giovedì 31 gennaio 2008

'O Pasticciere


'O Pasticciere, è chiamato anche 'O  Dulciere, colui che fa e confeziona dolci ( torte, babà, biscotti vari, pastiere, sfogliatelle e tante altre leccornie)
Fu ed è un mestiere, che nella nostra città ha sempre dato da vivere a chi lo intraprendeva, soprattutto per la golosità innata alle cose dolci di noi Napoletani, tanto che sia per festeggiare un avvenimento o l’anniversario di qualcuno o di qualcosa non mancano mai una buona quantità di dolci , piccola pasticceria (sorta di bignè, dolciumi, minuscoli babà, zuppette) ed una bella torta confezionata per l’occorrenza.



Sorta di vassaio con babbà , e santarose e tortino al babbà





piccola pasticceria tipo napoletana  detta anche " pasticceria mignon"



Fra i più noti Pasticcieri di tutte le epoche sono da ricordare :

Luigi Caflisch, (originario della Svizzera, ma divenuto poi napoletano a tutti gli effetti) che seppe portare a Napoli la moda francese dei pasticceri di
oltre alpi, che rappresentava un modo nuovo di gustare pietanze sconosciute di una cucina raffinata ormai diffusa in tutta Europa., come ’ o Babbà a rhum, ’a zuppetta e tante altre specialità.


Pintauro ( Napoletano doc che diventò celebre e lo è tuttora per le sue sfogliate (sorta di pasta dolce a forma di piccolo cartoccio e ripiena di crema, marmellata o cioccolata)  e da considerarsi la vera casa madre, in quanto la elaborò da un'antica ricetta  e la preparò, la prima volta, nel lontano 1785, facendola diventare una dei simboli di Napoli.  Facendo così coniare il detto:




Napule tre cose tene e belle…
“o mare
“o ‘Vesuvio
è" 'e sfu
gliatelle.




La tipica sfogliatella Napoletana, servita in  quasi tutti i bar  di Napoli





.
Oltre , a Pintauro si dà il merito di aver elaborato, al pasticciere, Scaturchio, una ricetta  prelibata della sfogliatella, come noi tutti oggi la conosciamo.  La pasticceria Scaturchio in attività dal 1905, è collocato in un’unica  sede,  a - Piazza San Domenico Maggiore, nel cuore del centro storico di Napoli, lungo Spaccanapoli, il suo  laboratorio  è diventato una tappa fissa per visitatori e amanti della sfogliatella riccia o frolla. Dopo oltre cent’anni dall’apertura della pasticceria, i prodotti Scaturchio vengono cucinati nello stesso luogo d’origine con la stessa passione di allora, conservando la tradizione, la qualità e la bontà.
Altri laboratori pasticcieri altrettanto noti sono:

Pasticceria Attanasio - Vico Ferrovia, 2, fondato nel 1930 e per la sua eccellente qualità dei prodotti cucinati ha acquistato fama internazionale, arrivando addirittura oltreoceano, come attesta un articolo del New York Times <<It’s not breakfast in Naples unless it’s sweet, so that means lots of sfogliatelle. (…)make the effort to find Attanasio.>>
Infine  un'altra pasticceria storica di Napoli è
quella del Carraturo a  Porta Capuana, 97. che dal 1837, liniziò a specializzarsi in quel tipo di sfogliatella
che, poi, la storia avrebbe riconosciuto ufficialmente come “Riccia”.
Era offerta a tutti i “paesani” della provincia, che  passavano abitualmente per la popolosa Piazza di Porta Capuana ad un modico prezzo
per andare al lavoro o  ad entrare in tribunale.

Ancora oggi se si ha voglia di  un pasticcino, a tenere banco è la sfogliatella Riccia di carraturo-
.
E Sfogliate o meglio come dicono i Napoletani ”‘e sfugliatelle” sono di tre tipi:  Riccia,  Frolla,  S.Rosa,
'a sfugliatella classica tipo " Riccia"





'A Riccia è quella che ha forma di conchiglia ed è rivestita di un nastro di pasta sfoglia, è ripiena di un impasto fatto di semolino, ricotta e zucchero, nonché cannella, vaniglia e canditi.





'a sfugliatella  classica tipo " Frolla"

                                
'A Frolla è quella che ha forma tonda e mordida senza alcun nastro di pasta , si presenta con un colore marroncino chiaro e contiene l’identico impasto della sfogliatelle riccia






'A sfugliatella classica tipo " Santarosa"






Il biscotto  di Casalnuovo,  noto pure come " 'o quaresimale"




come il Quaresimale ( biscotto mandorlato, che si mangiava in tempo di quaresima).


A Napoli ’o Pasticciere un tempo era anche ambulante e vendeva piccoli pezzetti di pasta dolce coperta di zucchero filato al grido di :
“’Nu rà, e duje rane, pezzentaria fresca "
(traduz. = un Grano, due grani ( monete spicciole di quel tempo andato) pezzetti di  dolce di pasta fresca rimasta da non poter utilizzare.







Vassaio di piccola pasticceria assortita del tipo napoletana



Jate chiane, nun facite 'e scustumate!, 
tutte quante hanne piglià !
Si v'abbuffate, ve sentite male! 

e nce vo' , po'  'o merieche.

( per chi non è napoletano - traduzione in italiano)
Andate piano, non fate gli scostumati!

Se vi gonfiate , poi vi sentite male!
e poi avete bisogno di un meduico.


Dopo questa abbuffata di dolci,  c'è  bisogno  di  un  buon  digestivo
" ' O nucille" ma è questa tutta un'altra storia  che potrete degustare la prossima volta:

mercoledì 30 gennaio 2008

'O Pastare

'O Pastare


‘O Pastare è il Pastaio. Antichissimo mestiere, che era esercitato per la fabbricazione di paste per minestre, la cosiddetta Pastasciutta
fabbrica di pasta a livello industriale




La pasta è considerata uno degli alimenti fondamentali della dieta mediterranea, tanto che è consumata principalmente da tutti i paesi, che s’affacciano sul Mare Mediterraneo.
Anche se la pasta, nota con la parola “ maccheroni” è da considerarsi un invenzione dei navigatori arabi, un quanto nei loro viaggi per mare, erano soliti mangiare un sorta di frumento pastificato con acqua e tagliato poi con la Machaera ( sorta di coltello ricurvo)
machaira, coltello arabo  utilizzato per tagliare l'impasto

I primi pastai furono i Genovesi (ne dà notizia il notaio Ugolino Scarpa, quando redasse un testamento nel 1279, in cui era elencato l’inventario dei beni di un certo Porzio Bastone. Tra i beni di Costui è riportato “una Barisella plena de Maccaronibus” (la Barisella è una piccola nave egiziana, che era piena di casse di maccheroni, che era pronta per salpare)
I più grandi pastai di tutti i tempi furono, però, quelli di Gragnano, noti in tutto il mondo.
I primi Pastai Gragnanesi iniziarono a svolgere la loro arte nel molire il grano nel lontano 1650, grazie al fatto, che nella zona funzionavano 



Storico palazzo della Copperativa Pastai di Gragnano
30 e più mulini ad acqua, a pieno ritmo, ma soprattutto nel saper sfruttare l’aria leggermente umida, che permetteva una prosciugazione lenta e graduale dell’ impasto, ideale per creazione dei maccheroni e quant’altro tipo di pasta..

Pasta tipo Maccheroni Ziti
Pasta Tipo Penne rigate
               
I più noti pastai furono già nel 1789 ( come descritto nell’archivio comunale di Gragnano) Don Salvatore Montella e Michele Garofalo, negli anni successivi la concessione a pastificare fu data anche Pasquale Sabatino, Vincenzo Coda, Gaetano di Liguoro e Francesco Izzo.
Fino all’avvento dei Robottini (piccole macchine impastatrici elettriche) le nostre mamme anch’esse potevano definirsi dei Pastari. Infatti su una tavola da lavoro di legno, che poggiavano sul tavolo da cucina, ammonticchiando farina, acqua ed uova ottenevano un impasto per poi spianarlo con il laganaturo (il matterello di legno) per fare le pettole (sfoglia di pasta distesa, chiamata così per la forma che prendeva l’impasto ,che appariva come fosse un lembo inferiore della camicia) che arrotolate e piegate come fazzoletti erano poi tagliate un po’ grandi diventando fettuccine, mentre se tagliate più sottili sono denominati tagliolini o tagliatelle.  se tagliolinidi tipo quadrangoli, detti pure spaghetti alla chitarra.



Macchina Tirapasta (specie la pettola)





                      
La pettola poteva aversi senza fatica, se l’impasto si faceva passare attraverso la macchinetta della pasta a mano con manovella o elettrica che fa girare dei rulli ed una volta ottenuta, la si faceva ripassare attraverso una piccola trafila che produceva una sorta di pasta sottile simile agli spaghetti.

lunedì 28 gennaio 2008

'O Panzarottare

O Panzarottare.

 Mestiere di chi prepara, frigge e vende “‘e Panzarotte”.
“O panzarotte “ non è altro che un involtino di pasta di patate, ricavato, prima dalla lessatura delle stesse, poi, dopo averle sbucciate a passarle attraverso lo schiacciapatate o in mancanza schiacciate con un bicchiere. Amalgamata la pasta ottenuta, ancora calda, aggiungendo del burro, delle uova e parmigiano, nonché sale e pepe ed una buona grattugiata di buccia di limone, la si lavora a lungo con le mani e infine si passa a formarne dei cilindretti bislunghi. Tali cilindretti, chiamati anche crocchette, dopo averli avvolti nella farina e fatti passare con cura nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato, si procede a friggerli in abbondante olio bollente, finché non s’indorano..
Panzarotti ( crocchè di patate)
                                                                                                     
'E panzarotti così ottenuti possono essere di due tipi :
Semplice, chiamato anche crucchè’ o panzaruttielle, privo di qualsiasi ingrediente se non la sola pasta di patate fritta nell’olio;
Filante , sono un po' più grandi e quando tra gli ingredienti è stato aggiunto qualche pezzo di latticino ( mozzarella, provola, fior di latte, formaggio) che nel mangiarlo pare che con ogni morso fila.
O panzarottare, accoppiato al panzarotto, offre anche
Classica Pastacrisciuta ( frittella di sola pasta di farina)
                                          
 ‘e pasta crisciuta (frittella di pasta di pane molto molle, che immersa con un cucchiaio in abbondante olio bollente si gonfia e indora) e


Arancini (crocchette di riso)
                                                   
 gli arancini ( crocchette di pasta di riso a forma di piccola piramide o di una palla schiacciata, contenente al suo interno qualche pezzo di latticino misto a salsa e qualche pisello) .

domenica 27 gennaio 2008

'O Pagnuttiste

'O Pagnuttiste non è altro che un Voltagabbana, un Voltabandiera.
Chi senza decoro, ma solo per interesse, appoggia un uomo politico, durante la campagna elettorale o si batte per lui facendo finta di seguirlo ed ammirarlo nelle sue azioni.
I più noti degli ultimi tempi

 Tale termine deriva dal vocabolo napoletano “Pagnuotte “, che significa pezzo di pane, ma anche il guadagno, che ricevettero coloro che, durante gli avvenimenti politici del 1848, tradendo i fautori, che si battevano per un regime rappresentativo del popolo, si schierarono con i realisti, che erano per la Monarchia Assoluta, ottenendo favori.
A tale proposito fra i detti napoletani ‘o pagnuttiste è divenuto sinonimo di opportunista ed è reso famoso da quello che dice : “Abbacche cu chi vence"
(Significato traslato) Naviga secondo il vento,
Chi si sa Regolare in modo da stare dalla parte del più forte.

'O Pagliarule

‘O Pagliarule  è il venditore di paglia e relativi oggetti confezionati con la stessa.
Era un mestiere molto in voga nel passato, quando molte cose erano prodotte con la paglia, come i giacigli per dormire,(‘e pagliaricce), utilizzati fino a prima dell’ultima guerra nelle carceri, come nella famosa canzone
 (Pagliaricce e cancelle) oppure (‘o Paglione) rudimentale materasso di paglia e di foglie secche
‘O Pagliarule era anche un ottimo costruttore e venditore dell’occorrente per allestire capanne (‘o Pagliare),


Antico pagliaio , che non se ne vedono più

                                               
utilizzato in campagna e costruita con intelaiatura di pali e come pareti e tetto inserti di paglia, sorretti da rami e rifiniti da frasche.
‘O pagliarule era conosciuto anche quale venditore di ventagli 
Ventaglio di paglia per soffiare in cucina
(per soffiarsi) o (da cucina) per alimentare il fuoco, ma il prodotto che lo rese celebre fu il cappello di paglia.
Cappello di paglia detta  'a paglietta
                                                      
Tra i cappelli di paglia il più noto fu ‘a paglietta , che a Napoli gli uomini indossavano con l’inizio della primavera ed in questo modo fecero diventare famosa, la passeggiata a Via Medina il giorno di San Giuseppe (19 marzo) dove ogni uomo si esibiva con eleganza indossandola con un classico pantalone bianco.
L’utilizzo della Paglietta durava per quasi tutta l’estate ed era dimessa tassativamente al tempo della vendemmia, cioè fin quando il clima lo permetteva e rimase di moda negli anni 1920 /1930.
L’attore, Nino Taranto, che era anche comico e macchiettista, tagliuzzò la tesa alla sua paglietta di scena per dare un tocco, come segno di originalità. La trovata ebbe grande successo fino a diventare la paglieta in quel modo, la divisa del Macchietta “ Ciccio Formaggio” scritta per l’attore dal duo Pisano-Cioffi ed interpretata magnificamente da Taranto e poi continuata dai vari attuali macchiettisti, come Oscar Di Maio.
                                                      

O Paglietta a Napoli stava pure a simboleggiare
l’avvocato faccendiere, che per darsi un certo tono portava sul capo la classica paglietta con tesa nera

Cappello di paglia detta  'a paglietta

giovedì 24 gennaio 2008

'O Pallista

‘O Pallista = Buffone, dispensatore di bugie e sciocchezze, che poiché inverosimili, non sono da ritenersi vere. Modo di comportarsi non serio, rendendo ridicola ogni cosa.
Modo di fare di chi si ostina consapevolmente a rendere spiritosa una situazione divenuta molto pesante e pericolosa, improvvisa motti e facezie per far sorridere esagerando nell’esposizione.
Nel Circo ‘e Palliste indossano particolari abiti abbondanti, chiamati pagliaccetti, che consistevano in un costume ridicolo esagerato, molto largo e con foggia di colori nella loro composizione buffi.
A Napoli,’o Pallista, è quello che dispensa continuamente le cosiddette Balle ( dal francese antico - balla = palla quale contenitore del nulla, aria evanescente, aria gonfiata con elio o altri gas riuscendo a librare verso l’alto.,
"Nun dicere fesserie", espressione che si dice nei confronti del pallista, che spera di far passare per veritiere le sue fandonie.

 Rosario Toscano
 Nel personaggio del pallista ( Giggino don Perignon)







Nell’espressione tipica napoletana ha anche il significato per definire una persona che vuol apparire ridicola esagerando per minimizzare una cosa alquanto grave.
Nella vita quotidiana se ne incontrano a migliaia, tanto da diventare un personaggio comico del teatro cabarettistico nostrano,
Giggino Don Perignon,
ottimamente interpretato dal comico Rosario Toscano, quale l’emblema dell’esagerato,.




martedì 22 gennaio 2008

'O Paccuttare

‘O Paccuttare è il Mestiere, praticato da personaggi disonesti “’e paccuttare, per gabbare gonzi o persone, che si ritengono scaltre e che si ritenengono di saper fare affari a buon mercato.
’O paccuttare è una sorte di mago furfante, che con sperimentata abilità rifila “‘o paccotto “ , che è il cosiddetto, pacco, un fagotto o meglio un involto apparentemente contenente il prodotto mostrato ed offerto precedentemente all’incauto acquirente, mentre nella realtà il pacco, che riceve è un falso o una buona imitazione od altra cosa.
'O Paccuttare era un personaggio, che circolava a Napoli generalmente nei pressi delle Stazioni della Ferrovia dello stato o della Circumvesuviana e nei Mercatini rionali della Duchesca o di Forcella, ora svolge la sua attività presso l’aree di servizio delle Autostrade
 'O Paccuttare è diventato celebre e conosciuto dal grande pubblico, perché è stato prodotto dal cinema, nella grande interpetrazione di Totò, nel film (Guardia e ladri), quando vende i diritti di ritiro delle monetine buttate dai turisti nella Fontana di Trevi.
Toto, Ugo D'alessio e NIno Taranto
                                                   nel famoso film " Totò truffa"



In modo perfetto, infine, il grande regista, Nanni Loy, creò il personaggio del Paccuttare nel film ‘Pacco, doppiopacco e contrapaccotto’ che dimostra che la scaltrezza è il modo come un altro per vivere, in mancanza di altra forma di lavoro, e di sapersi ingegnare per sobbarcare il lunario.

manifesto del film

                                 

lunedì 21 gennaio 2008

'A Pacchiana

'a pacchiana
‘A Pacchiana .Donna alquanto anziana che veste, come una contadina tenendo in testa la cosiddetta Macchiosa , sorta di foular, come una bandana, per non far sporcare i capelli.
Generalmente la Macchiosa di color nero lo indossavano le donne anziane o vedove, mentre la giovani nubili e le zitelle utilizzavano coprirsi la chioma con quella di color bianco di stoffa di lino .
Si può definire ‘a pacchiana un comportamento goffo, rozzo, cafone, irriguardoso, tale da discordare con le buone maniere ed usanze civili.
Oltre al comportamento ed il modo di fare, ha un suo modo di vestire inconfondibile, che è quello delle donne di campagna, che hanno larghe gonne plissettate con grembiuli colorati, terminanti con corpetti quadrati increspati a forma di nidi di vespe, nonché la testa coperta da un fazzoletto detto "'a macchiosa", di color nero se utilizzata in occasione di lutto o da vedove.
pacchiana abruzzese con la procidana
         
In un recente periodo estivo che trascorsi nella serenità del Lago di Scanno ebbi modo di incontrare delle donne anziane del luogo, che vestivano da pacchiane con il loro bel costume detto “‘alla Procidana.
'a procidana
                                     
Costume questo,consistente in un gonna in lana castorino di colore nero, tutta plissettata con un Vantesino, o meglio da un mantesino ( Grembiule) , parola di chiara derivazione latina (ante - sinum) a significare la particolare destinazione del manufatto. realizzato in panno di lana di colore verde erba, con ricami, applicazioni (varianti in stoffa anche di colore nero, di seta in bianco con ricami a rilievo ).
Il Corpetto del costume, che aveva la chiara funzione strategica di sorreggere il seno, anche alle poco dotate, era realizzato in panno a strati e con accorgimenti nei bordi a mo di antiurto, con la funzione di tenere ben coperta la parte posteriore della cassa toracica, era molto stretto ed anch’esso di color nero e riprendeva il colore della gonna
Sotto il corpetto c’era ’A Cammesola, camicia bianca importante con pizzi agli orli di color senape e con evidenti ricami a punto croce.
il copricapo della pacchiana, detto 'o maccaturo



infine il copricapo, ‘o Maccaturo, in lana di color (nero che cade sul laterale delle guance, ricco di frange annodate, sovrastato da ricami a bassorilievo in spugna, con motivi floreali., quando lo mettevano le vedove o le persone anziane),  in lino ma di color (bianco che cade sulle spalle  con un 'orlatura ricamata e lo portavano con molta grazia le ragazze nubili o le zitelle.

la tradizione vuole che ‘a Procidana, fu adottata dalle donne di tutto il comprensorio abruzzese che va da (Pescasseroli, Alfedena, lago di scanno, Barrea e zone limitrofe) dopo il ritorno di tre contadine di Pescasseroli, che recatosi a Ischia per fare una cura termale, giunte colà furono fatte segno di stupore e scherno dai villeggianti per i vivaci costumi che esse indossavano.
Precipitosamente le stesse si recarono alla vicina isola di Procida dove cambiarono i loro costumi con cui erano partite, ritenuti chiassosi, con quelli severi delle donne dell’isola. Tale episodio è narrato dallo studioso , Agostinoni, avvenuto nel lontano 1846 è pertanto il costume nero ed il suo insieme fu introdotto per una circostanza del tutto fortuita dei costumi dell’epoca, tra il modo di vestire della Pacchiana


domenica 20 gennaio 2008

Ovajola

Ovajola = L’ovaiuola. Mestiere rappresentato anticamente da contadine delle contrade limitrofe, che circondavano la città di Napoli, che, ogni mattina sia d’estate, che d’inverno, bussando all’uscio delle abitazioni offrivano uova fresche di giornata.

Ovaiuola (venditrice di uova di galline)


                                                
Si riconoscevano perché portavano le loro prelibate primizie in ceste, che si mettevano in testa o in panieri sottobraccia. Dopo aver esaurito il giro per la rituale clientela per liberarsi delle uova in esubero, erano solite fermarsi agli angoli delle strade per venderle al grido:
So’ ove paisane! “ So’ fresche, so’ ancore cavere! L’agge levate stammatine a sott’‘ ‘e galline. “
(Sono di masserie paesane! Sono fresche, sono ancora calde! le ho tolte stamattina da sotto le galline)
L' Ovajole oltre ad essere venditrici erano per lo più, anche, produttrici d'uova, poiché erano esse stesse ad allevare gallinelle ovipare nei loro pollai, che tenevano negli orti antistanti le loro case. Negli anni del dopo guerra è esistito un altro personaggio di venditore d'uova , questa volta, però, di uova cotte, ossia di uova sode, utilizzate nei mesi caldi per farcire la famosa (‘nsalata ‘e riso) e quindi alle massaie faceva comodo rimediare una buona cena con modica spesa.
Nell’ alimentazione napoletana fin dall’antichità l’ uovo è stato un alimento completo per una buona nutrizione e lo si è consumato in tutte le epoche in diversi modi, oggi viene indicato e lo si conosce come:

Uovo fresco da bere

               
Uovo da bere = uovo fresco, che si può bere facilmente, succhiando il contenuto da un foro. 


Uovo alla cocque ( alla cocche)
Uovo alla Cocque  o alla cocche= uovo da mangiare dopo aver fatto indurire il bianco d'uovo dopo averlo fatto bollire per 3 o 4 minuti con acqua in un tegamino 

Uovo Apule = Uovo tenero, appena depositato dalla gallina. hs il gudcio molle , non ancora indurito.


Uovo Arrustute = Uovo fritto
Uova fritte arrostite


Uovo a Uocchie ‘e Voje = uovo ad occhio di bue, 
Uova ad occhio di bue od in tegamino


generalmente si dice pure uovo in tegamino, in pratica uovo tolto dal guscio e fatto scivolare direttamente in tegame, dove cuoce nell’olio, tenendo separato il tuorlo dalla chiara, diventa rappreso come se fosse un occhio grande.
Uovo Fracete = uovo barlaccio, uovo andata a male.

Uovo Fritte = uovo cotto nell’olio, dove prima di cuocerlo, è stato sbattuto e si è mischiato tuorlo e chiara ed è venuta fuori una (frittata) dal color giallo dorato
Uovo ’Mpurgatorie = uovo rappreso interamente nella chiara senza guscio, cotto nella salsa con cipolle
Uovo ’ngallate = uovo gallato.Uovo pronto a generare un pulcino.
Uovo ’Scaurate = uovo sodo, cotto con tutto il guscio in acqua




UOVA SODE, alcune cotte ancora con il guscio

Uovo ’Vapule =
vedi Uovo Apule


Infine, come scriveva Ferdinando Russo nei pressi di Santa Lucia agli inizi del Novecento esisteva la reale “Accedemia ‘e ll’ove toste.”, dove a suon di scommesse si ingurgitavano uova con tutto il guscio appena appena schiacciate con la punta della lingua. Era una gara fra buontemponi, che sfociava poi in solenni e grosse bevute.

sabato 19 gennaio 2008

Ostrecare

Ostrecare = Ostricaro. Venditore ambulante di Frutti di mare in generale come :
Murici o patelle, datteri, tartufi, Ostriche, lupini, cannulicchi, vonghele, ed in mancanza di essi, cozze, ricci 'e mare e tunninele.
insieme di crostacei e mitili del mare nostrum



L’invito dell’Ostrecare a comprare le sue prelibatezze 
era :
Vuje vulissene bell’ostreche d’ ‘o Fusare!. ‘E meglie tunninele,
Tunninele e ‘nzieme ‘e cozzeche e può fa ‘na bella zuppa!,
Ne tenghe surtante ‘n’ ate quatte.!”.
Traduzione = Mi piacerebbe avere belle ostriche del lago Fusaro! Ho le migliori telline! Con l'insieme di telline e cozze, puoi farti una buona Zuppa di mare! Né ho da vendere soltanto altre poche.
I napoletani acquistano i frutti di mare, vuoi perché sono attratti dal profumo di mare, che emanano, vuoi dalla credenza, che riescono ad infiammare i sensi e far emettere sospiri amorosi.
Il gustare i frutti di mare è un rito o meglio uno sfizio tanto da non saper sfuggire alla spasmodica voracità nel gustarli, specie, dopo avere spremuto su di essi un bel sugo di limone, quello dolce di Sorrento.
Attualmente l’Ostricare è un mestiere scomparso è stato assorbito dal pescivendolo comune, mentre oggi con questo nome indichiamo il venditore di Souvenir del mare di Napoli, 
Ostricaro venditore di Souvenir a Mergellina

                                                   
quali Dolabelle, Conchiglie giganti, Scunciglie per ciondoli e Chiocchiole di madreperla, ripulite e lucidate, e lo s' incontra lungo il marciapiede sul lungomare di Mergellina.

venerdì 18 gennaio 2008

Omme

Omme = Uomo. Essere appartenente alla razza umana, che secondo la teoria di Darwin dell’evoluzionismo , deriva dalla scimmia finché diventò :“Homo Sapiens”
A Napoli o meglio nella lingua napoletana si è avuta una speciale classificazione in base a taluni atteggiamenti ed a comportamenti come:
Omme ‘e cartone = Uomo di cartone. Uomo di poco conto. Uomo che vale niente
Omme ‘e ciappe = Uomo di buon conto (la ciappa in questo caso è la toga), Uomo pregevole da farne stima. 
(Magistrato, Avvocato)
Giudici, avvocati, (uomini che portano la toga)
Omme ‘e lutamme = Uomo di brago (lota).                         Uomo spregevole, come nel detto: "(’a Lutamme ’e meglie ’e te)"
Omme ‘e merde = Uomo di cacca. Uomo di escrementi. Uomo spregevole.Uomo senza carattere.
Omme ‘e niente = Uomo che non vale nulla, senza onore, né dignità.
Omme ‘e quatte a Grane = Uomo da 4 grani (Moneta di rame del valore, di qualche centesimo del soldo). Uomo che vale poco, che non sa nulla
Omme ‘e quatte sorde = Uomo da 4 soldi (Moneta di nichel del valore di 20 centesimi di lira) in realtà è uomo di poco valore.
Da non dimenticare i famosi detti :
Omme cu‘ ’o sacche e femmene cu’ ‘a sacca =
 ( traduzione e significato)
L’uomo deve provvedere a riempire i sacchi e la donna a ben utilizzare il contenuto.
Omme senza culore, o è fauze o tradetore = 
 ( traduzione e significato)
Uomo cereo, senza colore in faccia, o è falso, o è un traditore.
Omme ‘e vine, ciente carrine = 
( traduzione e significato)
Uomo di vino non vale un quattrino, per dire che un uomo che frequenta le osterie, che beve e si ubriaca, non ha stima.
Omme gruosse è sempe fesse
( traduzione e significato)
Uomo grosso è spesso scemo o stupido, perché generalmente in un corpo grosso, c’è poco cervello.
Omme ‘nzurate, omme ’nguajate =
 (traduzione e significato)
Uomo sposato, uomo pieno di guai. Gli uomini sposati sono sempre molto preoccupati.
Omme peluse, omme ’vertuluse =
(traduzione e significato)
Uomo peloso, uomo virtuoso, perché la virtù sta nei peli.
Fa’ l’omme !
(traduzione e significato)
Agire da uomo, con dignità, con serietà, con fermezza. Senza avere tentennamenti, né ripensamenti.

giovedì 17 gennaio 2008

'A Nevajola

‘A Nevajola era la venditrice di neve ghiacciata.
Il suo mestiere era collegato principalmente alla vendita dei prodotti dell’acquaiolo, nel caratteristico chioschetto detto
'a banca 'e' ll'acqua

(‘a banca ‘e ll’acque) specie durante l’estate, che occorreva tenerli sempre freschi o ghiacciati.
La materia prima era la neve, che veniva raccolta durante l’inverno copiosamente sul monte Faito o sullependice del Vesuvio e quindi ammassata in grotte sotterranee (‘e Nevere) dove ghiacciava, per poi venderla in estate.
Tale ghiaccio era conservato nelle ghiacciaie e poi immesso in grandi botticelle foderate di sughero con un vano nella parte inferiore, dove erano alloggiati blocchi di ghiaccio, che rendevano l’acqua o la bibita, fresca o ghiacciata, perché raffreddata dal ghiaccio, proveniente dalla neve ammassata durante le nevicate invernali.
La neve ghiacciata faceva sì che l’acquefrescaio potesse assicurare agli avventori alla domanda:
 ” Acquajuò! L’acqua è fresca?“……. Con la risposta.” Manche ‘a neva”.
Tale modo di dire è divenuto da parte d’ogni commerciante l’elogio per la mercanzia da loro venduta,  dichiarando che è la migliore ed il non plus ultra.

mercoledì 16 gennaio 2008

'O Nespulare

O Nespulare è il Nespolaio, il venditore ambulante di nespole.
‘E Nespule sono considerate l’ultimo frutto dell’estate, perciò, quando finisce la loro raccolta e nei negozi di frutta di strada ( ‘e puoste), non si vedono più, inizia l’autunno e le giornate si accorciano.
Nespole mature del tipo giapponese
                   

‘O Nespulare , sa tutto del frutto e dell’albero del nespolo.
Ti sa dire che esistono due qualità di Nespole, quella comune,
detta nespola tedesca

Nespola germanica


perché originariamente proveniva dalla Germania, è di forma sferoide e di color giallo ruggine con 5 noccioli;
e quella nota come ‘a nespola do’ Ciappone , che come qualità è più buona e zuccherina.
‘O nespulare gridava il suo invito a comprare i suoi frutti dicendo:
“So’ d’ ‘o Ciappone ‘ nespore! “
“Tenene ‘a faccia gialla e ‘o core ‘e zucchere!”
“ Me parene overe ‘e méle : ih c’amarene!”
“So’ d’ ‘o Ciappone ‘ nespore! “
Traduzione sono del Giappone le nespole.
Hanno la faccia gialla ed il cuore di zucchero.
Sembrano di miele, oh, che amarena!
Sono del Giappone le nespole.

martedì 15 gennaio 2008

'O Nemmecchelare

Lenticchie dalla buccia tenera
Lenticchia dalla buccia dura

                                                      





‘O Nemmicchelare non è altro che il venditore d’ ‘e nemmicchele (che altro non sono che le lenticchie).
‘e Nemmicchele (le lenticchie) sono un legume antichissimo, coltivato già nell’antichità, tanto che se ne parla nella Bibbia a proposito del Profeta Esaù, (che per un piatto di lenticchie cedette la primogenitura a Giacobbe).
Le migliori qualità d’ ‘e nemmicchele si possono comprare sfuse nei negozi do’ vrennajuole, negozio specializzato, che vende generalmente mangimi , ‘a vrenna,(crusca), ‘e sciuscelle (le carrube), ‘e fasule a ucchietielle (fagioli) ed  ‘e Nemmicchele (le lenticchie).
A Napoli si è soliti mangiare 'e nemmicchele (lenticchie) come :
Zuppa ‘e lenticchie,utilizzando per l’occorrenza 
lenticchie di Ponza e di Ventotene

Zuppa di lenticchie di Ponza




lenticchie dell'isola di Ventotene


con aglio, pepe, sale e qualche pomodoro pelato;.


Pasta e lenticchie alla napoletana 


 
Pasta ‘e lenticchie, minestra,fatta utlizzando le lenticchie prima cotte a fuoco lento con olio ed aglio e poi aggiungendo acqua fino a farla bollire immettendovi la pasta (generalmente spaghetti spezzati o tubetti)

lunedì 14 gennaio 2008

'O 'Ncenziere

‘O ‘Ncenziere era un venditore ambulante d’incenso, o meglio vagabondo, che andava da un capo all’altro della città irrorando fumi di incenso a destra ed a manca, come rimedio contro il malocchio e la mala sorte.
Incenziere, irroratore ambulante di incenso


 La figura d’ ‘o ‘ Ncenziere era rappresentata da un omone dalla gobba pronunciata, che camminava lentamente a causa di una malformazione delle gambe, vestiva con pantaloni alla zuava, camicia scura sotto un frac dismesso con fregi ed orpelli vari, nonché in testa recava una feluca inghirlandata di amuleti, (ciondoli di piccoli gobbetti di color rosso, larve di serpenti, scheletri rinsecchiti di rane).
L’incenso, che irrorava (a suo dire) serviva a tener lontano Jettatori provetti di malocchi ed a scacciare la scalogna, che si era insinuata in un negozio, in una famiglia pronunciando la cantilena celebre :”:Aglie, fravaglie, e fattura ca unu quaglia "
‘E ‘ncenziere , come i sacerdoti dell’antico Egitto erano convinti, che il potere dell’incenso e biascicando la vecchia litania :
‘Na carta ‘e ‘ncienze, ‘nu sorde!
‘Ncienze sante, ‘ncienze ricche!
Sciò, sciò, ciucciuvettele!
Male lenghe, uocchie sicche, !
 facevano intendere di essere capaci di annullare ogni malefico sortilegio e rendevano il luogo, asperso di incenso, immune. dalle fatture, che recavano malocchi.
L’incenso, come la mirra e l’oro furono i doni portati da Re Magi alla grotta di Betlem alla nascita di Gesù Cristo ed erano già a quel tempo simbolo di onoranze dei Re Sacerdoti ai loro Dio.
IL Re magio, Baldassarre,
 che portò l'incenso



 Attualmente l’incenso lo si usa nelle cerimonie solenni della chiesa cattolica sia cristiana, che ortodossa, e per purificare i morti nel loro viaggio per l’aldilà.
Venditore d'incenso di oggi