domenica 20 agosto 2023

Seguito della storia vera dell'anello d'oro dei Vacca

 

Vincenzo Vacca

Nacque a Napoli il 5 febbraio 1910, nell’appartamento dei suoi genitori, Antonio Vacca e Maria Siciliani, ubicato in Via Mercato del grano, nei pressi di piazza Municipio. Dopo la morte della madre, Maria Siciliani, avente appena l’età di sette anni, fu rinchiuso, per volere dello zio Luigi Vacca, nell’albergo dei poveri di Piazza Carlo III, dove rimase per ben due anni, come il tempo occorrente per fare il militare, (come lui giustificava nei suoi racconti personali).  Il tremendo tempo trascorso di sofferenza e privazioni di quel periodo spesso lo ricordava raccontando che lì apprese i primi rudimenti scolastici, le grandi passeggiate lungo via Foria fino al Museo senza mai arrivare o vedere Piazza Dante, e la sua prestazione, quando era stato utilizzato per l’estrazione ufficiale settimanale, per il gioco del lotto, dei cinque numeri, che erano tondini di metallo, (posti in un’esatta urna, che ne conteneva 90^). Dopo la parentesi del Reclusorio, visse l’adolescenza con la Nonna, Pasqualina Durante, nel borgo, Casale di Posillipo, con il cugino-zio Giuseppe Rumolo, (fratello minore del marito di zia Rosa Siciliani).  Dopo l’esperienza del Reclusorio, Vincenzo Vacca visse con la nonna la sua adolescenza posillipina serenamente e con gioia riuscendo a conseguire la licenza elementare e durante l’estate iniziò a imparare qualche mestiere.  Tra i tanti fu attratto da quello della musica, tanto che la sua diletta nonna, lo portò al negozio di strumenti musicali, De Falco, di Via San Sebastiano, al centro di Napoli, suo conoscente, per soddisfare le inclinazioni del ragazzo, forse per l’ascendenza del padre Antonio, che era musicista.                                                                             Il negozio musicale del De Falco vendeva vari strumenti a corde classici napoletani, specialmente mandolini, chitarre, violini, contrabassi, ma anche pianoforti, armonium e fisarmoniche. Tale negozio musicale comprendeva anche un mini-laboratorio su un sovrastante stanzone, al quale si accedeva con una scala interna, in esso si facevano riparazioni e costruzioni, su richieste, degli stessi strumenti  a corda da eccellenti maestri liutai, dai quali il giovane, Vincenzo, entusiasta, imparò con grande predisposizione e abilità la loro arte, quella del liutaio ebanista.

 

        

Morta la Nonna, Durante Pasqualina, il1/6/1928, il giovane Vincenzino, per stare nei pressi del negozio del De falco, dove lavorava e si guadagnava da vivere, cercò una nuova sistemazione abitativa. Portando con sé, come ricordo della nonna, Pasqualina, un quadro della Madonna, che aveva degli occhi particolari, che parevano guardassero ovunque uno si metteva (ora il quadro lo possiede Vacca Renato, come ricordo del padre Vincenzo) e ‘nu cumuncino, un piccolo comò di legno, dove erano sistemati, qualche abito, il necessario intimo di ricambio e le foto di famiglia e un vocabolario d'italiano, comprato dal Marito, Siciliani Luigi, quando era maresciallo, dei carabinieri a Bologna. La nuova sistemazione abitativa, Vincenzo, l’ebbe prendendo una camera dallo Zio Luigi, che a quell’epoca svolgeva come attività esistenziale, il Fittacamere. Le camere in locazione temporanea erano situate nei pressi  della Posta Centrale di Napoli.  Il giovane Vincenzo, con il modesto salario, che riceveva dal proprietario del negozio di strumenti musicali, con l’aggiunta della sua quota della pensione, che riceveva come orfano di guerra del padre, si sistemò, così, presso una camera dello zio Luigi, pagando una retta mensile, che comprendeva, oltre al fitto della camera anche il vitto per mangiare e cenare presso la famiglia dello stesso.  La vita, intanto, procedeva senza sosta alcuna, finché un bel giorno Vincenzo, dopo varie cotte amorose senza successo, conobbe una giovane donna, Rusciano Teresa, che era andata nel negozio di strumenti, De Falco, per acquistare delle corde di violino per suo padre, Giovanni Rusciano, (musicista violinista per passione), che si dilettava a suonare tale strumento nella sua Osteria, esistente nel borgo di Polvica di Chiaiano. Giovanni Rusciano, era un ottimo sensale di prodotti fruttiferi alimentari e si dilettava a suonare con il violino partecipando a varie cerimonie religiose, come matrimoni, messe cantate, novene e ricorrenze particolari, nella locale chiesa di San Nicola, di Chiaiano, dove viveva e risiedeva con la sua famiglia.  Giovanni Rusciano, diventato il suocero di Vacca Vincenzo, all'epoca era conosciuto pure, con il nomignolo, O Prufessore Asse 'e Coppe, ed era anche famoso con l'incarico di capo indiscusso dei Muschilli, movimento politico nascente italiano di Chiaiano, rappresentante la sinistra, che riusciva a riunire la maggioranza dei giovani del contado chiaianese con la musica, insegnando, a chi teneva orecchio, a suonare il mandolino o il violino con il famoso metodo dei numeri, come il sistema "Bontempi" attuale.

Giovanni Rusciano, alias “'O Prufessore Asse 'e Coppe”, quindi sapeva di politica, perché spesso andava e veniva nella città di Napoli per esercitare il suo mestiere, dove s'informava e trasmetteva, poi, ai suoi allievi i grandi ideali di libertà, di giustizia.  Nello stesso tempo con semplici discorsi convincenti, inculcava un senso di speranza ai lavoratori, frequentatori della sua cantina, specie ai giovani, un avvenire migliore e di non disperarsi, perché ci sarebbe stato sicuramente un cambiamento ai soprusi dei notabili e alle angarie dei padroni terrieri locali dell’epoca.  

Principi, che dopo la sua morte, alla nascita della Repubblica Italiana, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, furono ripresi, adottati e proposti dai suoi concittadini del borgo di Polvica, e infine continuati da un suo discendente, che divenne con forza e con coraggioso impegno, negli anni settanta fino alla fine del secolo, la bandiera del grande partito di Sinistra, quello dei Comunisti Italiani. Il suocero di Vincenzo Vacca, Giovanni Rusciano, era sposato con Martino Camilla, originaria di Marano di Napoli, che aveva conosciuto nelle sue incursioni campagnole con la quale procreò ben sette figli, Pasqualino, Castrese, Matilde, Teresa, Giuseppe e Giovannina.   Vacca Vincenzo, quindi innamorato perdutamente di Teresa, figlia di Giovanni Rusciano dopo un breve fidanzamento con lei,  la sposò nel 1932, trasferendosi definitivamente nel paese natio di Lei, esattamente nella borgata di Polvica del Comune, Chiaiano e Uniti, nel palazzo in via Barone, al 19^.

L’abitazione era composta di due camere al primo piano a sinistra del palazzo, che spaziava su una terrazza, dove il suocero Giovanni Rusciano, noto come “ (‘O Prufessore Asse ‘E Coppe) ”, come regalo di nozze, aveva fatto piantare nel cortile sottostante il palazzo, delle piante d’uva, una bianca, A Falanghina, e una nera, A Piede 'E Palummo.        Gli stralci di tali piante d’uva, crescendo i rami con un folto fogliame, dopo qualche anno poterono arrivare fino su all’appartamento, in modo che oltre a fare da copertura del terrazzo, si riusciva a raccogliere e assaggiare i chicchi delle pigne di uva, maturati nel mese della raccolta.   Il matrimonio tra Vincenzo Vacca e Teresa Rusciano fu possibile, poiché sia i mobili, acquistati e pagati, per arredare la novella casa e l’intera cerimonia nuziale, non era altro che il ricavato di una somma vinta e riscossa dopo l’uscita del terno al lotto, che il giovane Vincenzo, aveva giocato con i numeri, ricavati dalla data di morte di sua nonna Pasqualina, (1.6.928), riportati sulla lapide della tomba.  La vincita del terno al lotto, forse, era avvenuta per volere della nonna, per farlo sistemare e sposare, come, Vincenzo, andava affermando nei suoi ripetuti racconti.  

L’unione di Vincenzo Vacca e Rusciano Teresa, durò tutta la vita, finché visse Teresa, dal 1932 al 1965, da quando crearono la famiglia Vacca, senza interruzione nel tempo, procreando così ben 6 (sei) figli, Maria, Camilla, Antonio, Salvatore, Angelo e Renato. Ognuno di questi figli, fu un personaggio speciale per l’impegno protratto verso un’arte o una professione di pubblica utilità, tanto da essere ammirati, come qualcosa di unico e interessante, tanto da essere additati per la loro bravura, come delle apprezzate eccellenze.   Questi  ultimi discendenti della famiglia Vacca - Rusciano, erano e sono considerati personaggi speciali per il loro impegno sociale, svolto durante la loro epoca.                Morendo la moglie Teresa Rusciano nel 1965, Vincenzo si dedicò completamente alla sua famiglia, aiutato dalla figlia Camilla, per ciò che riguardava il governo della casa di proprietà, e intanto continuava a lavorare all’Ospedale “Vincenzo Monaldi”.  Quando i tre figli maschi, lasciarono momentaneamente l’abitazione, Salvatore a fare il Soldato, Renato il servizio di leva come Marinaio, mentre Angelo facendo il musicista, andava suonando in località, lontano da Napoli, Vincenzo Vacca si sentì, così, solo e abbandonato.  Per questo motivo, tramite le suore dell’Ospedale dove lavoravo, che lo vedevano triste e sconsolato, fu invogliato a risposarsi con una signorina di una certa età, che frequentava solitamente la loro chiesetta dell’ospedale, ed era anch’essa dipendente dello stesso nosocomio, con la qualifica di lavatrice e conservatrice del vestiario infermieristico.  Dopo un breve fidanzamento con la donna religiosa singola, senza ottenere il consenso dei figli maschi, ma con quello delle figlie femmine, nel 1970, il vedovo Vincenzo, si risposò con l'anziana signorina del quartiere Camaldoli, Matino Raffaelina, e andò ad abitare con la nuova sposa a Nazareth, borgo Camaldolese, insieme alla sua sorella per stare in compagnia e sistemarsi.   Dopo vari litigi con la cognata, sorella della nuova sposa,  per motivi di gelosia, mentre lei era rimasta una singola, Vincenza Vacca, fu costretto a lasciare la casa di Nazareth con la sua nuova  sposa, Matino Raffaelina, a trasferirsi in una nuova abitazione,  all’inizio di Marano di Napoli.  Si riconciliò, poi, con i figli maschi, poiché due dei quali, Renato e Angelo, nel frattempo si erano sposati, mentre il più grande Salvatore, ancora singolo,  stava lavorando a Brescia, come impiegato amministrativo nella sede della Banca d’Italia.  Con il volere della fidanzata, anche Salvatore acconsentì, alla nuova sistemazione del padre.        

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