giovedì 24 agosto 2023

La storia dell'anello d'oro dei Vacca - sesta puntata

 

La sesta puntata della storia dell’anello d’oro , simbolo dei Vacca, è d’uopo descrivere anche degli altri due fratelli, figli della famiglia Vacca-Rusciano, “Angelo e Renato”.

Angelo Vacca. Nacque, a Napoli il 25/09/ 1945, anche Lui, nel borgo di Polvica del quartiere, Chiaiano e Uniti, in via Barone 19^.                     Conosciuto autodidatta musicista di Chitarra, di Mandolino e di Basso Elettrico, poi di strumenti vari, come il padre Vincenzo, per questo motivo è un’eccellenza nel suo genere, specie negli anni della sua adolescenza, nel periodo tra, 60^ ai 70^ del novecento nel suo quartiere natio. Chiaiano.

Conseguita la licenza media e non volendo più continuare gli studi, dimostrando una predisposizione verso la musica, poiché da solo iniziò a suonare con una fisarmonica, di taglia media, che era in casa con altri strumenti a disposizione, il motivo “UN’ORA SOLA TI VORREI”.          Per tale predisposizione naturale, il giovane Angelo, costrinse il padre, Vincenzo Vacca a proporlo a fare esperienza nel negozio musicale, del De Falco, a Napoli di via San Sebastiano, di cui, lui, era un assiduo frequentatore. Il giovane Angelo, entusiasta di dare corso alla sua naturale aspirazione, iniziò a frequentare il negozio di strumenti musicali e ben presto sotto la guida di un giovane maestro musicista cantante, imparò a suonare. Il maestro musicista era un certo Peppe ‘e Napule, nomignolo datosi per contrapporsi a Peppino di Capri, nascente cantante rock-star, che teneva lezioni di chitarra nel nuovo negozio, fittato dal De Falco, di fronte al suo noto locale di strumenti classici a plettro, per evitare concorrenti, per vendere anche lì, strumenti musicali, anche, elettrici, quali chitarre, bassi e pianole.

Il tale, Peppe ‘e Napule, non era altro che il cantante, poi conosciuto e diventato famoso, come Peppe  Gagliardi, che insegnò, ad Angelo, a suonare la chitarra con i vari accordi, invitandolo ad ascoltare anche canzoni dei moderni nascenti complessini musicali inglesi, quali gli Shadows, che primeggiavano a quell’epoca, era (1960), con la canzone “ Apache”. Tale motivo piacque al giovane Angelo, che riuscì a proporlo anch’egli suonando con la sola chitarra. Per tal esecuzione conquistò e per il suo effettivo talento, oltre i suoi familiari, anche i coevi amici del suo quartiere, tanto da incitarlo a formare un complessino musicale locale.  Con il giovane, infine, Enzo Pasticella, che suonava la tromba magnificamente, si era distinto suonando la canzone di Nini Rosso, la ballata di una tromba, che furoreggiava quell’estate, (era il 1961). Si unì a loro, anche, Tore Napolano, che si dilettava con la batteria, Paolo Camerlengo alla chitarra, definito poi e canzonato, (Musico Chitarra Canta Autore), e altri giovani coetanei di Via Venti Settembre, che formarono un efficiente complessino musicale dal nome eclettico, ”il Mongolo e i suoi Twisters”, suggerito dal fratello di Angelo, Salvatore, che portava i baffi al mongolo e li guidava ed era il loro manager. Si unì, intanto, anche un giovane eccentrico, Angelo Lamonea, che fungeva da presentatore, quando il complessino musicale allietava le cerimonie di matrimoni e di compleanni o si esibiva su i palchi di spettacoli pubblici.  Qualche anno dopo, il complessino di Angelo Vacca è ingaggiato da Benito Riccio, il clarinettista chiaianese, che li fece esibire in una cerimonia ecclesiastica, che si tenne nei saloni dell’ANPI, situato nel palazzo della Galleria, difronte al museo Archeologico, dove vi parteciparono alcuni dirigenti dell’Agip laziale, che vollero che i membri del sodalizio musicale, partecipassero alla festa allestita per la notte di capodanno in un locale nella città di Latina. L’esibizione musicale a Latina fu eseguita con maestria, ma con pochi spettatori.  Il viaggio di ritorno da Latina a Napoli, iniziato in auto verso le 4 del mattino del primo gennaio, fu inesorabilmente stancabile e quasi interminabile, perché si dovettero fare molte soste per recuperare il sonno perduto agli autisti e agli orchestrali. Il viaggio di ritorno fu, quindi, soprattutto costellato da vari disagi, incontrati per le strade dissestate e piene di buche, che resero il percorso di una lungaggine infinita, avente una durata di molte ore.  Dopo quella brutta esperienza il complessino si sciolse, ma il provetto Angelo, ritornando a frequentare il negozio musicale di via San Sebastiano di Napoli, del De falco, che era condotto dal figlio Ciro, ne allestì altri, uno con un giovane cantante, che abitava in via Enrico Pessina, e dopo un po’, ne realizzò un secondo con amici del rione Sanità e del Cavone, la strada dietro Piazza Dante, senza combinare un bel niente. Finalmente negli anni settanta, conobbe il giovane pianista, Dantino di Portici e sua sorella, che cantava e formò con loro, insieme con altri giovani amici musicisti, il complessino musicale “I Dantini”. Raggiungendo un discreto successo dopo alcune esibizioni, furono ingaggiati da un loro parente, affermato manager e sponsor di night club nella città di Roma. Questo parente dei Dantino, dopo aver procurato, anche, un discreto alloggio agli elementi del nuovo sodalizio musicale, li fece trasferire a Roma e debuttare in alcuni noti locali notturni, dove conseguirono un buon successo per la loro bravura. Prima di partite per una nuova esperienza musicale su una nave transatlantica con il nuovo complesso, suonando per i viaggiatori che andavano in America.  Per far piacere alla mamma malata, il chitarrista Angelo Vacca, convinse gli amici musicisti del complesso, a esibirsi alla festa padronale di Polvica, dove cantò, anche, il grande, Sergio Bruni, ma la chiusura dello spettacolo fu concessa a lui e i suoi musicisti con applausi e ammirazione. Terminata la Tournee sulla nave transatlantica, il complessino dei Dantino si sciolse e il giovane Angelo, dopo un breve periodo di stasi musicale, fu ingaggiato per la sua esperienza musicale accumulata, dal maestro, cantante, creatore di musiche di canzoni bellissime, Totò Savio. Coll’autore napoletano Totò Savio e con il nuovo complesso creato dal maestro, riportò insieme con lui, il noto successo sanremese, del maestro cantautore, Cuore Matto, suonandolo con maestria, le note del piacevole motivo, in vari locali e spettacoli, con la sua chitarra elettrica, conseguendo un successo personale mirabile. Quando il complesso musicale fu sciolto per impegni televisivi di Totò Savio con sua moglie francese Jacline, fu costretto a pensare al futuro a trovarsi un’occupazione stabile indeterminata.  In quel periodo innamoratosi della giovane cittadina di Marianella, anch’esso borgo napoletano, Anna Cotumaccio, abbandonò momentaneamente il mondo della musica, dopo averla sposata, trovò un efficiente posto di lavoro nella sua città natale, Napoli. Si occupò, infatti, come operaio specializzato, nello stabilimento olandese, sito a Capodichino della Remington Rand, che produceva macchine per scrivere elettriche. Con l’avvento, però, del progresso tecnologico informatico e dei Computer, ben presto la produzione delle macchine per scrivere elettriche, cessò, è indusse così la chiusura definitiva dello stabilimento e la cassa integrazione dei suoi dipendenti. Dopo alcuni anni di disoccupazione il Vacca Angelo, trovò una sistemazione provvisoria per ricevere lo stipendio risarcitorio, prima come saldatore nel parco dei giochi della mostra d’oltremare, poi come archivista negli uffici comunali di polizia urbana.  Pur avendo qualche acciacco fisico, come l’asportazione di un rene, superato brillantemente, nel 1990 riuscì ad andare in pensione, avendo accumulato contributi sia da musicista, sia con quelli di lavoratore metalmeccanico.   Ora continua a suonare per tenere viva la sua innata passione musicale, esercitandola come  bravissimo suonatore  di mandolino, nel promuovere  in occasioni  di manifestazioni pubbliche per  il turismo, per le strade di Napoli.  Spesso lo s’incontra a suonare con altri musicisti, mandolinisti e chitarristi, presso la bottega del liutaio “Masiello”, in via Benedetto Croce, o va a insegnare a suonare, sia la chitarra, che il mandolino, a giovani e ad anziani che lo desiderano.  

 

 

Renato Vacca. Nacque a Napoli il 24/09/ 1947, (ultimo figlio della famiglia dei Vacca-Rusciano), anche Lui, nel borgo di Polvica, quartiere Chiaiano e Uniti, in via Barone 19^ e fin da bambino, poiché aveva una folta capigliatura bianca, era chiamato “Pilijanco”. Da ragazzo, poi, canticchiava la canzone di “Munastero ‘e Santa Chiara”, nei versi “tengo ‘o core scure scure”, e i fratelli e le sorelle, lo beffeggiavano col nomignolo “Scuricchione”. Dopo la licenza elementare a stento riuscì a prendersi quella di avviamento e non volendo più proseguire gli studi, costrinse il padre, Vincenzo Vacca, a fargli imparare un mestiere proficuo. Per questo motivo fu presentato e fatto assumere come tirocinante presso la fabbrica di “Raffaele Calace”, specialista di mandolini classici Napoletani. Purtroppo, anche riuscendo a imparare i vari segreti del mestiere di liutaio, non si applicò mai con grande voglia. Intanto raggiungendo l’età per andare a fare il militare, la sua classe fu prescelta per la Marina e il giovane Renato, divenne Marinaio con la ferma di 24^ mesi, iniziando la sua prestazione militare prima a Taranto, poi a, La Spezia e in altri porti della costa italiana, in Sardegna e nel golfo di Pozzuoli. Per l’esperienza acquisita nei vari itinerari marini, fu prescelto per stare presso la sede di Roma del Ministero per la Marina. Dopo essersi congedato nel 1973, non continuò la precedente esperienza di liutaio, in quanto, (in base alla consuetudine dell’epoca, in cui un figlio poteva occupare il posto del padre, quando andava in pensione), fu assunto presso l’ospedale Vincenzo Monaldi, (ex Principe di Piemonte) prima come assistente infermiere e poi come falegname, addetto principalmente alla manutenzione. Diventato un perfetto risolutore di critiche situazioni di intelaiature legnose, del noto nosocomio, da sistemare, acquisì fama di essere un perfetto falegname delle infrastrutture ospedaliere.  

 Conobbe in quel periodo, la cittadina del vicino Comune di Marano, la signorina Adele Avolio, che lavorava presso la clinica privata, Villa Dei Gerani di Porta Piccola sulla via Colli Aminei, e dopo un breve fidanzamento, Renato Vacca, la sposò. Si accasò nella sua nuova residenza, a Marano di Napoli nel Parco Silva in via s. Maria a Cubito. La Nuova nata famigliola Vacca-Avolio procreò tre figli, Teresa, Gemma e Vincenzo. Trascorsi i validi anni di lavoro nello stesso ospedale finalmente nel 2008 si pensionò, ma continua a svolgere, quando occorre, il suo mestiere di falegname, costruendo piccole Navi in miniatura da esporre come oggetti d’arte, e aiutando il figlio Vincenzo, che esercita in un proprio laboratorio di falegnameria lo stesso mestiere. Renato Vacca in questo modo si sente ancora utile esercitando tale attività con grande impegno.

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