domenica 23 novembre 2025

Buon giorno – Buona Domenica 23 Novembre 2025



 

Buon giorno – Buona Domenica 23 Novembre 2025

--- San Clemente – Santa Lucrezia – San Severino ---

 

Lo squilibrio, tra le morti e le nascite, alcuni parlamentari leghisti proponevano anni addietro un bonus per i nuovi matrimoni di soli generi diversi, (uomo e donna) prima solo con il rito religioso e poi esteso a tutti, per risolvere il problema, data la deficienza delle nascite rapportata ai decessi, poiché una delle cause principali è l’eccessivo costo per l’assistenza e il mantenimento dei figli durante la loro crescita per permettere loro una dignitosa e sana esistenza.Tale proposta non fu mai accettat,a, perché contraria al principio, che il matrimonio attuale, come afferma e riconosce l’articolo n.16 della “Dichiarazione universale dei diritti umani”, quando sancisce che, Uomini e Donne, in età adatta, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione, ma è l’unione di due esseri anche dello stesso genere, come poi ha previsto la legge n. 76/2016 in vigore da giugno 2016. Tale norma istituisce le cosiddette “Unioni Civili “, che prevedono un regime patrimoniale comune, diritti e doveri tra le parti e sono una formazione sociale tra persone, sia etero sessuali, che dello stesso genere, e sono dette per questo motivo “parti dell’unione civile”, ma non “marito” e “moglie” o “coniugi”.

Dopo questa conoscenza della realtà , ugualmente continuerò, care amiche e cari amici, a farvi leggere una mia curiosità storica, su alcuni mestieri napoletani, ormai scomparsi, che ci hanno permesso di alimentarci anche con cibi conservati a lungo senza deperirsi,   ,

Dalle curiosità storiche di Sasà ‘o Professore, sui mestieri scomparsi.

 

A Nevajola

Nel primo dopoguerra i frigoriferi non erano presenti nelle case degli italiani e i napoletani, che avevano l’esigenza di conservare alimenti deperibili, dovevano ricorrere necessariamente a delle ghiacciaie, (contenitori, dove veniva stipato del ghiaccio, cosparso di sale), che ne rallentava lo scioglimento. Questo metodo di conservazione degli alimenti era utilizzato dai ceti più abbienti, mentre i più poveri erano costretti a procurarsi il ghiaccio acquistandolo da venditori ambulanti, detti ” e Nevajole “, che vendevano blocchi di neve ghiacciata.

Il loro mestiere era collegato principalmente all’Acquaiolo, detto pure acquafrescaio, che necessitava del loro prodotto, la neve, per la vendita dei loro prodotti, nel caratteristico chioschetto detto

(‘A Banca ‘e ll’acqua).

(‘A Banca ‘e ll’acque) era una sorta di chioschetto, dove specie durante l’estate, che offriva sempre sempre i prodotti offerti, freschi o ghiacciati.

La materia prima, quindi, era la neve, che veniva raccolta durante l’inverno copiosamente sul monte Faito o sullependice del Vesuvio, e quindi ammassata in grotte sotterranee (‘e Nevere) dove ghiacciava, per poi venderla in estate.

Le nevaiole appartenevano alla classe più povera della società napoletana, che inventò quest’attività, che risultò poi molto redditizia, per quanto parecchio logorante.

Queste professioniste del ghiaccio, grazie ai loro mariti o compagni di vita, e vari collaboratori, che si recavano in montagna durante l’inverno, in seguito a grosse nevicate, ricavando grandi quantità di neve, che stipavano in fosse sotterranee al fine di mantenere una temperatura bassa e farla mantenere fino al periodo più caldo.

In primavera i nevaioli, mariti delle Nevaiole, tornavano in montagna e prelevavano e tagliavano il ghiaccio con delle seghe. I pezzi tagliati avevano una forma allungata e squadrata e di spessore adeguato al fine di evitare che, durante il trasporto sui carretti, si sciogliesse.

Dopo un lungo e tortuoso viaggio il ghiaccio arrivato a destinazione veniva pulito dalle impurità acquisite durante il trasporto e venduto sia a cittadini che ai gestori di attività commerciali. Tale ghiaccio era conservato nelle ghiacciaie e poi immesso in grandi botticelle foderate di sughero con un vano nella parte inferiore, dove erano alloggiati blocchi di ghiaccio, che rendevano l’acqua o la bibita, fresca o ghiacciata, perché raffreddata dal ghiaccio, proveniente dalla neve ammassata durante le nevicate invernali. La neve ghiacciata faceva sì che l’acquefrescaio potesse assicurare agli avventori alla domanda: ” Acquajuò! L’acqua è fresca?“……. Con la risposta.” Manche ‘a neva”. Tale modo di dire è divenuto da parte d’ogni commerciante l’elogio per la mercanzia da loro venduta, dichiarando che è la migliore ed il non plus ultra. Un’altra terminologia, collegata alla raccolta della neve, è la sua sistemazione e copertura, il taglio del ghiaccio, il trasporto e la vendita erano operazioni fatte con grande fretta al fine di massimizzare il guadagno, diventata nota nel dire: “Ten’ ‘a nev’ int’ a sacca”. Il detto significa “Ha la neve nelle tasche”, utilizzato quando si vuole indicare qualcuno che ha fretta di lasciare un luogo oppure non ha piacere ad intrattenersi con i suoi interlocutori.

 

1 commento:

  1. Molto interessante, e simpatici i detti Napoletani sull'acqua e la neve

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