì 20 novembre 2007

'E Gioielle d' 'a Chiesa 'e Sant'Anna 'e Lombarde




‘ E Gioielle D’ ‘A Chiesa ‘E S.Anna ‘e Lombarde


( noti pure il Compianto del Cristo del Mazzoni
ed il Refettorio del Vasari)



Questa volta più di una curiosità storica, desidero farvi conoscere alcune delle tante bellezze artistiche e culturali della nostra amatissima Napoli, nascoste e quasi dimenticate, in una delle tante chiese da ristrutturare, purtroppo, non facilmente usufruibili per l’incuria e la cecità di chi sovrintende al ricchissimo patrimonio dei beni culturali ed architettonici della nostra Città.




Ingresso della chiesa di S. Maria a Momteoliveto o S. Anna deui Lombardi


Sto per iniziare a parlarvi della Chiesa Monumentale di S. Anna dei Lombardi a Napoli, che si trova precisamente a Piazzetta Monteoliveto, attaccata alla Caserma Pastrengo della benemerita Arma dei Carabinieri, nei pressi di Piazza Carità.
Originariamente era conosciuta come “ La chiesa di S. Maria di Monteoliveto e fu fatta costruire nel 1411 per volere del Protonotario del Re , Ladislao di Durazzo, Gurello Origlia, con annesso un convento, e fu affidata ai monaci Olivetani.(gli Olivetani erano famosi a quell’epoca, anche fuori del regno Napoletano, per gli ottimi prodotti che fabbricavano nella loro spezialeria, come il sapone, noto per la sua bontà e delicatezza sull’epidermide, tanto che era venduto a 24 carlini la libbra, cifra notevole per simile spezia
Dopo la cacciata dei monaci olivetani, per volere di Ferdinando di Borbone, quando ritornò a potere nel 1805, perché li ritenne collusi con la Repubblica Partenopea , il complesso monumentale passò alla confraternita di S. Anna dei Lombardi, che aveva avuto la propria chiesa, che era dislocata nelle adiacenze, semidistrutta, a seguito del terremoto del 1798
Della Facciata originale resta solo il basamento dopo un primo rifacimento fatto nel Seicento, e dopo le devastazioni del bombardamento dell’ultimo conflitto mondiale, si è provveduto a restaurare per il momento l’ingresso, il “bell’Arco Catalano”, che la contraddistingueva e riproponendo nel 1955, ad opera di Salvatore Vecchione, la stessa lignea porta, un attento rifacimento perfetto dell’originale.
Il complesso fu particolarmente caro alla dinastia Aragonese, soprattutto al Re Afonso II d’Aragona ed ai più stretti collaboratori della casa reale , come il Piccolomini, Duca d’Amalfi, e Marino Curiale, che fecero erigere cappelle, altari e sepolcri, arricchiti poi nei secoli successivi da opere pittoriche (come affreschi del Vasari, di Pedro Rubiales, di Malinconico e di Solvimene) ed opere di scultura , ritenute il meglio dell’arte Rinascimentale Napoletana.

Tra i capolavori, che si trovano nella Chiesa di Monteoliveto, vi è il Grande gruppo suggestivo dello scultore Guido Mazzoni da Modena (noto pure come il Modenino),




            IL COMPLESSO DEL COMPIANTO DEL CRISTO MORTO




composto, originariamente, da Nove figure a grandezza naturale in una drammatica deposizione del Cristo morto.(ora se ne possono ammirare solo otto)



L’opera si trova sull’altare della cappella Origlia e ricalca altri due simili gruppi lavorati da Guido Mazzoni nella sua Modena ed a Padova (Busseto) e s’identificano come la pietà, mentre il gruppo napoletano, allestito in terracotta policroma a Napoli nel 1492, è detto



 “ il compianto del Cristo”, poiché contiene espressioni realistiche di personaggi raffiguranti, figure celebri napoletane contemporanee dell’artista, quali il Re Alfonso II d’Aragona, Giovanni Pontano, Jacopo Sannazaro, Lucrezia D’Alagno (la favorita del Re Alfonso il Magnanimo), che interpretano la scena con un atteggiamento implorante, come pure lo sguardo, rivolto verso il cielo, della madonna, quasi a dire : “sia fatta la volontà di dio”



L’altro Gioiello che si può ammirare nella chiesa



di Sant’Anna dei Lombardi, è l’antico Refettorio dei Monaci Olivetani , poi divenuto sacrestia ed oggi sala di riunioni della Confraternita dei Lombardi , affrescato con opere pittoriche di primaria importanza dall’ aretino Giorgio Vasari .


Sacrestia affrescata del vasari nella chiesa di S. Maria di monteoliveto



Il Vasari, con la collaborazione di Raffaelino del Colle, adattò le volte, un tempo gotiche , a grottesche crociere che terminano in tre zone, ognuna delle quali è dedicata
 alla Fede, alla Religione ed all’Eternità, quasi a ricordare ai monaci che lì mangiavano, ciò che era richiesto alla loro vista per raggiungere la perfezione. Le pareti, infine, sono attorniati da meravigliosi stalli in tarsia lignea, prodotti da Giovanni da Verona , che riproducono alcuni monumenti rinascimentali di Napoli , compresa la facciata originale della chiesa stessa, che addobavano la chiesa di S. Anna dei Lombardi, semidistrutta a seguito del terremoto del 1798 e collocati  lì, per preservarli nel 1805 dal Re Borbone al suo rientro a Napoli dall'esilio  di Palermo


Tomba del grande architetto Ingegnere
                      Domenico Fontana  nell'atrio
                     della chiesa S.Maria degli Olivetani
a

Il mito di Proteo


Chi era Proteo



Proteo, ministro di Poseidone, era considerato il pastore delle greggi marine



Vuoi conoscere chi era Proteo, come trascorreva le sue giornate e come faceva le sue mitiche trasformazioni per sottrarsi, poiché era dotato del dono della profezia, a chi lo interrogava di non rilevargli il futuro.

                           EccoVi ……..accontentato.

Proteo era un Dio del mare, un profetico ministro di Nettuno, incaricato di far pascolare i branchi di foche ed altre greggi marine nei pressi dell’isola di Faro, vicino alla foce del fiume Nilo.


 
Proteo il vecchio Re del mare (incisione del 1531)


Psamate (la nereide moglie di Proteo  figlia di Nereo)
 in un particolare di un dinos risalente al 450 a.c.




 Era noto anche come il vecchio del Mare, nato dalle acque il cui nome sembra una forma arcaica di Protogonos (nato per primo).
La moglie di Proteo fu Psamate, che era figlia di Nereo, che gli dette due figli, Teoclimeno, che divenne anch’egli alla morte del padre un indovino e Idonea, conosciuta anche come Eidote, che svela a Menelao, come costringere il padre a svelargli dove era Elena e ad indicargli la strada del ritorno.
Proteo, come il suocero Nereo, era dotato del potere di trasformarsi in qualsiasi specie d’animale e di essere vivente, anche vegetale e prenderne le loro sembianze, pur di sottrarsi alle domande postegli dai mortali, che desideravano conoscere la verità ed il loro futuro.
Proteo era capace di creare anche fantasmi, come si diceva che vi riuscì, quando fece credere a Paride, di recare con se la bella Elena nel ritorno a Troia, mentre in realtà Elena non era altro che un magico fantasma, creato dallo stesso vecchio del mare e modellato da Giunone per punire il troiano per l’affronto fattele nello scegliere Venere, quale dea della bellezza.
L’originale di Elena, per voler di Mercurio, fu trattenuto sull’isola di Faro da Proteo, che fu ben lieto di punire in questo modo Paride, dopo, che aveva riservato agli insoliti amanti una benevole accoglienza.
Il suo ingannevole operare ebbe origine, perché rimase indignato per il tradimento perpetrato ai danni di Menelao, dopo che venne a coscienza della tresca tra Elena ed il suo rapitore.
Finita la guerra di Troia, Menelao, saputo della vera sorte della moglie Elena, si portò nei pressi dell’isola di Faro e grazie all’aiuto di Idonea, o Eidotea figlia prediletta di Proteo, che era a conoscenza delle veloci trasformazioni del padre in vari esseri, gli suggerì di non spaventarsi ed afferrato una volta il vecchio re del mare, non doveva mollarlo e così avrebbe saputo dove era custodita Elena ed avrebbe potuto conoscere cosa fare per ritornare alla sua Sparta.
Il vecchio una volta immobilizzato, parlò e svelò a Menelao le incombenze da farsi, come quella di sacrificare a Giove e così avrebbe potuto abbracciare la sua sposa e fare un felice ritorno.

Questa leggenda mitologica ci fa capire che senza scervellarsi più di tanto, che per venire a capo della verità, bisogna superare ostacoli spesso di difficile soluzione, ma per risolverli basta  ragionare in modo semplice e con l’esperienza della propria esistenza e con molta tenacia senza abbattersi. A tutto c’è rimedio.

domenica 18 novembre 2007

'O Cucchiere

'O Cucchiere non è altro il Cocchiere. il Vetturino.
Il cocchiere ( il vetturino di carrozzella)
 
Mestiere che si svolge guidando il cocchio( la vettura) od una carrozza signorile con cappotta a mantice, (cappotta, che si utilizzava per riparare i trasportati dal sole e dalla pioggia).

Cocchiere di affitto
'O Cucchiere, se esercitava il suo mestiere per servizio pubblico con una carrozzella, tirata da un solo cavallo, era chiamato "Cucchier’ affitte",
mentre se esercitava il mestiere a servizio privato veniva definito " Cucchiere appatrunate".
Infine nell'Ottocento "O Cucchiere" delle carrozze con più cavalli,  per lo più quattro, note come gli "Omnibus" (carrozza per tutti) erano detti " ‘e Trainieri".

Carrozze omnibus detti pure Trainieri.


’O Cucchier' affitte" si potrebbe identificare come il moderno tassista e generalmente lo si poteva trovare, perché sostava, in qualche piazza principale o vicino a qualche albergo o nei pressi delle stazioni ferroviarie o delle funicolari
Nei racconti dei passeggeri di carrozzelle:
o Cucchier' affitte , era sinonimo di persona maleducata, giusto come ci dice, il noto modo di dire:
 "'O Cucchier' affitte: te piglie—cu' 'occellenza,
e te lascie cu' chi t' 'e muorte
",
era il modo per dire che per invogliare i viandanti a prendere la carrozzella il cocchiere era tutto ossequioso, dava a tutti il titolo di " Eccellenza" ma, poiché allungava il percorso, andando per vichi e vicarielli, litigava dopo per la tariffa alta, che richiedeva

sabato 17 novembre 2007

'O Cappellare

'O Cappellare in italiano non è altro che il Cappellaio,
chi fabbrica e vende cappelli di varia foggia e varia tipologia.
Una volta 'e cappielle, che si confezionavano erano :
ESTIVI   (le cosiddette pagliette), perché erano fatte di paglia e si era soliti “'ngegnarsele” od ad utilizzarle in primavera, sfoggiandole lungo una duratura passeggiata  nella ricorrenza della festività di San Giuseppe  ( il 19 marzo) nella strada di  Via Medina a Napoli nei pressi del Maschio Angioino.

Paglietta ( cappello estivo  di paglia)
  

INVERNALI , che erano confezionati con stoffa pesante,
per ripararsi dal freddo, tra i più utilizzati c'erano :
Cappello basco , detto comunemente 'o piripisse

('o Piripisse = Basque o basco, di origine spagnola)


Cappello di lana , noto come il Mefisto


( ‘o Cappielle 'e Lane = Mefisto, usato specie nel letto dalle persone anziane)




'E CEREMMONIE  tra i quali si annoverano :

Cappelo  a clindro ( lo staio)


‘o Cilindre =  lo Staio -,


cappello a Bombetta
 
'a Bumbetta = la  Tuba 




Cappelli 'e Uniformi=

Carabinieri con cappelli dette feluche


 'a Feluca ((il cappello di carabiniere)



Elmetto ( cappello da vigile urbano)



 l' Elmetto (il cappello dei vigili )- 


Un discorso  a parte va fatto per i Cappelli  ecclesiastici dove incontriamo:
il cappello a tre punte (il Nicchio) = il cappello da prete dei parroci).
infine la cosiddeta 'a scazzetta de' Monsignori ,(evonimo)
utilizzata do' Vescove, do' Cardinale.
Un'artigiano della famiglia dei cappellare è 'o cuppulare, che predilige confezionare berretti, berrettini, fez sia di stoffa che di lana.
L'articolo pero da cui a preso il nome è   'a Coppela,
 cappello di stoffa con visiera per poter meglio guardare e vedere lontano, specie, quando c'è il sole.
In gergo napoletano 'O Cuppulare è anche sinonimo
di uomo truce, di sgherro, di guappo.

venerdì 16 novembre 2007

'O Cevezare o Ceuzare

'O Ceuzare era il venditore ambulante di gelse.
'O ceuzaro ( venditore di gelse)

 
Le gelse ('e Ceuze) frutto originario del Giappone, piantato in Italia per l'allevamento del baco da seta, che si alimentava mangiando le gelse.
 Le migliori piantagioni erano stato poste quasi tutte nella zona di Terzigno, Comune dell’entroterra Napoletano, per cui nelle buone stagioni di buon mattino s'incontravano per i vicoli e le stradine di Napoli i contadini di quelle terre a vendere con le loro grandi ceste, tappezzate di un verde strato di foglie di viti, contenente gelse appena colte.
Le gelse ( 'e ceuze) possono essere di due colori bianche e nere.
Le bianche vendute al grido di :
Pianta di Gelse ( 'e ceuze)

Ceuze ( gelse) mature



" Ceuze annevate, a 'nu ranille 'o quarte, ca squisitezze.
"
( gelse annevate, perché ancora ricoperte della brina mattutina dei campi, al costo di un grano (moneta di rame) al quarto, che dolcezza).
Le nere al grido di:
Ceuze nere in maturazione

Ceuze ( gelse ) nere matureda mangiare




"Pascariello! tene 'o mèle e te pitte 'e russe 'o musse, ca ciucculata!
( Pasqualino ha il miele, ti fa tingere le labbra della bocca di rosso come il rossetto, che cioccalata).
Una leggenda ( dalle metamorfosi di Ovidio, nota ,come la storia di Piramo e Tisbe) dice che le gelse nere, che danno un succo di color rosso vinaccia, non sono altro che gelse bianche, che si trasformarono a seguito del sangue dei due innamorati, che impregnarono le radici della pianta, quando si tolsero la vita per coronare il loro sogno d’amore impedito.
Il venditore ambulante di gelse nere proveniente da Terzigno, Cevezajuole o Ceuzare, nell’Idioma napoletano ha anche un significato dispregiativo, nel senso di persona cafona, furba, pericolsa, che veste cencioso, senza scrupoli.
Quando un bambino è alquanto terribile, irrequieto si dice che
tene ‘e Ceuze ’ncuorpe , è ‘nu cevezajuole“ 
( per definirlo un bambino vivace, irrequieto.

mercoledì 14 novembre 2007

'O Carnacuttare


'o carnacuttaro ( il trippaio)



‘ O Carnacuttare non è altro che il (trippaio),
venditore di trippa e di carni cotte.
 I suoi prodotti sono la parte dura dello stomaco di un bovino come:
Callo di trippa


( 'o Call' e trippe), l'intestino 


( 'o Cientepelle), le frattaglie cotte,

nonché, sempre cotti, ma con i piedi ed il muso del maiale 
Pere e 'o musse

('o Pere e 'o musse),  i piedi ed il muso del maiale puliti da peli e cotti, trattati, poi, con sale che fuoriesce dal un corno d’osso e con una abbondante spremuta di limone.
negozio della carnacotta
In passato fino agli anni sessanta si poteva gustare in botteghe apposite dette della carnacotta la zuppa di carne cotta in bianco, fatta di frattaglie e  di trippa servita su una Fresella ( biscotto di pane duro), 
Freselle per carnacotta

 mentre se la zuppa era in rosso, il cosiddetto (‘o Zoffritto

'o zuffritte (lo soffritto)

si trattava di mangiare le Freselle condite con salsa fatta di peperoncini rossi forti.

Diciamo ancora che: "La vera carnacotta" è quella che ti brucia il palato e ti scalda lo stomaco e ti carica di energia.".
 Un rinomato ritrovo o punto di vendita tra i più noti, dove si poteva gustare, fino agli anni sessanta con solo 300 lire, una fumante  scodella  o meglio un abbondante piatto di "zuppa 'e carnacotta" era  situato nel Vico Casciari al Pendino, adiacenze di Piazza Mercato a Napoli,
Un'altro punto di vendita, una volta, si trovava sotto Port'Alba dal lato di Piazza Bellini, esattamente dopo la Pizzeria Port'Alba, prima della Libreria Guida, per entrare bisognava salire delle scale, che immettevano in questo luogo, diciamo ristoratore, frequentato molto dagli operai: 'e fravcature, 'e puverielle, insomma dal ceto povero, perchè era un piatto  di questo gustoso  sapore "carne cotta" che era il solo ad  un basso costo.
Il carnacuttaro, (il trippaio) personaggio, un tempo, immancabile nei quartieri più popolari del capoluogo partenopeo, è una figura quasi del tutto scomparsa, sopravvive nell'immaginario collettivo dei soli  Napoletani anziani. 
Oggi è possibile vivere quest'esperienza, sedersi e gustare un po' di carnacotta, recandosi dal famoso carnacuttaro "Fiorenzano alla Pignasecca", sempre a Napoli, dove, oltre alla vetrinetta affacciata sulla strada col classico "pere 'e 'o musso", in bella vista, è ancora , durante il periodo invernale,  sedendosi gustarsi un piatto di "zuppa 'e carnecotta" tirata fuori da un pentolone magico, naturalmente in questo caso di magico ci sono solo profumi e sapori, nessuna sorpresa.
 

Un tempo non molto lontano era noto nei stessi vicoli di Napoli "Ciccio 'O Stentenielle" ,che con un carrettino pittoresco trainato da un cane al grido di :
" S'arrobbane 'e piatte, s'arrobbane 'e piatte" .
con i suoi prodotti riusciva a sfamare operai ed artigiani durante la pausa di mezzogiorno con un minimo esborso con i suoi lampredotti ripieni (interiora di agnelli, puliti, arrotolati e cotti con grasso di maiale condito con pomodori e spezie), chiamati ' e Turcenielle
  'E Carnacuttare, potevano annoverare due sottospecie di venditori:
‘ 0 Cutecare ( venditore di Cotiche) che andava girando al grido:
Cavaliè, ‘e perz’ ‘a valanza, a 'nu carrino ‘a cotena, ‘a tracchia ‘e ll’ossa: “
“ Cavaliere, ha smarrito la bilancia, con un Carrino (antica moneta di rame) ti dà una Cotica, una Tracchia ( un costereccio di maiale) e le Ossa (per fare un ottimo brodo)””
“‘O Purmunare “( venditore di polmoni a frattaglie e carni scadenti ad uso per i gatti).

lunedì 12 novembre 2007

'O Cepullare


'O Cepullare, antico mestiere agricolo  era il Cipollaio.
Era anche  un venditore ambulante di cipolle insieme ad agli,  e per vendere i suoi prodotti andava gridando per le strade  della città per le cipolle :
Comme so' belle overe ' e cepolle da ' Rocca              
 ( Roccarainola) !"
 "'E donghe due chilò tre sorde" -
 " So' chelle ca fanne chiagnere senza mazzate, Cepolle, cepò'!"
Cipolle di Roccarainola



e per gli agli:
 "Nzertate l'aglie pa' vernata !".
ed altre voci come
" Guardate ca cape d'aglie, so chelle da' a Afravola (Afragola). 
agli di Afragola

Questi due ingredienti essenziali per insaporire la maggior parte di salse e pietanze venivano anche mangiate da soli col pane (in un recente non lontano passato) dalla povera gente, che ironicamente specie la cipolla veniva chiamata
('na bella muzzarella cu' 'o pane )

domenica 11 novembre 2007

'O Cardalane

'O Cardalane  detto pure Scardassiere altro non è che lo Scardassatore.
Mestiere esercitato da un lavoratore ambulante, che prestava la sua opera a domicilio di famiglie popolane, che utilizzavano materassi di lana al grido di :
"Allargateve a Lana pe' Matarazze, sta ' o Cardalane"
Questo lavoro era necessario una volta all'anno e consisteva nel dover allargare e rendere soffice nuovamente le nuvolette di lana,  nel frattempo ammassatesi, (contenute nei materassi,  ormai divenuti duri sotto il corpo), adoperando uno strumento particolare lo (Scardasso),
Lo Scardasso è una strumento composto di due tavole strane ricurve, che si intersecano poggiondo l'una sull'altra con chiodi  da fachiro, dove si fa passare la lana ammassata, affinché si sfilaccia e diventa, allargata, di nuovo soffice e pomposa.
 Attualmente 'O Cardalane (lo scardassatore) è un mestiere finito, perché ormai i materassi,  che vengono utilizzati, sono per la maggior parte di gomma piuma o di mastice, comunque lo si può ancora incontrare  soprattutto in qualche paesino dell'entroterra napoletano.

sabato 10 novembre 2007

'O Canzuniere

'O Canzuniere era un tempo non lontano il venditore ambulante di testi di canzoni, le cosiddette "Copielle".
‘E Copielle spesso oltre ai versi della canzone contenevano stampate anche le note su un pentagramma da 4 o 6 riga con numeri iscritti su di esse per indicare la posizione della dita sulla tastiera o del mandolino o della chitarra e diventano degli spartiti per i suonatori ad orecchio di tali strumenti.. 
Cupiella di una canzone ( 'o surdate 'nnammurate)
 Erano essenziali, perché richiesti per propagandare e far diventare popolari le canzoni cantate durante la Festa di Piedigrotta, in cui v'era l'esibizioni dei nuovi prodotti canori.
Si ha notizia che la Canzone "Funiculì funiculà" venne stampata in un milione di copielle e poi ristampata e infine dai canzonieri portata in ogni angolo di Napoli e forse anche in tutta Italia ed all'estero.
Un Canzuniere celebre, fu il compianto Jorio, che aveva il suo magazzino all'aperto, situato in Largo Piazza Carità fuori ad un portone, dove si potevano trovare le celeberrime Copielle. Un buon Jorio le metteva appese con mollette, esposte su una cordicella per i panni, fissata sul muro adiacente il palazzo con due chiodi.

'O Calonze


'O Calonze non è altro che il mestiere di fare il Palo, il Basista (nel Gergo della camorra).
Queste mestiere, generalmente è svolto da tipacci appartenenti alla camorra,( come quello di fungere a fare gli avventori) (i compari) che si approssimanoi al banchetto del gioco delle TRE CARTE per fare da uccelli di richiamo puntando sulle carte sbagliate od che si accompagnano al ladro di destrezza nelle sue incursioni per il BOSCO, (dove …il Bosco era via Toledo) per rubare borse, portafogli, telefonini, orologi da polso, un tempo anche catenine o bracciali d'oro.


Nino Taranto è il calonze ( il palo) nel film ( totò truffa 62)



 'o Calonze è anche il complice del venditore di orologi rolex all'auto grill sull'auitostrada, quindi è  il compare che si finge interessato allì'acquisto dell'ultimo I-phone che poi si rileverà un pacco, è anche  il compare che fa da  spalla al banditore del banchetto delle tre carte  creando confusione che c'è una grossa possibilità di far fortuna puntando sulla carta vincente. Calonze è pure il palo, impersonificata nel film (Totò Truffa 62) da Nino Taranto, fa la spalla a Totò, quando l'aiuta a vendere la fontana di Trevi.







'O Calliste

'O Calliste era il chirurgo di Calli, attualmente si chiama Podologo o Pedicure. 
Podologo ( callista)

 Mestiere esercitato  una volta da una sorta di infermiere dilettante.
ll suo compito era quello di estirpare calli, radici e duroni dalle dita dei piedi del paziente, utilizzando piccoli coltelli affilati, come bisturi.
Nella sua abitazione, che fungeva da ambulatorio, per farsi propaganda e per dimostrare la sua abilità, in una piccolo tabernacolo facevano bella mostra grandi calli estirpati rinsecchiti, tolti (a suo dire) senza provocare la minima pena, né dolore.
Ricorrevano al Callista specie le donne per poter calzare meglio le scarpe a punta o a zoccoletti.

giovedì 8 novembre 2007

'O Cerasare

'O Cerasare non è altro che il Ciliegiaio, il.coltivatore, il raccoglitore ed il venditore di ciliegie. 
ramo di ciliege mature
 
Per coltivare e produrre le ciliegie occorre innanzitutto un'esperienza decennale, bisogna sapere su quale terreno piantare l'albero del ciliegio, perché occorre un terreno umido e calcareo, formatosi su accumulo di zone tufacee e senza argilla.
 In secondo luogo saperle cogliere all'atto della loro maturazione senza distruggere le gemma del fiore, che dovrà generare il nuovo frutto l'anno seguente, per cui necessita fare la raccolta ('a Coveta) con una mano da esperto raccoglitore, che non si può inventare all'occorrenza.
La vendita, anch'essa importante, sta nel presentare le ciliege con il gambo verde ( indica la freschezza) in cestini, selezionando la 1^ scelta senza mischiare con le più piccole (‘a cuppatura), di scarso valore e diversa pezzatura. 
Ciliegia, qualità  "Arecca "

 A proposito di qualità la migliore è " Arecca", che viene coltivata alle falde della collina dei Camaldoli nel versante di Chiaiano e di Marano nell'ormai famosa zona, nota come “'ncopp' 'o Russillo."
La ciliegia “ Arecca” prende il nome dalla collinetta maranese dove l'albero cresce fin dal XVI secolo.
Il mese della sua maturazione ottimale, quando raggiunge il bel colore rosa-pallido e diventa un frutto duro, carnoso e bianco, è Giugno. 

Il Logo del Comune di Marano di Napoli -  l'albero di Ciliegio

   Si racconta che l'albero fu importato dall'amante del re di Spagna, Caterina Manriquez, quando fu cacciata da Madrid a seguito della scoperta della sua tresca, ad opera della regina, e fu spedita a Marano col titolo di principessa. Caterina Manriquez, per non dimenticare la sua terra, portò con sé una dozzina di alberelli di ciliegio, quella della qualità “Arecca”.
Proverbi e detti ci ricordano le ciliege come pure le voci gridate dai fruttivendoli :.
"So' senza passeggiere e ffaje ddoje morze l'una ! "
"'E rumpe cu' 'o zuocchele ………'sti cerase “'
"'E Cerase 'e Chiaiano ! "Manjateche 'e cerase!"
.Il detto chi non lo conosce? "'A trubbeja d' 'e cerase"
Il temporale delle ciliege quando si verifica, sta a significare che sta per arrivare la raccolta delle ciliege, perché sono diventate mature
Il proverbio"'E cerase so' comm' 'e chiacchiere una tira l'auta.".
(Le ciliegie sono come i discorsi uno tiro l'altro).
Per completezza d'informazione è d'obbligo ricordare che la ciliegia è originaria dell'Asia Minore ed è coltivata in tutte le regioni europee, ma le qualità migliore si ottengono qui, in Campania, oltre alla citata
 "Arecca" (che si può conservare sotto spirito) , vi è
 "l' Amarasca" (per fare il liquore maraschino) e "l'Amarena" per confezionare delle ottime marmellate.
' E cerase contengono 10% di zucchero, sono ricche di potassio ed sono ricche di vitamina C.
Nun ve scurdate, ogne anno :"Magnateve 'e cerase "