venerdì 19 settembre 2025





Buon Giorno Buon Venerdì 19 Settembre 2025

--- San Gennaro – Sant’Arnolfo -- San Giacinto ---

 

Innanzitutto oggi permettetemi fare gli auguri per l’onomastico a tutti gli amici e parenti, che portano il nome Gennaro, con riferimento a San Gennaro, il santo protettore dell’esteso territorio campano, in particolare patrono della città metropolitana di Napoli con il suo profetico miracolo, la liquefazione del suo sangue.

La riflessione odierna, che vi propongo, (dopo l’immeritata sconfitta di ieri sera, della gara di calcio della squadra del Napoli a Manchester city) .oltre al quotidiano saluto, e augurio di una buona e serena giornata, come promesso, vi posterò la continuazione del fantasioso Processo delle statue dei Re di Piazza del Plebiscito.

360^ puntata delle curiosità storiche di Sasà ‘o professore.

Continuazione

 

Terza Putata del Processo delle statue di Palazzo Reale a piazza del Plebiscito


La prima parte
Ancora dibattimento processuale

 

Per dare lo sfratto dal centro della Piazza, dopo l’edotta arringa di Antonio Gramsci, mi fu consegnato una nota dal Giudice a latere, Paolo Emilio Imbriani, in cui mi si informava che tra gli spalti c’era una rappresentanza della città di Genova, (che trovandosi per motivi sportivi in città per festeggiare il gemellaggio per il ritorno nella massima divisione delle competizioni agonistiche del giuoco del calcio), desiderava voler testimoniare contro l’odiato re, Vittorio Emanuele II°, poiché anch’essi si stavano prodigando per far rimuovere un’altra sua statua nella loro città, in quanto per i genovesi il suo ricordo, rappresentato anche, se da un monumento, è un'offesa a quanti si ribellarono alla cosiddetta causa dell’unità e furono uccisi e trucidati nel 8 aprile del 1849 e di essi non si ha nessun ricordo, neanche sui libri di storia.

Questi genovesi si presentarono come militanti dell’ARGE Associazione Repubblica di Genova) e testimoniarono che si stavano battendo, per rimuovere la statua equestre a Corvetto di Genova del “Primo Re d’Italia”. Tale richiesta era stata avanzata, alla Regione , alla Provincia ed al Comune, firmata da migliaia e migliaia di cittadini liguri. La richiesta era mossa dal fatto, che Genova non può ricordarsi ogni giorno di Vittorio Emanuele II°, la cui arroganza fu capace di uccidere con una dura repressione i patrioti liguri, che si batterono a centinaia per la loro autonomia e non desideravano affatto far parte del regno piemontese, tanto che lo stesso definì: ”(I genovesi? Una razza vile di canaglie), mentre vorrebbe ricordare quelle povere vittime massacrate l’8 aprile del 1849 con una lapide con tutti i nomi e cognomi per simboleggiare attraverso i secoli, che la forza, l’autorità non unisce,  affratella invece, il dialogo, la cooperazione e lo spirito di non sopraffazione di un popolo o di una razza sull’altra.
Terminata la testimonianza della delegazione dei Genoani presenti nella piazza, tra la folla che assisteva a quell’improvvisato processo si commentò con un’indignata convinzione con frasi di questo genere a viva voce:

Ma chistu Savoia ere veramente ‘nu piezze ‘e fetente, ( Vittorio Emanuele II°) comm’ aimme fatte a suppurtà’ a ‘sta specie ‘e rignanti e tutte ‘a razzimme llora! So’ state “Mariule”, hanne fatte accidere ‘a tante giuvene nuoste pe’ ghì a fa guerre, ca ‘nce ‘nteressavene! S’è sapute ca vulessene turnà ‘n’ata vota a Napule, da do se ne partettene doppe ‘o Referendum do 2 giugno do 1946! Ma chiste so’ pazze! Nun ‘e vulimme manche comma turiste!” Qualcuno si permise di contrastare che i Savoia, che sarebbero venuti a Napoli, sono il figlio (Vittorio Emanuele IV °) e il nipote (Emanuele Filiberto) dell’ultimo Re Umberto II° (il cosiddetto re di maggio) e che nulla avevano a che fare con I Savoia, che avevano effettivamente regnato per circa 100 anni dal 1860 al 1946). Ottenuto il silenzio della folla mi permisi di leggere alcune considerazioni di un eminente giornalista napoletano, che pur accettando malvolentieri il rientro dal forzato esilio, voluto dalla maggioranza di centro destra del signor Berlusconi e dall’avallo della legge promulgata dal Presidente della Repubblica Ciampi, non si può assolutamente dimenticare che, gli antenati di questi discendenti Savoia, furono degli invasori, dei saccheggiatori, dei massacratori e degli annientatori della nostra memoria storica e delle nostre radici, verità che sono ancora oggi opportunamente nascoste, per ciò non devono essere ricevuti con onori e cerimonie riservate al loro vecchio lignaggio, ma essere accolti soltanto come privati cittadini della Repubblica Italiana.
Prima di far proseguire il dibattimento con le deposizioni d'altri testimoni a favore e contro, mi permisi di esprimere un mio pensiero sull’opportunità dei vari pregi del popolo di Napoli, a proposito dell’Ospitalità,

“ Noi napoletani siamo persone molto accoglienti. Abbiamo ereditato dai Greci il senso della sacralità dell’ospite. Esprimiamo la nostra cordialità sia verso i potenti, che verso le persone comuni. Aiutiamo tutti e sentiamo il forestiero, come una persona di famiglia. Lo rispettiamo senza, però, sottometterci.”
Le testimonianze d’ascoltare erano tante, allora, decidemmo d’accordo col Giudice a latere Paolo Emilio Imbriani di aggiornare la seduta all’indomani mattina verso le dieci, tempo permettendo invitando tutti i presenti e così si procedette.
L’indomani era una meravigliosa giornata di primavera con un venticello marino, che attutiva i caldi raggi del sole, per cui assistere al prosieguo del processo risultava cosa abbastanza piacevole ed interessante.

Vollero testimoniare per conto dell’accusa alcuni eminenti studiosi e storici come L’onorevole Francesco Saverio Nitti, che pur non risultante un filo Borbone, iniziò col dire: “prendo la parola per dimostrare che spesso dalle apparenze e dalle errate convinzioni, bisogna stare molto attenti per poi emettere giudizi affrettati ed ingiusti. Gli avvenimenti storici vanno letti dall’angolazione prettamente economica, che è sempre poi quella, che muove il mondo. E come sempre ci troviamo al solito interrogativo “Cui Prodest”.
Non si può alcunché discutere che il Reame dei Borboni, nel 1860 ero lo stato più ricco di tutta la penisola, tenuto conto della quantità di circolante e del rapporto di conversione
Lira – Oro di 1 : 1 e non era secondo a nessuno in Italia per innovazioni industriali, commerciali, medico sociali, agricolo-manifatturiere. Insomma era uno stato all’avanguardia in Italia e in Europa. Non sto inventando nulla, ci sono documenti e scritti, che dicono ciò che sto affermando, le riserve del Banco di Napoli e quelle del Banco di Sicilia erano, di gran lunga, le più cospicue di tutti gli altri stati d’Italia messi insieme.
Il potere d’acquisto del Ducato (Moneta d’oro circolante a quel tempo nel regno delle Due Sicilie) valeva 4 volte e ½ la Lira (Moneta d’oro circolante nel regno di Sardegna).
La tassazione dei Borboni era permanente ricondotta alla fondiaria, a quella del registro, a quella sul lotto, alla posta e naturalmente quella delle tasse indirette che comprendevano i tabacchi, le carte da gioco, la dogana, la polvere da sparo per la caccia ed il sale.
La tassazione dei Savoia era insopportabile anzi se ne inventavano una al giorno, come quella sulla manomorta, sulla successione, sulla donazione, sui mutui, sulle adozioni, sull’emancipazioni, nonché quella sulle spese per la salute (ora si sarebbe chiamata tickets su farmaci, sulle analisi). Quindi ad onor del vero a conti fatti I sudditi del reame borbonico pagavano ogni anno a Francischiello 14 lire pro Capite, mentre i sudditi dei Savoia (piemontesi, liguri, sardi) almeno il doppio.
Tutto questo che sto dicendo è stato per un secolo e più tenuto nascosto e si è mistificato la realtà, perciò la verità, che coloro che credettero in buona fede, come il sottoscritto, alla favola dell’unità, fu scientemente coartata con protervia e acrimonia da quelli che machiavellicamente se ne servirono per gli interessi propri, occultando e facendo scomparire documenti contabili.”

Le immaggini sottostanti sono:

Piazza del Plebiscito, dove si svolge il dibattimento

La statua di Vittorio Emanuele II°  apiazza Corvetto di Genova

La lapide dei Genovesi morti nel combattere Vitt.Em.II° L’onorevole Francesco Saverio Nitti,

 

2 commenti:

  1. il dibattimento continua con altre prossime puntate. Lasciate un commento se piace ed interessante, grazie

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  2. Lettura appassionante, che riporta alla memoria le ingiustizie subite dalla popolazione.

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