lunedì 31 dicembre 2007

'O Materazzare

‘O Materazzare non è altro che Il Materassaio.

Il materassaio ( mestiere antico artigianale)



Mestiere svolto da chi riempiva un sacco (da stendere per quanto era esteso il letto) ripieno in un prima momento di foglie di granoturco (‘e sbreglie), di fibre vegetali ( ‘o crine) alquanto soffici,ma rumorosi nel muoversi sopra, ed infine morbidi e caldi, quando il ripieno era di cirri di lana o di piume di struzzo, piume di uccelli vari o di bambagia.
Divenuto un prodotto industriale, attualmente,
 'o materazzo viene fabbricato con un tipo di lattice, che rappreso diventa una spugna soffice ed elastica mista a molle di acciaio,
Materasso moderno

che è così confortevole per la schiena, riuscendo a far soppiantare tutti gli altri vecchi tipi di materassi.
‘O Matarazzare (il materassaio) era anche definito come chi una volta all’anno,( chiamato a domicilio negli anni, che vanno dal 40 al 60 del novecento), veniva ad allargare la lana dei materassi ammassatasi per renderla nuovamente soffice con uno strumento detto

Lo scardasso ( il cardalana)

( ’o Scardasse) ,
 per cui il nostro artigiano era noto anche come Scardassiere.

'O Matassare

'O Matassare  è il fabbricante e venditore di matasse.
Matassaio con  trapanaturo ( aspo)

Le matasse sono avvolgimenti di fili
intrecciati ed avvolti l’uno sull‘altro con più giri a mezzo di un aspo ( ‘o Trapanaturo), se trattasi di fili di fibre vegetali.
‘O Trapanaturo (L’aspo di legno per i filati) è noto per il  proverbio, che dice :
‘A vecchia ‘e trenta ’e maggio mettètte ‘o trapanature a ‘o fuoche”
(La vecchia il 30 di maggio - credeva che era finito l’inverno - per il freddo inatteso non avendo legna per riscaldarsi mise l’aspo dei filati ad ardere) Le più note matasse sono ricavate da fibre vegetali
come quelle dalla peluria dei semi : (’o cuttone),
quelle dal libro dei fusti delle piante (‘o lino, ‘a canapa, l’ortica, ‘o iuta ed ‘o ramiè),
quelle dalle foglie ( Manila, Sisal) ,
quelle dai peli di animali come la lana
 ( ‘e pecure, ‘e caprr, ‘e cammello)
quelle da fili di bozzoli (‘a seta).
Le matasse possono essere fatte anche con fili metallici ( Corde e Cordame metalliche)
con fili di rame ( Fili elettrici)
con fili artificiali, a base di cepoliamidica (Naylon) ed inorganica ( Vetroresina).
Un mestiere anticamente svolto nell’ambito delle mura domestiche ora è fatto dalle macchine a livello industriale.

domenica 30 dicembre 2007

'O Mastuggiorge


'O Mastuggiorge :  è il Castigamatti. Castigatore.
Mestiere o meglio è il compito dell’infermiere degli ex manicomi (‘e Pazzarie ) di sorvegliare i malati di mente, affinchè non provocassero danni a se stessi ed ad altri.
Il vocabolo deriverebbe da un noto Castigamatti del Seicento un certo Mastro Giorgio Cattaneo, che pretendeva di curare le persone fuori di senno picchiandoli con un bastone ( il Castigamatti)
Altra ipotesi di Mastuggiorge è quella, che tale mestiere deriverebbe da quello greco Mastigophoros (Fustigatore colui che usa la frusta per placare o punire i più agitati).
Mastuggiorge  era il collaboratore principale dello Psichiatra ('o miereche de' Pazze), doveva avere un fisico forte e robusto, perché, quando era il caso, doveva intervenire per bloccare la pazzia del malato con la cosiddetta ''a cammisa 'e forza) (camicia di forza) infilandogliela.

Camicia di forza per immobilizzare i pazzi
l linguaggio napoletano è anche sinonimo di uomo determinato, che si ritiene capace di prendere in mano una situazione difficile o le redini di una impresa, che naviga in cattive acque.
Tipiche espressioni, che spesso si sente dire quando ci si sta in difficoltà :“ca ‘nce vo’ ‘nu bellu mastuggiorge = (occorre un uomo di polso che sappia dirigere, sappia mettere ordine)-
 per dire, infine, che L'unione fa la forza, e la persona più sicura di sé può essere in pericolo di fronte ad
un gruppo, anche se di ragazzi o di pazzi si dice:
"Tantu ca sbariajene 'e pazze, 'nfin'  'a ca menajene 'o mastuggiorge  int' 'o puzzo"

'A Mastressa

'A Mastressa  era un tempo la direttrice di bordello, di casino (le case di tolleranza)
Mestiere era esercitato per lo più da donne anziane con un curriculum vitae di grande rispetto, che gestivano le case di tolleranza, ( i Casini, i Postriboli, i bordelli) chiuse a seguito dell’entrata in vigore della legge Merlin n. 75 del 20 febbraio del 1958

La senatrice Lina Merlin fu la promotrice della legge 
che porta il suo nome -
 con cui si decise la chiusura delle case di tolleranza in Italia




 
Con la chiusura delle case di totteranza (i Casini) non è finita la prostituzione, anzi il fenomeno è dilagato, in questi ultimi tempi aumentato, soprattutto per lo sfruttamento perpetrato dalle organizzazioni malavitose, che senza alcun controllo igienico sanitario, fanno esercitare 'o mestiere  cchiù viecchie do' munne  alle giovani donne immigrate clandestinamente, lungo viali  e strade solitarie.
‘A Mastresse attualmente ha acquistato un altro significat,o quello di donna autoritaria, saccente, che ostenta di sapere

sabato 29 dicembre 2007

'O Masterasce

‘O Masterasce .
 
Masterascio Il falegname del sottile)
                                                         

Il vocabolo dovrebbe essere Mastedascio per il fatto che in napoletano spesso la D è pronunziata R , pare così abbia un segreto significato, mentre in realtà dovrebbe indicare Maestro di Ascia



Anticamente era il mestiere, di chi con la sola ascia riusciva a scavare tronchi per costruire barche ed il fasciame per bastimenti, poi è diventato in genere chi lavora il legno (il Falegname).
Bisogna distinguere vari tipi di Masterasce, in funzione del tipo di lavorazione del legno, che usano trattare, per cui abbiamo:
" 'O Materasce d’’ ‘u gruosse , artefice che lavora il legno di grossi tronchi per fare infissi, tramezzi, porte, balconi, finestre, persiane, pedane;
" 'O Materasce d’ ‘u suttile (il classico falegname) che lavora il legno già spaccato o segato in tavole, travi, assi, aste, producendo sedie, stipi, tavole, panche, mensole, armadi, scrivanie, librerie, cristalliere etc
Tra 'e masterasci bisogna annoverare altre categorie di mestieri, che trattano e lavorano anche loro con il legno come :
Ebanista, Chi tratta e lavora solo legni duri come l’Ebano, il Mogano
Liutaio chi tratta e lavora legni da utilizzare per la costruzione di strumenti musicali (violino, chitarra, basso, contrabasso, mandolino)

                                          
Bottaio—chi tratta e lavora legni per costruire botti, mastelli, tini;
Carradore—Chi tratta e lavora legni per fare carri, carrozze, baronci
Casciamurtare—Chi lavora il legno per fare cassa da morti. ( le bare)

'O Mannese

O Mannese , in italiano è il Carradore o carraio, costruttore di carri, carretti e bigonci, nonché degli stessi anche riparatore e restauratore.
                                                     
'o Mannese (carradore)
Nel gergo prettamente popolare era meglio conosciuto come :
O Scassacarrette”, ’O mannese era per lo più un abile artigiano, che doveva avere dimestichezza sia nel lavorare il legno, sia nel forgiare il ferro
                                                          

Carretto abilitato a trasporto di persone
Fra le operazioni più importanti, che metteva in atto, sono da ricordare :
“ Ferrà’ ’o miulle” ( Cerchiare col ferro il mozzo delle ruote);
“’Ncastrà’ ’e raje”(incastrare i raggi nel cerchione delle ruote)
Vattere ‘o maglie ‘ncopp’ ‘a ‘ncunia “  (battere col maglio il ferro sull’incudine) 
“’Ncrassà ‘e rote(saper ingrassare,  per far girare meglio gli assi delle ruote)
Oggi nelle nostre città ’e mannese “ non s’incontrano più, per il fatto che i carri, i carretti non circolano più.
Il loro mestiere si è trasformato con l’avvento dell’automobile in Meccanico, in Carrozziere, Elettrauto. Radiatorista.

venerdì 28 dicembre 2007

'O Latrenare

‘O Latrenare. È noto meglio come ‘O Spuzzacesse o Spuzzalatrine
E’ un mestiere, come tanti altri, che a seguito della modernità e dei cambiamenti dovuti alla Civiltà, non è più esercitato.
 Tale mestiere consisteva nel ripulire le Latrine ( ossia i pozzi neri relativi ai gabinetti utilizzati all’interno dei palazzi come luoghi di decenza e dove venivano riversati (‘e Cantare) i pitali delle varie famiglie dell’intero condominio.
'E Latrenare spesso svuotavano i pozzi neri di queste latrine condominiali, raccogliendo poi il materiale fecale, che le famiglie avevano prodotto e l'ammassavano in enormi tini su carretti maleodoranti, che al loro passaggio venivano apostrofati nel vociare mortificante :
“Sta passanne ‘o carre d’ ‘e merdajuole, appilateve ‘o nase “.
Il contenuto dei tini, anche, se puzzolente, era un prodotto molto richiesto dai contadini, che lo utilizzano come concime e lo pagavano abbastanza bene da farlo essere un mestiere ben remunerato e necessario, soprattutto per evitare malattie ed epidemie contagiose.
Oggi che non vi sono più le latrine condominiali, poiché ogni famiglia possiede un gabinetto privato, che riversa attraverso la colonna fecale i suoi prodotti corporali, qualcuna la si può trovare in qualche paesino sperduto dell’entroterra, dove non esiste un adeguato sistema fognario, ma è cosa ormai rara.
Esistono attualmente latrine pubbliche, poiché eventuali esigenze corporali personali possono essere espletate in luoghi appartati, chiamati ritirate se pubbliche  ed una volta anche per le strade i noti Vespasiani (dell’imperatore Romano) o iwater closet ( gabinetti o cessi) che si possono trovare in ogni bar o negozio pubblico, in Supermercati, nelle stazioni ferroviarie o metropolitane.
Noto era, negli anni del dopo guerra, un latrenare napoletano un certo Ernesto a Furia, che era anche custode ed attendeva alla sua Ritirata in locali situati sotto il livello della strada nei pressi della Stazione metropolitana di Piazza Cavour.
Comunque sia nei centri urbani, che nelle periferie ‘o Latrenare è stato sostituito dal Pulitore fognario, (addetto ecologico) che periodicamente effettua sull’intera rete lo spurgo, là dove si è verificato un intasamento.
‘O Latrenare aveva un concorrente speciale ‘O Lutammare (raccoglitore di carogne e resti di ogni genere di animali) che, quando era senza lavoro, svolgeva, se ce ne fosse bisogno in sua vece il suo mestiere.
O Lutammare al contrario del Latrenare è sinonimo di persona sporca, che raccoglie tutto ciò che viene definito “Lutamma" ( fanghiglia mista di escrementi ed ogni resto di animali, compresi carogne in putrefazioni) tanto da far coniare il detto che è il massimo dell’offesa e dell’insulto : “‘A lutamma è meglie ‘e te “
( Traduzione traslata = la sporcizia più zozza è migliore di te, sei un uomo di cacca

giovedì 27 dicembre 2007

'O Jucatore d' 'e tre carte

‘O Jucatore d’ ‘e tre carte, noto pure come ’o jucatore d’e Tavulette.
'o jucatore de tre carte
un autentico mestiere napoletano esercitato da abilissimi individui, che, come i prestigiatori, sono pronti a raggirare ed a gabbare gli ingenui.
E’ un mestiere proibito dalla legge, poiché in esse si ravvisa il reato di truffa.
Per esercitare questo mestiere occorrono dei semplici attrezzi, quali :
un tavolino pieghevole ed un treppiede per appoggio, (facilmente trasportabili per facilitare una eventuale fuga, in caso di arrivo di agenti della pubblica sicurezza).
Occorrono infine tre carte da gioco napoletane o tre tavolette, delle stesse dimensioni e misure di una carta da gioco uguali di misura e dello stesso colore.
Il tenutario dell’improvvisata bisca, appena trova avventori disposti a giocare, aperto il suo tavolino sul treppiede, mostra e solleva le carte stringendone i bordi a tenaglia con le dita e ne indica quale delle tre sarà la vincente. Con le mani velocemente, poi, fa cadere le tre carte coperte sul tavolino. invitando a puntare. Una sola, quella mostrata in precedenza è vincente, s’ è indovinata dagli scommettitori con la posta puntata e versata su di essa verrà pagata con una equivalente somma (la vincita)
O jucatore d’e Tavulette viene di solito assistito dai "Cumpari", la cui presenza è indispensabile ai fini della buona riuscita dell’imbroglio, che, puntando e vincendo, incoraggiano a giocare i curiosi, che si sono avvicinati, anch’essi a puntare, dopo aver fatto capire dove era stata collocata la carta vincente.
All’inizio gli scommettitori occasionali vincono ed in questo modo inizia l’azzardo ed aumentano la posta fino a perdere tutto. Alcune volte, quando il biscazziere capisce che l’atmosfera si è fatta calda, d’intesa con 
" ’e Cumpare"  inscena un duetto, dopo aver poggiato sul tavolino le tre carte, affermando che la tavoletta vincente si è vista ed il gioco deve essere annullato.
Il Compare, che ha già puntato, si risente e chiamando a testimone gli altri scommettitori ed i santi del cielo, che non è vero, anzi aggiunge altre banconote sulla carta.
I presenti convinti della ragione e della "Bontà" della puntata si precipitano a puntare anch’essi su quella carta, ritenuta vincente, e loro malgrado si ritrovano gabbati, quando le carte sono scoperte.
Nel caso in cui la posta puntata sulla carta vincente è forte, perché qualcuno ha capito l’inghippo, allora entra in scena l’altro Compare, che grida : “’A Polizia” e nel fuggi fuggi generale ‘0 Jucatore d’ ’e 3 carte’ evita di pagare.
Ricordo, da giovanotto, di aver assistito una mattina all’angolo della stazione della Cumana a Montesanto ad una scenetta tragicomica di un Biscazziere del gioco delle tre carte, un certo Don Roberto ’e tavulette.
Questi, intento a praticare il suo mestiere, gridando:
.”Questa vince e questa perde. Puntate !“ Non c’è dolo, non c’è inganno, Puntate!
Avvicinato da un angente della P.S, fu invitato a chiudere il suo trabiccolo ed a sloggiare.
Invano Don Roberto lo pregò di soprassedere all’intimidazione, anche perché non aveva ancora guadagnato nemmeno un caffè, perciò l’invocò sommessamente:
“Chiudite ‘n ‘uocchie, “Mariscià”! faciteme fa’! “.
L’agente fu irremovibile, anzi gli replicò che l’avrebbe arrestato, se non avesse lasciato di lì a poco il posto, che stava occupando, perché intralciava anche il passaggio.
Don Roberto ‘e tavulette con una forma di sarcasmo da vero Napoletano, chiuso il banchetto pieghevole, come fosse una valigia e ficcatosi il reggitavolino che lo sorreggeva sotto le braccia, soggiunse al solerte Agente, che da lì non si sarebbe spostato, perché stava solo aspettando un amico e nessuno glielo poteva impedire, perché non faceva niente di male.
Attualmente un Bancariello delle tre carte si può ancora incontrare nei pressi della stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi, mentre “O Jucatore d’ ‘e tre carte “ è ancora un personaggio rappresentativo nelle feste popolari paesane e in quelle di periferia di santi patroni, e non manca mai agli appuntamenti, poiché conosce l’intero calendario delle stesse.
Lo stesso biscazziere, spesso, alternava sul piano del tavolino completamente spiegato, al posto del gioco delle tre carte, quello della “Roulette”, una sorta rudimentale di quella dei grandi Casinò, molta alla buona, consistente in un cerchio disegnato sul piano del tavolino diviso in zone colorate, in genere quattro settori ( i 4 pali delle carte napoletane) ed ognuno a sua volta suddiviso in 10 sottosettori contrassegnati dalle carte stesse incollate sul piano, che indicavano quante sarebbe stata pagata la posta puntata nel caso di vincita.
Su un perno centrale del cerchio ruotava un lungo ago di ferro terminante con una penna di celluloide flessibile, la cui corsa progressivamente era rallentata da una corona di chiodi, che delimitavano i 4 settori e dai sottosettori da uno a 10, quante erano le carte dei palo poste in ogni settore, mentre alla fine di ogni settore, come se fossero i 4 punti cardinali, v’erano fissati degli zero (O), che se l’ago si fermava lì, se non puntato, faceva vincere il banco, (il tenutario della Roulette).
Ovviamente il biscazziere era bravissimo a saper imprimere la giusta spinta all’ago nell’avvio della corsa sul cerchio colorato, riuscendo a farlo bloccare sempre nella zona in cui v’erano meno puntate e spesso sullo zero.
Nel passato anche questo è stato ed è un artifizio, o meglio, un espediente per arrangiarsi, per sbarcare il lunario nella nostra città

'O Guarnamentare


‘O Guarnamentare è il Sellaio. Venditore e riparatore di finimenti (Guarnamiente)
per cavalli da carrozze e per cavalli da cavalcare.

'o guarnamientare
                                                                     
‘E Guarnimiente consistono in una serie di fascie, di cordami in pelle o in cuoio, come le briglie, le sonagliere, le cavezze, i sottocanne, le mussoruole le redini, nonché le selle, per quando si deve galoppare in groppa la cavallo. 
bardature per parte dei carabinieri
Noto è il proverbio
 “Murì cu’ ’e guarnimiente ’ncuolle”   ( Cadere o morire sul campo ) .
Al mestier del Guarnamentare spesso erano indotti ed affiancati altri mestieri come
l’affittatore = ( il noleggiatore di cavalcature)
‘O Brigliare = ( chi fabbricava e vendeva briglie
‘O Ferracavalle = Il maniscalco, chi attende a ferrare gli zoccoli dei cavalli, degli asini
'o ferracavalle ( maniscalco)

‘O Grammegnare = ( Il fornitore di gramigna

‘O Vrennajuole. = Fornitore generalmente di crusca,  Carrube (Sciuscelle) di fieno ed orzo, ceci nonché faglioli, lenticchie e fave .

'O Guardaporte

O Guardaporte non è altro che il Portinaio, Portiere, Custode.
Totò nei panni di portinaio, guardaporte



 
Il mestiere d’ ‘o Guardaporte era in uso, una volta, solo nelle case e nei palazzi nobiliari,e lo si era solito incontrare nei maestosi edifici, che avevano dei grandi portoni di accesso ai vari Appartamenti (quartini).
Oltre ad occuparsi della di pulizia, della custodia e della vigilanza delle aree e dei beni comuni, era anche l’uomo di fiducia e spesso il confidente dei vari condomini
Attualmente lo si trova in ogni nuovo palazzo o palazzina con almeno tre o quattro appartamenti ed a secondo, se la loro provenienza, ossia la loro origine, è napoletana o è delle zone contadine limitrofe a Napoli o della Provincia, si classificano in due categorie ben definite,: quella dei pettegoli, degli intriganti, degli scorbutici è cittadina,
mentre quella degli stravaganti, dei fantastici degli storditi proviene da fuori Napoli
‘E Guardaporte” sono per lo più persone oneste, sia se agiscono da soli nella loro guardiola, sia con l’intera famiglia, quando abita all’interno del cortile o nell’androne dello stesso palazzo.
Sono preparatissimi nel conoscere i loro diritti e doveri, specie quando non sono in servizio e pertanto ogni loro prestazione extra, se richiesta, se la fanno remunerare adeguatamente
Nei grandi Condomini, dove vi sono uffici, fanno oltre che da filtro, anche funzione d’ indirizzamento e all’uopo, ove il caso, firmano per ricevuta il ritiro della posta ordinaria e le raccomandate

mercoledì 26 dicembre 2007

'O Guarattellare

'O Guarattellare  o meglio il  Burattinaio..
   Bruno Leone, - Guarattelaro in Napoli
                                  Ultimo borattinaio napoletano

                                                                                               
Artigiano che fabbrica e vende le “Guarattelle.”, (anticamente venivano dette bavattelle) in italiano Burattini. 

le guarattelle napoletane


‘O Guarattellare “ è anche colui che manovra e presta la sua voce ai vari personaggi con toni diversi, che vengono messi in scena, durante la rappresentazione, dentro uno scatolone, che fa da teatro ambulante, detto castelletto dei burattini o anche Torricella.
'A Guarattella vera e propria è un fantoccio con la testa di legno con una lunga veste a campana, che permette di poterci infilare la mano sotto, e così lo si può muovere a piacimento.
'O Guarattellare per svolgere la sua rappresentazione si accovacciava dentro il castelletto e muoveva i vari personaggi (‘e Guarattelle) infilando il dito medio ed il pollice nelle braccia e il dito. indice nella testa.
Data la sua origine di sicuro francese, contemporanea della commedia dell’arte la rappresentazione delle Guarattelle si affermò, perché non era altro che la trasposizione teatrale delle vicende delle maschere (quali Pulcinella e Colombina e le sue 99 disgrazie)  

Pulcinella e colombina ( burattini )


                                                                  
 In quella scatola similarmente ad un teatro alla portata di tutti, e che poteva essere goduto da molti, perché ambulante e facilmente trasportabile..
Le rappresentazioni , una volta venivano fatte nell’ampio spazio del molo, ora le si possono ammirare soltanto nei viali della Villa Comunale e per incuriosire gli spettatori, sia bambini, ma anche adulti, spesso erano recitate storie di Camorra, come quella nota di Tore ‘e Criscienze, dove con un trucco le camicie bianche dei burattini contendenti nel ferirsi in duello, s’insanguinavano verosimilmente

martedì 25 dicembre 2007

I numeri originali della Tombola Napoletana

Le Antiche originali definizioni dei numeri della Tombola Napoletana
                                      ( nota come ‘a Bonafficiata
                                         
| 1 | L’Italia                                       | 46 | ‘A pummarola ‘ soreta
| 2 | ‘A Piccerella                              | 47 | ‘O Muerte
| 3 | ‘A levate d’ ‘o sole                    | 48 | ‘O Muerte ca parle
| 4  | 'O Puorche                      | 49 | ‘O piezze ‘e carne
| 5  | ‘A mana è libera                        | 50 | Pane e pazienza
| 6  | Chella ca guarda ‘nterra             | 51 | ‘O Ciardenielle ‘e mammà
      |  e nun piglia maje sole               | 52 | Mammà Cacaje ‘o c...azze..
|  7  | Sette so’ ‘e peccate murtale             | …..a Papà
|  8  | ’Nu vase e ‘na cocotte               | 53 | ‘O Vicchiarielle
|  9  | ’A figliata                                  | 54 | ‘O Schiavuttielle
| 10 | ‘O Ciucce llà mieze                    | 55 | ‘A Musica Giappunesa
| 11 | ‘O Suricille – ‘e zucculelle        | 56 | ‘A Caruta – Carette!
| 12 | ‘E Surdate nuoste                      | 57 | ‘O Scartellato
| 13 | Sant’Antonio, ‘a cannela           | 58 | ‘O Sepolcro
| 14 | ‘O ‘Mbriaco                              | 59 | ‘O Vallerinie (‘o Gallinaccio
| 15 | ‘O Rre                                       | 60 | So’ sante ‘e cartelle meje
| 16 | Tutte ‘o tenene, …. ‘o culo       | 61 | ‘O Cacciatore
| 17 | ‘A Disgrazia .. Muglierema       | 62 | 'O Muorte acciso
| 18 | ’O Sanghe aita jettà      63 | ‘A Tena cavera e pelosa ‘a sposa
| 19 | ’A Resata                                    | 64 | ‘A Sciammeria
| 20 | ‘A Festa                                       | 65 | Chiagneva Lucia
| 21 | ‘A femmina annura                     | 66 | ‘E Doje Zetelle
| 22 | ‘O Pazzo                              67 | ‘O Sei se ‘mpezzaje ‘nt’o sette
| 23 | ’O Scemo                                      | 68 | ‘A Menesta
| 24 | ‘E Guardie                   | 69 | ‘O ‘mbriacamiente dint’ e lenzole
| 25 | Natracchie (Natale)                     | 70 | ‘O Palazzielle
| 26 | Nannì va’ a messa                | 71 | L’Ommo pusiteve
| 27 | ‘E Muscio                                         | l'Omme 'e mmerda
| 28 I   'E Zizze, prievete e cuseture          | 72 | ‘A Meraviglia
|            (una mesura)                              |73  | 'O Spitale
I 29 |   'O pate d' ' criature                                  | 74 | ‘A Rotta
| 30 | ‘E Palle d’ ‘o tenente, tu 'e               | 75 |  Pullicenelle
         | sciacque e je ‘e tenghe mente      | 76 |  'A Funtanelal  
| 31 | ‘O Padrone ‘e case vene ogne       |  77 | 'E Riavule
         mese e t’ ‘o ‘ncase)                | 78 | ‘Ha strutte 'e tacch........e
| 32 | ‘O Capitone                                   |  cocche vote 'o piglie pure
| 33 | L’anne ‘e Criste                          |   dint'  ' e pacche.(‘a puttana)
| 34 | ‘A Capocchia                                         | 79 | ‘O Mariuolo
| 35 | Zuì, Zuì , fà l'aucelluzze                        | 80 | ‘A Vucchella
| 36 | ‘E castagne – ‘o Castagnare              | 81 | ‘E Sciure
| 37 | ‘O Moneche                                             | 82 | ‘A Tavulella
| 38 | ’E Mazzate (‘nce vonne pe’ femmene) | 83 | ‘O Pireto
| 39 | ’Nganne e ‘ncule ( una mesura)          | 84 | ‘A Parrocchia
| 40 | ‘A Guallera ( 'a Paposcia)                      | 85 | L’Aneme purgante
| 41 | ‘O Curtielle                                                | 86 | ‘O Putecaro
| 42 | ‘O Cafè buone                         | 87 | ‘E Perucchie, ‘o Perucchiuso
| 43 | ‘Onna Pereta ‘nbalcone                          | 88 | ‘E Casecavalle
| 44 | ‘E Carcere                         | 89 | ‘O Zucculone,chella cu ‘e baffe
| 45 | ‘O Vine Buone                                          | 90 | ‘A Paura

domenica 23 dicembre 2007

'O Jucatore 'e carte

‘O Jucatore ‘e carte

Giuocatori di carte


Giocatore. di carte da gioco. Chi piace il rischio. Vizioso, maniaco di giuoco.
Tale significato dello “ Jucatore “è riferito al gioco delle carte o al gioco del lotto o di lotterie, quindi uno che impegna il tempo risicando soldi e partecipando in prima persona nei giochi di carte, mentre, nel gioco del lotto o di lotteria, impegna il tempo nell’attesa, che si verifica quella tale combinazione di eventi, senza partecipare fisicamente .
Nel gioco delle carte incontriamo vari tipi di Jucatore:
‘O Jucatore ‘e Scopa o ‘e Scupone, giocatore maniaco, che gioca facendo il calcolo del quarantotto ed osserva le 44 Regole scritte dal monaco “Chitarella”, che le pubblicò nel 1750 stabilendo normativamente, come si doveva saper giocare “‘o Scupone Scientifico"
.
'O Jucatore ‘e Tressette” E’ il classico giocatore da bar o da sala di caffè di una volta e da circolo di ricreazione per pensionati o nullafacenti.
Non v’è Napoletano della generazione passata del Novecento, che non sappia giocare al gioco di carte del Tressette. Per questo tipo di giocatore, pertanto qualsiasi posto o momento, specie quando si è in ozio, ogni occasione è buona per farsi una partita di Tressette.
Il gioco del Tressette anch’esso segue l’altre famose regole (quelle del tressette) che fanno parte del Codice di Chitarrella
Pare che 'O Tressette fosse stato inventato da quattro muti, che impossibilitati nel parlare introdussero, tra le regole, alcuni gesti convenzionali, per indicare delle particolari situazioni di gioco.
Generalmente 'O Tressette si gioca con quattro giocatori, ma nella quotidianità se mancano. alcuni componenti la partita potrà effettuarsi ugualmente con alcune varianti a secondo del numero dei giocatori e dell’introduzione di alcune difficoltà.
Tali varianti si possono racchiudere con la seguente nomenclatura
(‘o Pizzeche, ‘a Calabresella, ’o Tressette cu’ o muerte,
‘O Tressette a cumpagne , ‘O Tramme , l’Ottavine).
‘O Tre a chiammà’ noto anche come ‘O Quadrigliane,
O Tressette a perdere, normale‘
o Tressette a perdere, cu l’asse ‘e mazze,
‘O Tramme e infine Ottavine
,

Le regole ed il modo di giocare di ogni variante delle Tressette sono per :
O pizzeche si gioca con due contendenti, che giocano con 10 carte in mano e con due pacchetti da 5 carte per terra davanti, da scoprire con un pizzico, quando si è di mano, con l’obbligo di tirare o giocare la carta scoperta se non un pezzo, ossia ‘na carta ‘e tressette ( Un asso, un due o un tre),
‘A Calabresella si gioca con tre persone ed ogni giocatore avrà 12 carte, mentre le 4 rimanenti saranno lasciate coperte e si aggiudicano momentaneamente a chi va da solo o chiama un Tre. Dopo averle viste 'O Chiammatore ne scarta altrettante sempre coperte, se gli sono utili, che formeranno il monte, che spetterà per il punteggio finale in aggiunta alle carte, di chi farà l’ultima presa. Per lo svolgimento del gioco e le prese si segue le normali regole del punteggio del tressette,
’O Tressete cu’ o muerte, è nota anche una variante con cui viene definito ‘O Sbatuffo, (dove la vittoria viene assegnata semplice, se il vincitore ha raggiunto il punteggio di 21 e l’avversario ha superato quello di 11;vittoria doppia, se il perdente non raggiunge il punteggio di’11; vittoria tripla, se il perdente non fa punteggio ). Si gioca a tre persone, mentre il quarto contendente, che manca (chiamato appunto il Morto) fa compagnia al giocatore di fronte. con le dieci carte scoperte, che vengono dallo stesso tirate al turno, che spetta al morto
‘O Tressette a cumpagne è il classico gioco del tressette, che si gioca con quattro persone, che si sfidano a coppia, avendo come compagno il giocatore di fronte. Caratteristica importante di tale giuoco è l’accuso, che va ad incrementare i punti fatti con il gioco con un premio di tre o quattro punti in più se nella dispensa delle 10 carte ricevute, si hanno tre o quattro ( assi, due e tre) o tre punti in più se in mano si possiede una Napulitana, cioè asso due e tre di uno stesso palo.
‘O Tre a Chiammà’ si gioca con quattro giocatori, noto pure come (’O Quadrigliano) Al contrario del tressette a compagni non esistono compagni predestinati e di fronte, ma l’accoppiamento avviene con il giocatore di prima mano, che chiama un tre ed il possessore del tale tre chiamato, che non deve essere svelato, ma solo intuito o capito dallo scarto di qiuest’ultimo o da sue giocate favorevoli al compagno Chiammatore. durante lo svolgimento del giuoco.
Ogni sfogliata di carte vale una partita e la vincita della posta in palio si raggiunge con il minino di punti ( 6 su 11) e si vince semplice,, mentre si dice cappotto se gli avversari non fanno nessun punto e la vincita viene raddoppiata..
Nel Quadrigliano si può giocare dichiarando di andare da solo.
In questo caso la vittoria fa vincere la posta in palio raddoppiata, mentre viene triplicata se si fa il cappotto.
'O Chi Pierde - detto anche 'O Tressette a perdere.
Non è altro che iI tressette, dove si vince facendo meno punti ed anche se viene giocato normalmente con quattro giocatori è definito un gioco individuale. Una variante del Chi Pierde è quando si decide che l’asso di Bastone vale ai fini del conteggio finale da solo 11 punti e prende il nome di“O Chi Pierde Cu’l’Asse ‘e Mazze”
‘O Tramme si chiama così
l Tressette quando viene giocato da 5 giocatori con 8 carte a testa, che si accoppiano nello svolgimento della partita, dopo che ’o Chiammatore di turno si accoppia con il giocatore del tre che ha chiamato, mentre giocano in comunità gli altri tre. Si può giocare anche uno contro gli altri quattro andando da solo,, ma non toglie la mano.
l’Ottavine infine è il Tressette giocato da 8 persone con 5 carte a testa con le stesse regole del Tramme per l’accoppiamento.
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’O Jucatore ‘e carte napulitane gioca solo per ingannare il tempo senz’ azzardo: ’a Briscule, ’a Mariagge,’o Terziglie,. ‘a Maniglie , mentre se si gioca a soldi ecco che l’emozioni non mancano con i giuochi d’azzardo quali :
a Stoppa,’o Zicchinette, ‘o piatte,‘o sette e mieze, ‘o mucchjette
Questi giuochi sono giocati generalmente in città, in bische clandestine o in locali di associazioni varie pseudo cattoliche o arciconfraternite di qualche santo patrono, mentre in periferia, nel bar o in circoli ricreativi.
'0 Jucatore ’e carte’ pur di soddisfare il suo desiderio di giocare è capace di sottostare a qualsiasi scomoda sistemazione, basti che possa giocare e tirare le carte, il luogo può essere per terra, improvvisato tenendo seduto una tavoletta fra le gambe e usando come sedie cassette della frutta o scatoloni, all’in piedi su un muretto divisorio

sabato 22 dicembre 2007

'O Nucellare

‘O Nucellare
Nociaiuolo. Nocellaio. Venditore ambulante un tempo di sesso femminile, che a tarda sera girava davanti a bettole ed osterie per offrire le “ nocelle
Nella lingua napoletana 'e nucelle erano note come (’e Nucelle ‘e San Giuvanne)
In quella toscaneggiante son dette ( Avellane), perché provenienti dalla zona di Palma Campania, di Avella, e di Nola.
’A nucella , quella nostrana è diversa dall’americana,
( che è solo una bacca con semi) ed ha il frutto racchiuso in un involucro legnoso detto guscio a forma di calice verde sgargiante, che spesso ( sei volte su dieci è privo della mandorla) e sono chiamate belle di fuori, ma dentro senz’anima.




Oggi ‘o nucellare va per vicoli e si mette ( ‘o Pendone) agli angoli delle strade con il suo " Vampietto" 

 
 'O vampietto
 ( carrettino per la vendita di noci , nocelle e varie)





(sorta di carrettino con scansie con scomparti, dove sono messi in bella mostra tutti prodotti crudi o cotti, quali, nocelle (nocciole), ciceri, e’ semmiente ( fiore di zucca) ‘’ fave secche e mandorle (‘o spassatiempe), e non più, come una volta, con un  grosso paniere a forma oblunga ed ovale sotto braccio.
Se cotte sotto cenere ‘e nucelle insieme alle noci sono note come “ ‘e ciocele”
(quando portate in tavola durante le festività natalizie o pasquali per essere consumate con l’aiuto dello schiaccianoci)
L’invito a comprare ‘e nucelle (nocciole) era:
“Spassateve ‘o tiempe! “
Nucelle ‘nfurnate, cicere, fave e semmiente ‘nfurnate, accattate!
Tengh’ e nuvelle pe’ chi vo’ rusecà?”
“Hanne fattte ‘o cule russe, ‘o cule russe ‘sti nuvelle!
Comme so bone, So’ bone tustate!

venerdì 21 dicembre 2007

'O 'Nzalatare

‘O ‘Nzalatare , il venditore di Insalata, comunemente denominato ortolano, erbaiuolo, erbivendolo.
Diciamo subito che la parola insalata deriva dal latino e vuol significare mescolare il tutto per dare sapore con il sale.
I francesi miscugli di erbe e prodotti ortofrutticoli le chiamano,(salade), mentre gli spagnoli le definiscono (ensalade), per cui si può dire che tutti i popoli, che s’affacciano sul Mediterraneo, compresi i Greci, consumavano, come pasto principale, perché facilmente reperibile, le insalate miste, che venivano condite in appositi recipienti chiamate (‘nzalatiere)
‘E ‘nzalatiere sono dei catini fondi di porcellana a forma bislunga, atti a far condire le insalate da portare poi in tavola

                                        


‘E ‘nzalate
si possono definire uno dei primi pasti dell’uomo Erectus, che senza affrontare animali, potè cibarsi strappando foglie od arbusti, che lo circondavano portandoseli alla bocca, come fanno le scimmie,( che mangiano prevalentemente foglie e gemme di arbusti e si alimentò così senza affaticarsi)..
In natura esistono una varietà di insalate, alcune sono selvatiche con crescita spontanea, altre sono coltivate a secondo del periodo stagionale o delle zone territoriali, dove meglio attecchiscono.
Le principali insalate utilizzate nella cucina dalle famiglie napoletane per i loro contorni prelibati sono :
 ‘a ‘nzalata riccia” che si trova principalmente in inverno,
.                                                              

‘a ncappucciata” la si trova al contrario in estate .
                                                               

:Il grido do’ ‘Nzalatare a comprare era :
Mo’ m’ha figliate ‘na ‘nzalata, m’ha fatte durece ‘nzalatelle,
cheste vanne ‘na lira ll’una,
accattatavelle! So’ fresche !“
La Traduzione in italiano = Proprio ora mi ha partorito un bella insalata, ha concepito dodici insalatine, che vendo ad una Lira l’una, compratevele! Sono fresche e tenerelle!
La regina, però, degli orti napoletani come insalata è ‘a lattuca nota
con vari nomi come:
a ‘ncappucciata = la cappuccina
‘a riccia = la lattuga crispa
‘a rumana = la lattuga romana
‘a murtarella = la lattuga mortarella
‘a sanguegna = la lattuga rossiccia
‘a janculella =la lattuga biancolina
‘a lattuchella = lattuga radicchiella.
Per definire la freschezza della lattuga in generale l’ortolano grida :
Comm’è fresca ‘a cummara, cocchete’e late !”
Il significato traslato del detto è che 'a cummara è la fresca lattuga, coltivata fatta con altri ortaggi, mentre “‘e late “ sonogli altri ortaggi tra i quali (i broccoli di rapa)

   
una volta venduta come insalata insieme alla rucola da ortolani ambulanti.
.
 La pucchiacchella, pianta spontanea, 
una volta venduta come insalata insieme alla rucola da ortolani ambulanti.





Con il vocabolo ‘Nzalata, noi napoletani indichiamo oltre alle lattuga, anche quella fatta con altri ingredienti ortofrutticoli, come quella col pomidoro :
‘a ‘nzalata ‘e pummarola, insalata con pomidori tagliati a fette condita con sale, origano, cipolla a fette, olio quanto basta e basilico.
Insalata di pomodori
                                                          

'a ‘nzalata caprese ,
insalata con pomidori tagliati a fette sottili alternate in un piatto con fette di mozzarella anch’ esse sottili, con aggiunta di basilico, origano, sale ed olio quanto basta.
‘a ‘nzalata ‘e rinforze,  insalata composta di cavolfiore lessato tagliato a rametti, olive snocciolate, sia bianche che nere,capperi dissalati, acciughe lavate e spinate, sottaceti a pezzetti, foglie o striscioline di scarole, di lattuga, nonché le note papaccelle ( piccoli peperoni rossi carnosi e di sapore forte acidulo).
Esiste, infine un proverbio, che per far riuscire una buona insalata (saporita e succulenta) che dice che occorre quello che fanno i quattro con la consonante “P “,
(il parco, il prodigo, il pazzo ed il porco)
Cioè in napoletano occorre
‘nu tirchie  (un Parco) pe’ mettere l’acite
‘nu scialaccone (un Prodigo) pe ‘ l’uoglie
‘ nu pazze ( un Pazzo) p’ ammiscarla
‘nu puorche ( un Porco) pe’ sa’ magnà
Lasciate me lo dire (buon appetito) una buona insalata fa bene alla salute, alla dieta e non fa ingrassare

giovedì 20 dicembre 2007

'O Pezzajuole

pizza- pizzaiolo, pizzeria

 O Pezzajuole,( Pizzaiolo)
Antichissimo mestiere, consistente nel saper preparare e cuocere 'e pizze.
'A Pizza non è altro, che un pezzo di pasta morbida ed elastica, ottenuto da farina impastata con un buon pizzico di sale e con lievito disciolto in acqua tiepida e lasciato a crescere per circa due ore per ottenerne poi dei panetti tondi, da utilizzare al momento della preparazione e dell’immediata cottura nel forno a legna.
 La preparazione d' 'a pizza sta nel fatto, che occorre allargare e distendere il panetto morbido con le palme delle mani e mettendoci sopra generalmente polpa spezzettata e sgocciolata di pomodoro, fette di mozzarella o un pizzico di parmigiano, condendo con olio e sale ed infornare il tutto i con una apposita pala n un formo a legna, infuocato a circa 300 gradi .
‘O Pezzajuole attualmente oltre ad essere il produttore di pizze e divenuto anche il gestore del locale, dove si è solito consumare questa ormai celeberrima focaccia conosciuta in tutto il mondo.
Una volta ‘o Pezzajuole era ambulante scendeva e risaliva i vicoli portando sulla testa un contenitore di stagno a forma rotonda, nel quale fumavano pizze all’aglio origano e pomidoro, alla mozzarella, alle alice salate appena sfornate.
Il suo incitamento a comprare e mangiare 'a pizza era :
Uhe, ca je me cocio! Comme so’ vullente, favorite”
“Tenghe ‘a lava e ll’uoglie “
“Nu sorde mange ‘a mamma e  ‘a figlia.”
'O Pezzajuole, quando inventò ‘a pizza, incontrò molto successo, perché riuscì con una modica spesa a placare la fame delle genti più povere.
Vari aneddoti e variazione di gusto si sono tramandate nel corso degli anni da quando fu prodotta la prima volta.
’O Pezzajuolo si è dovuto adattare alle varie tendenze per rendere questa pietanza famosa, anche se inizialmente consumata solo a Napoli, poi in tutta Italia ed infine in tutto il mondo, ora la pizza è stata definita patrimonio universale.
Ogni anno a Napoli si svolge l’Olimpiade dei Pizzaioli nel mese di ottobre, dove partecipano pizzaioli di tutto il mondo per contendersi l’alloro del migliore Pizzajolo.
Esiste da pochi anni anche il marchio “La vera Pizza Napoletana”, che se ne possono fregiare solo quelle pizzerie organizzate nell’associazione “Pizza Press“, organo ufficiale dell’Associazione dei Pizzaioli Europei.
Tra gli aneddoti più interessanti è da ricordare c’è quello d' 'a pezzajola de' Quartieri spagnoli, che inventò lo slogan ."Cca se magne e nun se pava" ( In realtà la prima pizza era piccola e gratis e si iniziava a pagare dalla seconda in poi, che era normale), una specie di prova d’assaggio.
Per i più poveri fu inventato 'a pizza “ Ogge a Otto” ossia la pizza che si mangiava subito, mentre il pagamento avveniva a distanza di una settimana, con comodo.
‘O Pezzajuolo , rimasto famoso fu Brandi a Chiaja , che nel rendere omaggio alla Regina Margherita, , (1851-1926) in visita a Napoli, inventò la pizza con i colori della nostra bandiera, Il rosso con il pomodoro, il bianco con la mozzarella ed il verde con foglie di basilico e da quel momento quel tipo di pizza fu chiamata Margherita. la regina delle pizze e la più consumata .
Un’altra variazione spopolò negli anni del dopohuerra, anche se non divenne mai famosa," ‘a pizza cu ‘o segreto" inventata da Alfonso Ottolino, figlio del Monzù Vincenzo Ottolino, che lavorava come cuoco nel ristorante D’Angelo, che a sorpresa sul cerchio rotondo, (la forma della pizza), metteva ogni ben di Dio a sorpresa.
Negli anni Sessanta nacque una nuova specialità “‘a Pizza a Metro” inventata da Gigino ‘o Zezzuse a Vico Equense, che consisteva nel servire la pizza non su un piatto rotondo, ma in una teglia rettangolare lunga, un metro, mezzo metro e larga venti centimetri.
Esiste infine una pizza speciale, quella degli snob, nota, come "'a pizza alle quattro stagioni o ai quattro formaggi, che si suole degustare al posto della solita pizza margherita.
La prima e la più classica pizza napoletana resta e rimane però, sempre quella alla Marinara, quella mangiata fin dal lontano Seicento, senza pomidoro, ne altri ammennicoli, se non con l’impasto di pasta morbida con aggiunta di olive nere di Gaeta snocciolate, acciughe lavate e ridotte a filetti, capperi dissalati, olio d’oliva.ed una spruzzata di origano.( Arechete).
A via dei Tribunali nei pressi della Chiesa de’ Cape ‘e morte negli anni sessanta esisteva 'nu pezzajuole, (Don Antonie ‘o Purgatorie) che aveva inventato un premio settimanale, (guadagnava un giornata di pizze gratis ), chi in una sola volta riusciva a mangiare più pizze,.
Si facevano le graduatorie giornaliere, specie fra gli studenti del vicino Istituto Tecnico A.Diaz, e si racconta che uno studente vuoi per la fame , vuoi per la scommessa riuscì a mangiarsene sette ( un record).
'A pizza rappresenta insieme al Mandolino ed agli spaghetti ed una buona tazza di caffè uno dei principali simboli di Napoli,.
Durante una pausa dei lavori del G 7 tenutosi nel 1991 a Napoli il presidente Americano Bill Clinton si fece condurre in via Tribunali per addentare una pizza piegata a libretto, col corpo inclinato in avanti per evitare lo sgocciolio dell’olio sulla cravatta, come il più esperto mangiatore di pizza napoletana.
Un capitolo a parte occorre per parlare della pizza piegata a metà a forma di mezza luna, il cosiddetto

Pizza fritta detta 'O Cazone

Cazone
( noto come la pizza ripiena di ricotta e mozzarella e basilico, guarnita con fettine di pomidoro ).
Fin qui abbiamo descritto le qualità nutritive e la stravaganza di come si può preparare la pizza al forno e le continue variazione, avutesi nel tempo, a questo punto ci corre l’obbligo di parlare dell’altra specialità di pizza napoletana, (se non famosa, ma lo stesso capace di placare e calmare i morsi della fame del popolo napoletano),
 ‘a Pizza Fritta buona e forse più saporita e gustosa di quella al forno, che differisce da quest’ultima, perché viene cotta in una pentola abbondante di olio bollente, finché non diventa ben colorita e crocconte. Le specialiste della Pizza fritta erano due sorelle, “‘E Figliole”, titolari della pizzeria situata in una traversa nei pressi di Castel Capuano
‘O Pezzjuole Napulitane oltre alla pizza prepara e ne fa bella mostra nel suo banchetto di vetro ben riscaldato elettricamente appostato all’entrata del suo locale , che ne è pieno di ”‘e Panzarotte, ‘e ciurille,‘e Pasta crisciute e Scagliuozze..
'E Panzarotte
, Crocchetta di patate composta da una amalgama di patate lessate e sbucciate, passata prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto, nel pangrattato e fritta in abbondante olio bollente, finche non indora ed dopo aver fatto assciugare su una carta assorbente l’olio superfluo di cottura, si aggiunge sale e pepe
‘E Ciurille
Frittelle di fiori di zucchine fioriti, cotte in olio bollente. Frittelle, che prima della cottura, sono immerse nella pastella ( impasto liquido di acqua e farina) e condite poi con sale e pepe.
'E Pasta crisciute , (Pasta cresciuta) Frittella ,composta di farina lievitata in acqua tiepida per circa un’ora e, quando l’impasto è abbastanza molle, a cucchiate viene gettata in una teglia, dove bolle olio in abbondanza, che la farà gonfiare e dorare dopo per aver tolto l’untuosità della cottura è condita con sale e pepe.
Scagliuozze. o Scagnuozzele Piccolo pezzo romboidale di pasta di formentone (la polenta) fritto in padella, colma d’olio bollente, finché non sarà formata una crosticina dorata .
Sollevato il bastoncino dalla teglia e posato su carta assorbente per togliere l’untuosità si condisce a freddo con sale e pepe
Attualmente ‘o pizzajuole è diventato un‘arte con varie specialità,
quella dell’impastatore, che prepara i panetti da tenere in panchette sovrapposte,
quella del preparatore della pizza da infornare (‘il vero e proprio pizzajuolo) ed
 quella del fornaretto, che deve saper infornare la pizza e deve saper infuocare il forno al giusto grado, e saperne tenere costantemente vivo il fuoco, sia con pezzi di legna, che con i trucioli per avvampare la pizza senza farla bruciare, girandola spesso con la pala di alluminio e tirarla fuori appena cotta.
In uno degli ultimi festival della canzone napoletana fu proposta una canzone, che è diventò l’inno di ogni Pizzajuolo e che si ascolta con piacere tuttora in tutte le Pizzerie napoletane.
La canzone“ Ma tu vulive ‘a Pizza” fu cantata dal Aurelio Fierro e da Giorgio Gaber e fu scritta dal poeta Giuseppe Carullo, noto autore ed editore della rivista Ribalta e del giornale satirico “ 6 e 22 “.